Si fa spasmodica l’offerta ed anche la ricerca di “nomi” di cui si conosce un parziale vissuto che ci aggrada.
Quasi esclusivamente è la “nomination” che seduce l’elettore il quale, blandito dalla propaganda, concede fiducia alle promesse del venditore di sogni.
Forse uno dei motivi della crisi di rappresentanza dei politici sta proprio qui.
Uno vieppiù scarso elettorato immemore e dunque incapace a disilludersi cerca di identificarsi, plagiarsi anche, in personaggi che sono ormai solo immagini.
Io, un po’ alla Fantozzi, scrufolo nei programmi. Quelli mi interessano. Tutti.
Ho comunque delle convinzioni che, nel tempo, si sono confermate e radicate. Queste convinzioni o principi, se volete, mi portano a riflettere sui programmi dei votabili. Al di là della fiducia che gli si può concedere, controllandone magari la coerenza, e senza scordare le tante buone promesse disattese, questo ” giro” , dopo la mia prima diserzione al voto nell’ultimo referendum, una malsana voglia di astensionismo mi stava prendendo.
Ma, si sa, mettere la testa sotto la sabbia posiziona pericolosamente le proprie natiche.
Guardando bene c’è sempre quel vento che caratterizza quell’idea definibile “di sinistra; come altri venti definiscono la destra.
In queste idee mi riconosco. Alternative di sinistra. Non “alla sinistra”, non per forza se chi mi vuole rappresentare è coerente ai principi senza le troppe deroghe ammiccanti ai voti incerti.
Sono convinto che a ottobre il mio Paese mi riserverà una sterzata a destra, la più profonda da quando ci sono. Nessun merito per visioni future, tutt’affatto; semplicemente il vuoto riempito di marketing di una sinistra che non vede obbiettivi se non la sua conservazione numerica in attesa di una alternanza intesa come fisiologica al sistema.
Preferisco concorrere ad una distribuzione equa della ricchezza, del potere di decidere con la propria testa. Preferisco convincermi invece che fidarmi.
Paolo Benaglia
