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Ambiente, cinque domande da fare a tutti i partiti

La crisi del gas russo ha svolto nella campagna elettorale in corso una doppia funzione. Da una parte ha evidenziato drammatici ritardi nelle rinnovabili, dall’altra ha riportato in vita il carbone e il nucleare che sembravano ormai consegnati alla tecnologia del XX secolo.

Come uscire “a sinistra” da questa pericolosa contraddizione?
Mi è capitato di scrivere in altre occasioni che la rivoluzione ambientale non è un “pranzo di gala”, avrà effetti economici e sociali importanti nel senso che imporrà cambiamenti nei criteri di valutazione (ricco/povero, bello/brutto, ecc.) e modificherà gli equilibri attuali fra paesi e fra classi sociali. Ecco perché può essere utile in questi giorni mettere sul tavolo alcune questioni politiche, magari confrontandole con i programmi elettorali di destra e sinistra.

La prima: chi paga la transizione ecologica? Stando al Pnrr è evidente che una buona parte sarà pagata da debito pubblico europeo. Si impone, come effetto della doppia crisi pandemica e militare, un nuovo ciclo keynesiano basato su investimenti pubblici “a debito” che creeranno nuova occupazione e che dovranno essere ripagati attraverso il sistema fiscale. Che sia questo il principale movente della Destra italiana nel proporre l’iniqua e incostituzionale flat tax? La somma fra il debito europeo e il debito italiano farà soffrire le nuove generazioni, ecco perché il fisco progressivo (chi ha di più, paghi di più) sarà fondamentale nei prossimi vent’anni.

La seconda: nella transizione dovrà essere evidenziato il costo reale di ogni processo produttivo, come suggeriva Barry Commoner, padre dell’ecologia moderna, ricordando la diffusa attitudine a privatizzare i profitti e socializzare i costi. Dovrà guidarci l’articolo 41 della nostra Costituzione, laddove dice che l’attività economica è “…indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali.”

La terza riguarda la rappresentanza politica. Dobbiamo chiederci chi, di fronte alle istituzioni, “rappresenta” l’interesse dei cittadini per la tutela dei beni comuni ambientali. Le forme di rappresentanza attuali (categorie, ordini professionali, consorzi di imprese, ecc.) sono di tipo verticale, sono nate per rappresentare interessi settoriali, si affacciano alle istituzioni come portatrici di interesse dei loro associati. Tutto bene, finché non si scopre che esistono interessi generali non rappresentati o sotto rappresentati, come l’interesse ad avere aria pulita, acqua pubblica, zone demaniali libere da monopoli di fatto, centri urbani liberi da traffico e bancarelle. Magari si scoprirà che interesse generale e interesse settoriale in campo ambientale, talvolta coincidono. In Emilia Romagna la vicenda dell’Adriatico degli anni ottanta ci ha detto che albergatori, bagnini e ambientalisti possono lottare insieme per salvare il mare. Chi “rappresenta” nella sfera politica l’interesse generale? In parte e talvolta con fatica, lo facevano i partiti di massa, ma ora ?

La quarta: la transizione ci insegnerà la natura “organica” dei fenomeni fisici, in base alla quale se faccio un errore “qui”, qualcuno pagherà “là”. L’ambiente è un organismo vivente nel quale siamo immersi. Ciò che facciamo ad esempio in alta Valmarecchia, prima o poi, farà succedere qualcosa alla foce del fiume e nelle pianure alluvionali (inquinamento, erosione delle spiagge, ecc.). E’ facile a dirsi, ma la lettura organica del territorio richiede alte competenze, coraggio e innovazione politica.

La quinta: è evidente che la transizione ci sarà davvero se sarà anche un fatto sociale, se insomma riuscirà non solo a cambiare le abitudini, ma a far diventare il cambiamento delle abitudini un percorso di costruzione di socialità e lavoro. Le leggendarie “liti condominiali” dovranno cedere il passo a cittadini consapevoli nella gestione della vita quotidiana, dalle comunità energetiche all’auto gestione del welfare di base. Non sfugga il valore politico di questo tema: altro che “decrescita”, si tratta di “crescita” economica e sociale. I “nuovi” partiti di massa sono chiamati ad essere protagonisti di processi che trasformino gli individui atomizzati in comunità consapevoli. La transizione ecologica lo richiede e forse lo pretende.

Giuseppe Chicchi

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