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La Legge di Riforma Costituzionale per cui andremo a votare il 4 Dicembre attiene anche al rapporto esistente fra Stato e Regioni.

Nella sostanza viene modificato l’articolo 117 della Costituzione con l’eliminazione di tutta la legislazione cd concorrente, cioè quelle materie nelle quali, secondo la vecchia versione, Stato e Regioni potevano legiferare in modo indipendente, essendo le materie in oggetto materia per entrambi.
Diceva infatti il vecchio articolo 117: “Nella materia di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”.

Questo naturalmente con tutti i raccordi possibili fra Stato e Regioni che con gli anni sono stati messi in essere, si veda ad esempio la Conferenza Stato Regioni in materia di materia sanitaria , cercando di non fare nascere conflitti inutili fra i diversi organismi istituzionali.

Ciononostante, nel corso degli anni (ricordiamo che la precedente riforma costituzionale del 2001 era proprio quella che attribuiva più potere agli organismi regionali) si è accumulata una massa importante di contenziosi fra Stato e le 21 Regioni, con un enorme lavoro per la Corte Costituzionale , che i contenziosi deve poi dirimere.

L’attuale Legge di Riforma Costituzionale come si diceva abroga definitivamente dall’articolo 117 la Legislazione concorrente, attribuendo allo Stato le “Disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per le politiche sociali e per la sicurezza alimentare” e alle Regioni “ la potestà legislativa “di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali”.

Viene però introdotta la clausola che “su proposta del Governo, la Legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”: è  conosciuta come clausola di supremazia o clausola di unità nazionale.

Ma anche, “E’ fatta salva la facoltà dello Stato di delegare alle Regioni l’esercizio di tale potestà (legislativa) nelle materie di competenza legislativa esclusiva”: è la cosiddetta clausola di premialità per le Regioni, che stimola a fare meglio le Regioni meno virtuose e a premiare quelle virtuose.

Come si vede, a mio giudizio personale, un quadro normativo più chiaro rispetto al precedente.

Ma il giudizio, se si basasse solo su questi ragionamenti, parrebbe estremamente teorico. E anche se la teoria contiene le traccie della verità  – in uno Stato con 21 Regioni occorre che lo Stato dia il quadro generale, crei i raccordi fra le diverse Regioni e prevalga in caso di evidente conflitto – , occorre analizzare la realtà concreta e i fatti che si sono accumulati dal 2001 ad oggi, con la Legislazione concorrente in vigore.

Due documenti fra i più significativi sono stati i dati elaborati dal Ministero della Sanità sulla base di un documento dell’OCSE del 2015.

LA QUALITA’ DELLA SANITA’ IN ITALIA SECONDO L’OCSE

Nel Rapporto OCSE vi sono dei giudizi positivi sul Servizio Sanitario Italiano: l’aspettativa di vita è la 5° più alta dei Paesi dell’OCSE stessa, 82.3 anni; gli indici di ricovero per asma e patologie polmonari croniche e diabete sono fra i più bassi, indicando una buona qualità di assistenza primaria, cioè dei medici di famiglia. Anche i tassi di mortalità per Ictus e Infarto sono anche essi fra i più bassi, indicando una buona qualità dell’assistenza ospedaliera. Inoltre la spesa assistenziale pro-capite è di 3.027 dollari, contro i 4.593 dell’Austria, i 4.121 della Francia e i 4.605 della Germania, quindi una assistenza di qualità fornita a un prezzo contenuto.

Ma ci  sono anche criticità.
Quali i principali difetti ?

1 – le differenze regionali in termini di assistenza rimangono significative: l’angioplastica coronarica per i pazienti a 48 ore dall’infarto varia dal 15% in Marche , Molise e Basilicata al 50% in Valle d’Aosta e Liguria; la mortalità per infarto a 30 giorni varia dal 5% al 18%, con media nazionale del 10%; e così via per le molteplici patologie.

2 – secondo l’OCSE la Riforma Costituzionale del 2001 ha contribuito a creare 21 Sistemi Sanitari Regionali con differenze notevoli per quanto riguarda sia l’assistenza che gli esiti, cioè i risultati della diagnosi e della cura.

3 – Vi è un numero troppo elevato di pazienti che si sposta da regione a regione per ricevere assistenza sanitaria, con un import verso le regioni del centro-nord.

4 – i sistemi di pagamento non sempre premiano i miglioramenti assistenziali.

5 – le iniziative nazionali per il miglioramento della qualità assistenziale non vengono applicate in maniera omogenea a livello regionale.

Perciò l’Ocse raccomanda di rafforzare la governance della qualità nell’assistenza sanitaria, assicurando una applicazione più omogenea a livello regionale delle iniziative nazionali per la qualità, e in particolar modo riguardo a accreditamento e requisiti minimi.

