Quando ti metti scavare non sai mai cosa viene fuori. In Italia succede sempre e figurarsi se non succede a Rimini, con 2500 anni di storia stratificati nel suo sottosuolo. E capita di nuovo in piazzetta San Martino, dove le ruspe stanno svelando un’altra pagina inedita della città. Sollevando però nuovi interrogativi.
Appena sono iniziati i lavori per il nuovo arredo urbano della piazzetta, una decina di giorni fa, rimossi l’asfalto e il sottostante selciato in sassi di fiume, ecco spuntare un dedalo di muri, muretti e perfino strutture circolari. Poi anche ossa umane, forse di due scheletri. Eppure lì non avrebbe dovuto esserci gran che. Le mappe della città risalgono al massimo ai primi del ‘600 è già allora lo spazio della piazzetta sembrerebbe corrispondere a quello di adesso, libero dagli edifici. Ma allora a cosa appartengono i resti di costruzioni che stanno tornando alla luce? E di che epoca sono?
Gli archeologi sono al lavoro e non si sbilanciano. Bocche cucite alla Sovrintendenza di Ravenna: com’è giusto, nessuna comunicazione ufficiale prima di aver effettuato tutte le valutazioni. Intanto però lo scavo nel cuore di Rimini sta suscitando la curiosità di tutti i passanti e le ipotesi corrono a briglia sciolta.
Anche gli storici sono curiosi, ma non tanto sorpresi. Come fa notare Oreste Delucca, “la cartografia antica non può essere presa alla lettera. Fin quando non sono stati introdotti metodi topografici moderni, le mappe non avevano la precisione cui siamo abituati oggi”. Quindi? “Può anche darsi che la scomparsa chiesetta di San Martino ad carceres, quella che dà il nome alla piazzetta, non fosse esattamente dove abbiano sempre creduto”. Cioè all’angolo dove si trova oggi la paninoteca Circus, in precedenza occupato da una tipografia.
E in effetti osservando con attenzione la mappa più recente che fotografa la situazione della Rimini antica, appare una piazzetta San Martino diversa e più piccola rispetto a oggi. Si tratta del catasto napoleonico del 1811. La chiesa di San Martino, all’epoca sconsacrata da pochi anni e adibita, secondo le fonti, a granaio, vi appare nella particella numero 14. E la protuberanza di quella particella (in pianta appare a sinistra in alto) potrebbe appartenere al suo campanile.
Ipotesi che gli scavi stanno confermando. Da quanto trapela, i resti sono proprio quelli della chiesa di San Martino “alle carceri” che a Rimini esisteva già prima del Mille. Reperti archeologici che ora vanno studiati a fondo e poi preservati. Il che comporta, inevitabilmente, la sospensione del cronoprogramma di Hera: il posizionamento dei sotto servizi e l’arredo della piazzetta almeno nella parte archeologicamente più interessante per il momento non potranno essere realizzati. Era prevista anche una fontana “del rinoceronte”, citazione felliniana del film “E la nave va” da porre accanto al cinema Fulgor. Il progetto dovrà essere ora rivisto e forse anche la fontana cambierà collocazione.
In quel punto un tempo c’erano dei bagni pubblici e le fondameta dei “vespasiani” occupano ancora quella porzione della piazzetta, scendendo a una profondità tale da non lasciare grandi probabilità che lì emergano reperti antichi. Eppure proprio da questo lato della piazzetta, che dà su via Verdi, questa mattina sono stati ritrovati due scheletri, forse di un adulto e di un bambino. Sepolture povere, in una fossa comune, senza monili né oggetti che ne facilitino l’identificazione. Non un colpo di scena: anche durante i lavori al Fulgor, oltre a frammenti di mosaici che riportavano a una domus romana, fu ritrovata un’area sepolcrale, certo connessa proprio al vicino luogo sacro di San Martino.
Ciò che colpisce di più il passante lo si vede però dalla parte opposta: inserite nella fondazioni della chiesa si sono delle tracce murarie circolari, almeno tre, spuntate quasi al centro della piazzetta. Due sono allineate fra loro e appaiono come anelli di pietra pressoché integri. La terza sembra diversa, forse di epoca successiva e collegata a una sorta di canalizzazione (?) che taglia poi in diagonale delle murature parallele fra loro.
I primi due “pozzi” sono ossari, sepolture poste nella pavimentazione dell’antica chiesa. Sul terzo restano dubbio: ossario anche quello o un pozzo vero e proprio? Oppure una cisterna? Una fossa granaria? Una cloaca? E quando fu realizzato tutto questo? Sono le risposte che gli studiosi si stanno sforzando di trovare. E per prima cosa quei “pozzi” andranno svuotati per vedere se non custodiscono qualche indizio significativo.
Con almeno una speranza: quella di poter dare una data di nascita a San Martino ad carceres. La chiesetta è citata per la prima volta in un documento del X secolo. Ma è ignoto quando effettivamente sia stata fondata; non è improbabile che sia accaduto anche molto tempo prima. E cioè durante secoli di cui sappiamo pochissimo e sui quali gli scavi della piazzetta potrebbero portare nuova luce.
Stefano Cicchetti