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Alberto Cappiello, dal “Lettimi” a Sanremo

Bisogna avere orecchio. Per un musicista è importante andare a tempo con gli altri componenti dell’orchestra, altrimenti si rischia di stonare. Per imparare a non stonare (o perlomeno a non farlo tanto spesso), nella vita come nella musica bisogna capire dai propri errori ma soprattutto studiare tanto e applicarsi fino allo sfinimento.

Se si vuole eccellere in qualsiasi campo, bisogna essere umile e lavorare sodo. E’ stato così anche per Alberto Cappiello (classe 1969), noto concertista di Rimini. Cappiello, che suona il corno francese, ha mosso i suoi primi passi all’Istituto musicale G. Lettimi di Rimini ed è riuscito, grazie anche a tanti anni di continuo perfezionamento in prestigiose accademie e orchestre in giro per l’Italia e del mondo, ad arrivare a suonare nell‘orchestra del Festival di Sanremo.

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Chi è il Maestro Alberto Cappiello?

«Non amo molto essere chiamato Maestro, perché i Maestri sono coloro che hanno contribuito alla mia formazione umana e musicale. Io sono una persona semplice e molto sensibile negli affetti. Purtroppo questo è un lato che non viene spesso capito di me e ciò mi dispiace».

Ha sempre voluto fare il musicista?

«Come tutti i ragazzini pensavo a giocare e divertirmi. Ho voluto intraprendere questa sfida più per passione che per altro ed è andata molto bene».

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Per diventare un bravo musicista, bisogna imparare dai grandi maestri?

«Eh guarda, si dovrebbe. Io l’ho fatto. Adesso, però, in Italia c’è un’inversione di tendenza. Predomina la politica a 360 gradi. I ragazzi preferiscono studiare da chi ‘forse’ un giorno troverà loro un posto di lavoro, ma non capiscono che, anche se dovesse succedere, avranno una specie di catena attaccata ai piedi’, e per questo saranno debitori per tutta la vita. Io non sono debitore verso nessuno, pur riconoscendo l’eccelso valore dei miei Docenti, è chiaro. I ragazzi non capiscono che bisogna cercare i bravi Maestri».

Lei suona il corno francese?

«Sì, suono il corno francese e ovviamente il genere è quello classico e cameristico. Ma posso adattarmi ad altri generi».

Cosa ci può dire della sua esperienza a Sanremo?

«Ho partecipato a due edizioni: quella del 2010 e del 2013. E’ stata una bella emozione, però non è tutto oro quello che luccica».

In che senso?

«Tante prevaricazioni e ingiustizie, ma anche tanta visibilità. A Sanremo, tornerei solo a certe condizioni. Erano comunque già altri tempi, nel senso che si viveva il boom di programmi come Amici e del talento ‘chissenefrega’. Alcune figure importanti, però, come Cutugno, la Consoli e Renga avevano il loro peso. L’edizione di quest’anno è stata poco credibile, secondo me. Non mi spiegherò mai perché, in Italia, con la musica siamo scesi così in basso. Tutta colpa di una politica scellerata, è chiaro. Ma adesso siamo a un punto di non ritorno. Mi spiace dirlo, ma è così».

In quale orchestre suona?

«Adesso faccio solo il concertista. Collaboro con diverse orchestre, tra cui la Nuova Orchestra da Camera di Rimini. Preferisco essere un freelance, almeno per ora».

Sogni nel cassetto?

«Diversi. Alcuni si sono già avverati, ad altri invece ci sto ancora lavorando».

Nicola Luccarelli

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