Il coronavirus si è portato via anche lui, Vito John Di Bella, per tutti Vic. La storia della sua vita è di quelle che finirebbero in una piccola silloge di racconti sui personaggi e i volti di Rimini. Tra le cartoline di una movìda dalle mille metamorfosi, quella di Vic sta al centro degli anni ’90 e palpita ancora nel cuore di molti.
La pandemia che sta affliggendo mezzo mondo ha chiuso quella storia negli States, a New York, dove da tempo viveva da solo. Lui che nella Grande Mela ci era nato, figlio di padre napoletano e di madre di origini italo-americane. Era il 1949, e da qualche anno la coppia era ritornata dall’Italia. La madre era arrivata in Sicilia al seguito delle truppe alleate appena sbarcate, come interprete, e sull’isola aveva conosciuto il suo futuro marito. Insieme, dopo la fine del conflitto, si erano trasferiti a New York, nella città di origine di lei.
Qui Vic diventa un barman molto apprezzato nei locali, si appassiona di jazz e lirica, di cui non solo era un cultore ma anche interprete sopraffino, da strumentista come da cantante. Ma i Di Bella sono tanti, sono di origine napoletana, e alcuni loro parenti si erano stabiliti a Rimini. Tanto che nel 1990, a 41 anni, Vic sbarca in Riviera. E assieme a Stefano “Tete” Venturini lancia il Bounty. Il locale che squaderna tutto, che reinventa la notte. Il pub della pizza e pastasciutta e il ristorante con la birra come non la trovi da nessuna parte. L’ex discoteca a forma di nave che finisce nella lista dei 50 migliori locali del mondo.
Dalla Grande Mela, Vic arriva entusiasta e porta con sé tutto il suo repertorio di cocktail “all’americana”. Nomi che sui menù di oggi te li ritrovi dappertutto, ma che al tempo per i più erano appunto solo nomi, orecchiati in un film o in una song, quando mai dalle parti di piazza Tripoli qualcuno li aveva assaggiati davvero. Vic arriva per “dare una mano” agli amici e poi non se ne va più.
Ricorda Luigi Sorci, uno dei parenti riminesi di John Di Bella: “Al Bounty i primi tempi capitava che Edward Orrizzi, storico pilastro statunitense del baseball riminese, la stella dei Pirati, si presentava sgasando con la sua motocicletta, quasi entrando nel locale. E urlava “A Long Island ice Tea Vic! Poco fa proprio lui mi ha telefonato per dirmi che purtroppo non ce li servirà più, quei drink”.
Stregato da una Rimini chiassosa e sempre sveglia, Vic decide di piantare le tende proprio qui. “Era l’ultimo maschio della famiglia Di Bella – racconta ancora Sorci – qualche anno fa avevamo aperto in Piazzetta San Martino il ristorante “Dal Corto”. Proprio nel cuore di Rimini, dove adesso i locali si pigiano l’uno all’altro, ma che allora era poco più di un buco per parcheggiare in centro. I locali stavano al mare, chi mai poteva arrivare fin lì per passare una serata e magari ascoltare e fare musica di quella buona. “Poi venne la crisi economica del 2007, ma non solo. Insomma le circostanze hanno fatto in modo che le cose non andassero più per il verso giusto e abbiamo chiuso”.
Sei anni fa Vic decide di tornare a New York e dopo la morte della madre vi ha vissuto sempre da solo. “Non ha mai voluto sposarsi”, ricorda ancora Sorci.
E non manca il ricordo degli ultimi giorni, che come anche le cronache italiane insegnano, scorrono via quasi sempre in isolamento. “Una nostra parente ogni giorno ci riportava il suo bollettino. Vic aveva contratto il coronavirus da tempo, ma lo hanno ricoverato solo 10 giorni fa. È stato intubato e poi purtroppo non ce l’ha fatta, il suo corpo ha collassato”.
I familiari riminesi però, si stanno già organizzando per riportarlo nella “sua “Rimini. “L’ospedale ci ha fatto sapere che il suo corpo sarà cremato. Ci faranno sapere come avere l’urna cineraria. Quando l’emergenza sarà finita faremo il possibile per organizzare qui il suo funerale”.
Enea Conti