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La Svizzera commemora Gino Pagliarani, grande riminese

“Quando Gino arrivò dal campo di concentramento, e la gente lo seppe in un attimo, fu tenuto chiuso dentro un albergo ancora diroccato, in piazza, per un intero giorno. Isaia, il padre, prima di consegnarlo alla città lo volle aggiornare su tutto: sui compagni fedeli o traditori, ardenti o ignavi, vivi o morti (…). L’indomani, in piazza, ci fu del trambusto: era Gino che usciva dall’albergo. Lo misi sulla canna della bicicletta e attraversando una selva di saluti con quell’oracolo fra le ginocchia andai verso il mare (…). Io non sapevo cosa volesse dire due ragazzi che piangono, senza guardarsi, in bicicletta, ciascuno pensando una cosa”.

Così Sergio Zavoli, in “Romanza” (Mondadori, 1987), descrive il rientro a Rimini di Gino dalla Germania il 17 agosto 1945. Aveva 24 anni: era nato il 23 gennaio 1922. Era stato catturato dalle SS tedesche alla fine di luglio 1943, dopo la caduta del regime fascista, nella Caserma di Padova, dove era arrivato da pochi giorni, dopo essere stato imprigionato e condannato, assieme a Guido Nozzoli, nel gennaio 1943 per la redazione e distribuzione di un volantino antifascista.

Come per altre centinaia di migliaia di soldati italiani in quelle ore di dissoluzione dello Stato italiano Gino dovette decidere: o con i tedeschi o finire nei campi di prigionia in Germania per militari italiani che avevano rifiutato di servire il vecchio alleato nazista. Gino rifiutò di servire i tedeschi e per due anni sarà incarcerato in un lager tedesco.

Su questa terribile esperienza scriverà poi, tanti anni dopo, un libro di memorie (“Amore senza vocabolario. Racconti del lager 1943-1945”, Guerini 1995). Da questo libro ho tratto il titolo della mia comunicazione al Convegno promosso dall’Istituto Gramsci e dall’Istituto Storico della Resistenza “Rimini-Lugano: il lungo viaggio di Gino” del 9 ottobre 2010 presso la Sala del Museo: “Vedere la comare secca da vicino: Gino fra il 1941 e il 1949”.

La “comare secca” è la morte: Gino racconta che “la fame non si racconta. Non c’è senso né verosomiglianza. Chi non l’ha mai incontrata non capirebbe. Corre meno distanza tra un vivo e un cadavere che tra un affamato cronico e chi si dimena nelle convulsioni della crapula”.

Prima di diventare un notissimo psicologo italiano, a partire dagli anni ’60, Gino nel primo dopoguerra si gettò a capofitto nella nuova vita politica riminese. Si iscrisse al Partito Comunista Italiano. Fu tra i protagonisti di quegli anni nella difficile opera di ricostruzione della città, nella costruzione di un futuro nuovo, insieme ad un gruppo di giovani e vivaci intellettuali della sinistra riminese (Renato Zangheri, Gianni Baldinini, Sergio Zavoli, Glauco Cosmi, Veniero Accreman, Demos Bonini, Guido Nozzoli, Memore Casalboni, Valerio Ghinelli, Giovanni Sesto Menghi, Liliano Faenza ed altri). E in stretto contatto con Federico Fellini a Roma, che da Rimini era partito alla fine degli anni ’30.

1940 ca. Gino Pagliarani (in bici) con Federico Fellini per il Corso a Rimini

1940 ca. Gino Pagliarani (in bici) con Federico Fellini per il Corso a Rimini

Giovanissimo, nel 1947, divenne Presidente della neonata Azienda di Soggiorno di Rimini (e lo rimarrà sino al 1949). Scrive, con ironia, ancora Zavoli: “Essendo il nostro turismo alimentato soprattutto dai tedeschi sembrava conveniente affidarne le sorti a un conoscitore” di quel popolo. “Nessuno meglio di Gino – che veniva fresco fresco, per così dire, da un campo di concentramento – avrebbe potuto soddisfare l’esigenza”.

Dopo le dimissioni da Presidente, insegnò per un breve periodo filosofia al Liceo classico, ma poi scelse come l’amico Nozzoli il mestiere di giornalista: andò ad occuparsi a Milano delle pagine culturali de L’Unità. Fino al 1956 quando, dopo i fatti di Ungheria, abbandonò il PCI e il giornalismo e riprese l’interesse che aveva fin da ragazzo per la psicologia.

Nel Convegno di Rimini è stato raccontato dei suoi anni a Rimini e poi della sua attività di psicologo fra Milano e Lugano sino alla morte, avvenuta il 17 marzo 2001 a Soregno.

Gino volle essere seppellito nel Cimitero di Rimini, ultima testimonianza del suo profondo affetto per la nostra Città. Anche se oggi le sue ceneri sono state portate dalla famiglia in Svizzera.

La Fondazione Luigi (Gino) Pagliarani

“Luigi (Gino) Pagliarani giornalista, psicologo, psicoanalista e formatore, è il fondatore della scuola italiana di psico-socioanalisi, disciplina volta alla comprensione degli aspetti inconsci e conflittuali nello sviluppo degli individui, dei gruppi umani e delle istituzioni” (da Wikipedia).

Nel 2002, a un anno dalla morte, nasceva a Vacallo (Canton Ticino) la Fondazione Luigi
(Gino) Pagliarani con l’obiettivo di diffonderne il pensiero e l’opera (http://www.luigipagliarani.ch/#).

Il patrimonio della Fondazione è costituito dall’archivio delle carte di Pagliarani, che
custodisce un corpus ricchissimo di testi inediti, in particolare i Quaderni a cui il fondatore della
psicosocioanalisi lavorò sull’arco di trent’anni. Parte di questi testi è stata pubblicata sulla rivista
Educazione sentimentale, mentre la maggior parte di essi è tuttora inedita.

L’Archivio Pagliarani, frutto della competenza e dell’entusiasmo di due archivisti italiani – Franco
Cagol, responsabile dell’Archivio di Trento, e Stefania Donati, sua collaboratrice – raccoglie
analisi, riflessioni, pensieri, appunti scritti da Pagliarani nei suoi numerosi quaderni.

Nel 2015, conclusasi l’attività di censimento, ordinamento e studio della produzione documentaria di Luigi Pagliarani, delle sue pubblicazioni (monografie, saggi, articoli per convegni e interventi), della sua biblioteca, della sua produzione artistica e di raccolta di oggetti significativi, l’Archivio Pagliarani è stato trasferito presso il Centro documentazione e ricerca dell’OSC, Organizzazione sociopsichiatrica cantonale di Mendrisio (Canton Ticino), dove è attualmente ospitato in una stanza dedicata.

La giornata di studio a Mendrisio

Il 17 settembre 2016 è stata programmata nella sala congressi (Teatro Casvegno) dell’OSC, Organizzazione socio psichiatrica cantonale, di Mendrisio, una giornata di studi volta a celebrare la realizzazione dell’Archivio Pagliarani e ad approfondire il significato dell’opera di Luigi (Gino)
Pagliarani, della sua eredità intellettuale e il valore che ha per lo sviluppo della psicosocioanalisi in tutti gli ambiti dell’esperienza umana, dall’individuo alla società, “polis” come Pagliarani amava
indicarla, passando per le dimensioni della coppia, del gruppo, dell’organizzazione e
dell’istituzione.

INFORMAZIONI

Paolo Zaghini

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