Canoni spiaggie troppo bassi ed ingiusti
Chiamamicitta.it ha pubblicato i canoni rivalutati che i concessionari di spiaggia debbono pagare per il 2023. Sulle nostre spiagge, caso unico, insistono tre operatori privati: la concessione del chiosco-bar- ristorante, la concessione del bagnino e l’autorizzazione per svolgere l’attività di mosconaio. Fuori dalla provincia di Rimini la concessione è unica e comprende tutte le attività sull’arenile. Più semplice in questo modo anche investire e fare economie di scala.
Ma questa è la storia delle nostre spiagge, anche se in futuro sarà inevitabile arrivare ad accorpamenti funzionali come prevede il piano spiaggia. L’elenco dei concessionari con i relativi canoni non cambia nulla rispetto al passato.
La novità principale, in vigore da qualche anno, è che il canone minimo è arrivato a 3.770 euro. La seconda novità è che questa decisione aggrava le diseguaglianze sulla spiaggia. Alla fine un gestore di un bar-ristorante paga la stessa cifra di un mosconaio con incassi che sono lontani anni luce.
Complessivamente lo Stato concede in concessione le spiagge di Rimini, pari a oltre 1,6 milioni di mq (160 ettari), per una cifra complessiva di poco superiore a 3 milioni di euro. Meno di 2 euro al mq. Questo è il dato. I concessionari si lamentano dell’aumento dei canoni sostenendo che hanno anche altre spese: dal servizio di salvamento alla tassa raccolta rifiuti. A parte il servizio di salvamento, che peraltro non pagano i concessionari dei bar-ristoranti ma solo i bagnini, anche le attività commerciali in zona turistica fuori dalla spiaggia pagano la raccolta rifiuti. Non solo, in molti casi pagano anche l’occupazione suolo pubblico e ovviamente l’affitto al proprietario dell’immobile. I dati mettono in risalto che non è più rinviabile una riforma vera del settore che preveda:
- Recepimento reale delle norme sulla concorrenza italiane ed europee superando privilegi feudali che non hanno nessuna ragione di esistere
- Dare certezze a chi vuole investire in un settore strategico per il turismo italiano
- Rimodulare i canoni in modo equo rispetto ai luoghi dove insistono le concessioni
Canoni demaniali 2, il triangolone. Un pessimo affare per il Comune
Era marzo del 2017 quando l’allora sindaco Andrea Gnassi annunciava con entusiasmo, il passaggio delle aree del Triangolone, in nome del federalismo demaniale, dallo Stato al Comune di Rimini. Il passaggio al Comune doveva servire per accelerare il progetto di riqualificazione di tutta l’area interessata, da Piazzale Fellini a porto. In realtà da allora non è successo nulla.
Non solo. Tutti i concessionari (13) eccetto tre hanno fatto ricorso relativi all’acquisto e classificazione dei beni e/o gli atti di concessione nel frattempo sottoscritti e i relativi giudizi sono attualmente pendenti davanti l’autorità giudiziaria civile e/o amministrativa.
Il Comune di Rimini ha rinnovato le concessioni esistenti per un altro anno, fino al 31 dicembre 2023. Due di queste concessioni non sono state rinnovate perché non hanno pagato il canone.
Ho sempre ritenuto un errore il passaggio della proprietà dallo Stato al Comune. La ragione della mia contrarietà è semplice. Lo Stato ha passato al Comune di Rimini la proprietà delle aree a condizione del pagamento complessivo per quelle aree di 573.860,00 euro a titolo di canoni che percepiva. Il Comune di Rimini incassa per le concessioni rinnovate 349.131,63 euro. A questa cifra mancano le due concessioni non rinnovate per un importo di circa 160 mila euro. Purtroppo oltre al problema dei contenziosi vi è anche un danno erariale per i contribuenti riminesi. Infatti, come riportato nella delibera approvata dalla giunta comunale il 29 dicembre 2022, sono stati richiesti gli accantonamenti al Fondo Crediti Dubbia Esigibilità per un ammontare complessivo di 761.751,31 euro.
