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Alluvione in Romagna, danni fra i 7 e i 10 miliardi

L’alluvione, assieme a campi, case e fabbriche, ha spazzato via almeno un quinto del Pil dei comuni romagnoli finiti sott’acqua. La stima la fa Unioncamere, analizzando il valore aggiunto prodotto da 79 comuni (quelli inseriti nei decreti ministeriali del 23 e 25 maggio, esclusa Bologna) che si estendono su una superficie di 6.800 chilometri quadrati, (il 30% del totale regionale), sono abitati da un milione e 164.000 persone (corrispondente al 26% della popolazione dell’Emilia-Romagna). Un territorio che conta 130.000 imprese e 443.000 occupati, con un valore aggiunto che supera i 38 miliardi di euro, il 24% del Pil regionale, il 2,2% di quello nazionale.

Ebbene, “se le prime stime dei danni provocati dall’alluvione dovessero trovare conferme e attestarsi sopra i sette miliardi di euro ciò significherebbe un’incidenza sul valore aggiunto territoriale attorno al 20%”, quantifica Unionacamere, puntualizzando che la stima è probabilmente destinata a salire. Per il 2023 le previsioni formulate ad aprile ipotizzavano una crescita dello 0,7% che avrebbe portato a superare i 40 miliardi di euro. Se le prime stime dei danni dovessero trovare conferme, e quindi attestarsi tra una cifra tra i 7 e i 10 miliardi, ciò significherebbe un’incidenza sul valore aggiunto del territorio compresa tra il 18% e il 26%. “Allo stato attuale è azzardato avanzare ipotesi su quanto i danni si tradurranno in punti persi di valore aggiunto, quello che appare certo è che l’impatto sarà elevato e diffuso a tutti i settori economici”, scrive Unioncamere.

L’agricoltura vale il 3,2% del valore aggiunto territoriale, l’industria oltre il 27% a certificare un’area a forte vocazione manifatturiera con una spiccata specializzazionenell’agroalimentare. Ne è ulteriore testimonianza l’incidenza del valore aggiunto agricolo sul corrispondente dato nazionale, il 3,7%. I settori che contano più addetti sono quelli del commercio, dei servizi alle imprese, dell’agroalimentare e dell’alloggio-ristorazione. Il 40% dell’occupazione regionale dell’industria del legno e dei mobili in legno e quasi il 5% dei lavoratori italiani della meccanica operano in questo territorio. All’interno delle attività nicchia rientra la produzione di margarina, 675 addetti che valgono il 70% dell’occupazione nazionale. Attività di nicchia sono anche la lavorazione delle sementi per la semina, la produzione di olio da semi oleosi, la fabbricazione di coloranti e pigmenti.

Tra le attività driver spicca la produzione di carne di volatili (oltre 4.500 addetti, il 38% dell’occupazione italiana del comparto), a cui si aggiunge l’attività a monte della filiera, quella dell’allevamento del pollame. Altra filiera che rappresenta un driver del territorio è quella ortofrutticola, sia nella sua componente manifatturiera di trasformazione sia in quella di coltivazione. Le attività driver non appartengono al solo agroalimentare, attorno al tratto della via Emilia che attraversa l’area colpita si distribuiscono quasi 200 grandi imprese con oltre 50 milioni di fatturato, oltre 300 medie imprese che operano in stretto contatto con le tante piccole imprese del territorio.

Un tessuto produttivo diffuso che negli anni ha sviluppato eccellenze nel packaging, in attività manifatturiere rivolte all’high tech come la fibra ottica, ma anche attività tradizionali come la fabbricazione di divani o di serrature. Altra filiera driver del territorio è quella turistica. Qui opera oltre il 10% di chi si occupa della gestione di stabilimenti balneari in Italia, le presenze turistiche costituiscono il 4% del totale nazionale, quota che arriva al 9% se si allarga il campo di osservazione all’intera provincia di Rimini.

La Romagna è anche la ‘wellness valley’, primo distretto mondiale del benessere e della qualità della vita: gli addetti operanti nell’area alluvionata e riconducibili ad attività di questo settore sono quasi 11.000, oltre il 4% del totale nazionale. La filiera del wellness nell’ultimo decennio all’interno dei comuni considerati ha aumentato l’occupazione di circa il 20%, a fronte di un aumento degli altri settori attorno al 7%. Un terzo delle imprese del territorio sono artigiane, incidenza che a livello nazionale si ferma al 25%. Le cooperative danno lavoro al 20% degli occupati dell’area, contro il 13% regionale e il 7% dell’Italia.

(Agenzia DIRE)

(Nell’immagine in apertura: la campagna di Conselice 14 giorni dopo l’alluvione)

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