Cerca
Home > Cronaca > Antigone: “Pessime condizioni nel carcere di Rimini” ma lavori in arrivo

Antigone: “Pessime condizioni nel carcere di Rimini” ma lavori in arrivo

Con il mese di dicembre si è conclusa l’attività di monitoraggio delle condizioni di detenzione condotta dall’Associazione Antigone Emilia Romagna con riferimento al 2022.

Le visite effettuate dall’Associazione nel corso dell’anno appena terminato hanno riguardato la totalità delle carceri per adulti presenti in regione ovvero le case circondariali di Bologna, Ferrara, Modena, Piacenza, Reggio Emilia, Forlì, Ravenna e Rimini, la casa di reclusione di Parma e la casa di lavoro di Castelfranco Emilia oltre che l’Istituto penale per i minorenni di Bologna.

Questa la situazione trovata in Romagna.

Rimini

“Il 16 novembre siamo stati in visita alla Casa Circondariale di Rimini, un carcere di dimensioni medio-piccole (132 presenze, di cui circa 70 definitivi, seguiti da una sola educatrice), con una decisa vocazione trattamentale, resa possibile anche grazie ad un sempre più consistente coinvolgimento delle realtà territoriali e di volontariato.
A livello strutturale, anche quest’anno abbiamo riscontrato le pessime condizioni della sezione 1, nella quale sono ristretti detenuti definitivi e prevalentemente di origine straniera, anche se finalmente il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha messo a disposizione i fondi necessari al rinnovamento dei locali e alla ristrutturazione della ex sezione 6, individuata come nuovo polo per le formazioni. I restanti spazi, sia detentivi che destinati alle attività comuni, si presentano in condizioni decorose. Oltre alle sezioni ordinarie, è presente un reparto a custodia attenuata per 12 detenuti tossicodipendenti. Significativa l’incidenza della tossicodipendenza (circa 70 detenuti)”.

Ravenna

“La Casa Circondariale di Ravenna, visitata a novembre, è un piccolo istituto maschile, con 79 detenuti presenti su una capienza tollerabile di 85 posti. Il carcere presenta delle criticità a livello strutturale, legate alla ristrettezza degli spazi: le celle sono piccole e buie e i locali per le attività sono ritenuti insufficienti per lo svolgimento di tutto ciò che prevede la ricca offerta trattamentale dell’istituto; inoltre è presente un ballatoio al secondo piano, in cui la mobilità risulta decisamente limitata.
A fronte di un alto numero di persone con condanna definitiva (50 su 79), è presente una sola funzionaria giuridico-pedagogica, anche se i due operatori ex art. 80 garantiscono un apporto significativo in termini di gestione e copertura oraria. Incrementato di quattro ispettori il personale di polizia penitenziaria.
Anche a Ravenna si segnala un grave sottorganico di medici e di infermieri: manca un referente Ausl del comparto e vi sono da dicembre solamente tre medici su cinque; le infermiere presenti a tempo pieno sono solo due”.

Forlì

“Il carcere di Forlì, visitato a novembre, ospita 162 detenuti (su 180 posti), di cui 122 definitivi. Oltre alle sezioni comuni, ci sono una piccola e ben funzionante sezione femminile (20 posti), la sezione Oasi (protetti) e la sezione Orizzonti (dimittendi e autorizzati al lavoro esterno). L’istituto è collocato all’interno di una rocca medievale: la struttura è quindi vetusta e gli ambienti detentivi inadeguati. Gli spazi esterni appaiono davvero sacrificati.
Nonostante i limiti strutturali, l’offerta trattamentale è consistente, con una partecipazione significativa di realtà produttive e associative del territorio.
Si registrano livelli crescenti di conflittualità attribuiti ai trasferimenti in ingresso di detenuti problematici (diagnosi psichiatriche e disturbi comportamentali). Uno stato di grave crisi è riferito al pesante sotto-organico di medici, anche in considerazione del fatto che Forlì è l’unico istituto romagnolo dotato di un centro clinico strutturato, con copertura medica h24.
Problematiche anche le carenze di organico della polizia penitenziaria, aggravate da tassi di malattia molto elevati degli agenti.
Inoltre si registra la mancata attivazione, per la prima volta, dei corsi di scuola media e superiore”.