In definitiva vi sono concessionari che non pagano il canone al Comune, ma comunque lo Stato incassa il dovuto trattenendo quota parte dai trasferimenti al Comune di Rimini. Un pessimo affare.
Nel contratto tra Comune di Rimini e agenzia del Demanio vi era anche una clausola di “dissolvenza” dell’accordo. Nel caso non si fosse realizzato nessun processo di riqualificazione entro tre anni dalla data del passaggio delle aree al Comune di Rimini, le concessioni sarebbero ritornate allo Stato. Di anni ne sono passati oltre 5. Forse è il caso di prendere in considerazione questa ipotesi. In questa situazione in quell’area non partirà nessun processo di riqualificazione (spero di sbagliarmi), ma in compenso aumenteranno i contenziosi con gli attuali concessionari.
Riccione, il centrodestra non ce la fa
La destra riccionese non ha ancora metabolizzato il lutto della sconfitta elettorale. Lo dimostra ogni giorno scrivendo sui social e lasciando trasparire tanto rancore. Dei veri e propri “rosiconi”. Il più recente in ordine di tempo è la festa della Befana. L’ex sindaco Renata Tosi posta una foto dell’Epifania 2022 con lei insieme ad altre travestite befane con il commento: “Quando la festa della Befana era condivisione, generosità e festa!!!”. Arriva a sostegno anche il commento di Stefano Caldari candidato a sindaco per il centrodestra nel 2022: “Renata prima ne prendiamo atto e meglio è per chi ha vissuto un’epoca di eventi inimitabile. Siamo ripiombati nella più totale improvvisazione e non ne verremo fuori finché non torneremo”.
Ebbene leggendo i commenti pubblici sugli eventi di Natale e Capodanno da parte delle categorie economiche e cittadini non pare vi siano state critiche, anzi. Ma soprattutto Caldari si dovrebbe ricordare che “l’epoca di eventi inimitabili” e non solo quella, è stata giudicata dagli elettori il 13 giugno 2022. Con un verdetto chiaro. La giunta Tosi ha perso al primo turno le elezioni in modo netto. Il resto è magone. Consiglierei ai malinconici dirigenti del centrodestra riccionese di utilizzare il bonus psicologo.
Nel Pd regna una buona dose di confusione
Mi ero promesso di non usare questa rubrica per parlare del Pd. Troppo complicatoper una “pillola”. Tuttavia non posso evitarlo questa settimana. Non entro nel merito dei candidati, lo farò in seguito. Ora mi soffermo sulla confusione nel metodo. E’ in campo l’idea di spostare le primarie verso la fine del mese di febbraio, il 26 per la precisione. In prima battuta si erano decise le primarie il 12 marzo 2023. Poi ci sono state voci critiche sui quattro mesi di discussione, troppi. Si doveva fare in tempi più stretti. Per questa ragione si è scelta la data del 19 febbraio. Ora si ritorna a discutere per spostarle al 26. Il motivo sono le elezioni regionali di Lombardia e Lazio che sono fissate per il 12 e 13 febbraio. Nel Pd ritengono che sia meglio fare passare qualche giorno in più prima delle primarie. Non commento. Queste date si sapevano anche qualche mese fa. Tanto valeva lasciare la data di marzo. Ma non è finita qui. Ora si discute anche delle modalità di voto. Solo nei gazebo e in presenza oppure anche il voto on line. Nessuna decisione ancora è presa. A Bologna alle primarie per il sindaco si votò sia nei gazebo che on line regolamentato. Si vedrà.
Mi auguro che il gruppo dirigente nazionale ed i candidati siano consapevoli della gravità della situazione del Pd e che tutta questa discussione non aiuta. Anzi rischiamo un clamoroso flop di partecipazione ai gazebo, in assenza di un dibattito vero nel merito di programma e alleanze sociali e politiche.