Tradotto: garantire a tutti gli utenti sul territorio nazionale uno standard assistenziale di qualità adeguato, facendo in modo che anche i cittadini sappiano la qualità dei servizi ai quali accedono.

ALCUNE OSSERVAZIONI SULLE RAGIONI DEL NO

Sempre per quanto si riferisce alla Sanità, il NO al referendum sostiene principalmente due tesi.
La prima è quella dei Governatori delle Regioni Lombardia, Veneto e Liguria (Maroni, Zaia, Totti): una minore autonomia delle Regioni in materia sanitaria, potrebbe danneggiare i servizi sanitari dello loro regioni diminuendo le loro performance.

Non mi pare un’osservazione pertinente. Non vedo questo rischio per le Regioni meglio organizzate (fra le quali metterei anche Emilia-Romagna, Toscana), in quanto per tali enti non diminuirebbe la quota di finanziamento e quindi la capacità organizzativa, né la capacità di attrazione dei pazienti.
Anzi riterrei che le modifiche siano un loro rafforzamento, in quanto uno standard assistenziale più uniforme sul territorio nazionale sarebbe di vantaggio anche per le regioni virtuose, che non spenderebbero soldi in duplicazioni inutili di organismi di controllo e verifica, ma concorrerebbero con le altre Regioni alla loro implementazioni.
D’altra parte basta girare le Regioni, da chiunque siano governate, per osservare il dipanarsi di sterminati corridoi e stanze, pieni di burocrati spesso inutili e costosi, a eseguire funzioni ripetitive regione per regione. Funzioni spesso inutili e foriere di perdita di tempo per la sanità vera e propria.
Ecc perché un sistema più duttile e meno ripetitivo sembrerebbe molto più vantaggioso.

La seconda osservazione è stata fatta in una recente intervista dell’ex Ministro Renato Balduzzi, attuale membro laico del Csm, che si dice dubbioso per il possibile maggior contenzioso che potrebbe nascere fra Stato e Regioni, con la nuova formulazione dell’art.117.

Un’intervista difficile da decifrare, come tutte quelle di alcuni esperti di diritto; non saprei dire nemmeno se orientata al SÌ o al NO.
Sostiene comunque Balduzzi che la legislazione concorrente è insita nella realtà delle cose. La sanità non può essere che di per sé oggetto di difficoltà interpretative per la sua complessità.
Quindi, presumo, per tale motivo meglio la legislazione concorrente o una legislazione cuscinetto, come suggerisce, fra le Leggi dello Stato e le Leggi Regionali.

A me pare un ragionamento poco lineare e molto complicato: a legge si aggiunge legge, in un delirio per gli stessi legulei.

Meglio una separazione degli ambiti come disegnato nel nuovo articolo 117. E un principio di unità del Paese per quanto si riferisce agli interessi generali.
Distinzione dei ruoli, collaborazione istituzionale sempre, valorizzazione delle Regioni virtuose, stimolo a quelle meno virtuose. Ma alla fine se ci sono dubbi riguardo l’interesse generale, prevale l’azione dello Stato.

I dati dell’OCSE d’altronde fanno giustizia di qualsiasi ragionamento: 21 servizi sanitari nazionali come gli attuali non solo costano inutilmente, ma soprattutto non sono corretti per i cittadini e peggiorano la qualità assistenziale.
L’esempio dei farmaci oncologici innovativi, citato anche da Matteo Renzi, che sono a disposizione solo  a macchia di leopardo nelle diverse regioni, non è che uno dei tanti.

CONCLUDENDO

Anche per quanto riguarda la sanità, la Legge di Riforma Costituzionale introduce dei rinnovamenti significativi e adeguati alle nuove esigenze.
La nostra Costituzione, definita da qualcuno la più bella del Mondo, rimane intatta e bellissima nella Parte  Prima, quella dei principi della democrazia, su cui è sorta la Repubblica dopo il periodo buio del Fascismo.

La parte seconda, quella organizzativa, se fu bellissima pure lei – ma non parrebbe, dato che la discussione su come modificarla vanno avanti da decenni e alcune sono anche già state fatte – dopo 70 anni mostra parecchie rughe. Che occorra rendere il sistema Paese più duttile, più semplice e più governabile, senza nulla togliere alla democraticità del sistema e al rapporto di equilibrate garanzie per la conduzione del Paese Italia, non lo mette in dubbio nessuno, neppure chi si schiera per il NO:

Chi volesse aderire a l – Comitato per il SÌ al Referendum per la Sanità – puo’ mandare la sua adesione a alberto.ravaioli@icloud.com.

Alberto Ravaioli

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