In riferimento alle carceri per adulti, Antigone rileva che l’Emilia Romagna si conferma essere una delle regioni, quantomeno del nord Italia, con il più alto tasso di presenze: al 31 dicembre 2022 erano 3407 i detenuti presenti in regione; tra questi 153 donne distribuite nelle 5 sezioni femminili presenti a Bologna, Modena, Piacenza, Reggio Emilia e Forlì e 1660 stranieri.

In merito alla posizione giuridica ben 2561 detenuti erano condannati in via definitiva. “Le carceri della regione, spesso con elevati livelli di sovraffollamento – rileva l’associazione – presentano diversi profili di criticità dovuti anche ai diversi circuiti presenti all’interno dei singoli istituti, che comportano evidenti conseguenze anche dal punto di vista dell’accesso alle offerte trattamentali se si considera, peraltro, l’alto numero di persone condannate in via definitiva (2561) in rapporto al numero di funzionari giuridico-pedagogici, spesso in sotto organico. E’ il caso, ad esempio, di Modena che a fronte di 229 definitivi al momento della nostra visita aveva a disposizione unicamente 3 educatori, di Reggio Emilia (269 definitivi a dicembre ‘22), dove vi sono stati periodi durante i quali era presente un solo educatore, di Bologna, dove la storica insufficienza di funzionari giuridico – pedagogici è stata colmata solo a settembre, pur a fronte dell’alto numero di condannati in via definitiva (496 su 738 al momento del nostro ingresso), di Ravenna, con 50 definitivi e una sola operatrice”.

Le maggiori problematiche si riscontrano all’interno delle sezioni di media sicurezza ove, peraltro, è ristretta la maggior parte della popolazione detenuta. “È all’interno di queste che si rilevano spesso condizioni strutturali peggiori, soprattutto all’interno delle celle che appaiono in molti degli istituti visitati caratterizzati da mobilio vecchio, sprovviste di docce all’interno, prive di acqua calda. Si tratta di istituti piuttosto datati, le cui carenze strutturali non sembrano poter essere sanate con meri interventi di manutenzione”.

É il caso, ad esempio, “del carcere di Parma ove al momento della visita si registrava l’assenza di riscaldamento nelle sezioni di media sicurezza collocate all’interno del vecchio padiglione – lato B, del carcere di Reggio Emilia gravato da importanti problemi di infiltrazioni” o ancora, “del carcere di Rimini ove si confermano le cattive condizioni della sezione 1, occupata prevalentemente da detenuti condannati in via definitiva e perlopiù di origine straniera ma dove tuttavia dovrebbero iniziare dei lavori di rifacimento”.

Le visite del 2022 restituiscono inoltre un ulteriore elemento di complessità dovuto alla carenza di personale sanitario all’interno degli istituti. “Si tratta di una criticità piuttosto generalizzata: è il caso degli istituti di Bologna ove ci veniva riferita l’insufficienza di medici e infermieri, di Ravenna caratterizzato da un grave sotto organico di personale e privo di un referente Ausl e, ancora, del carcere di Forlì dove si rilevava la stessa situazione, aggravata dal fatto che questo è l’unico istituto romagnolo dotato di un centro clinico strutturato, con copertura medica h24”.

Il tema della carenza di personale sanitario è spesso emerso nel corso dell’attività di monitoraggio svolta nel corso del 2022 e rispetto al quale “appare necessario individuare soluzioni che permettano di garantire una adeguata copertura sanitaria ed un incremento in particolare del personale medico, considerato peraltro l’alto numero di persone attualmente recluse.”

Durante l’anno è stato visitato anche l’Istituto Penale per i Minorenni di Bologna che ha visto raddoppiata la sua capienza regolamentare (da 22 a 40) “senza che vi corrispondesse un parallelo adeguamento dell’organico, in particolar modo con riferimento al personale educativo, e tenuto conto dell’elevato tasso di presenze, anche a causa dell’invio di minori da altri territori, che ha determinato situazioni di vero e proprio sovraffollamento. Tali criticità hanno determinato serie difficoltà nella presa in carico dei detenuti e un conseguente generale aggravamento delle condizioni di sofferenza psichica”, conclude Antigone.

 

 

Ultimi Articoli

Scroll Up