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Che fine hanno fatto i dipinti della volta del teatro Galli?

Mancano ormai pochi mesi all’inaugurazione del teatro Galli, e nei riminesi cresce sempre più l’attesa.
Le parti esterne, infatti, ormai sono terminate, ed è quasi un sollievo passare vicino a quelli che un tempo erano i lacerti polettiani, ora inglobati in “solide” pareti in cemento armato, ricoperte da mattoni rossi realizzati in maniera quasi artigianale dalla ditta Terreal San Marco.

C’è però qualcosa che non torna negli interventi di restauro che si stanno compiendo in questi mesi: finora, infatti, si era parlato di un teatro com’era e dov’era, ovviamente adattato alle esigenze moderne, ad esempio per quel che concerne la sicurezza, l’antisismica o l’impianto antincendio.

Nel mese di febbraio, tuttavia, il Comune di Rimini ha pubblicizzato la conclusione dei lavori alla volta del teatro, allegando alcune foto.
Stranamente nessuno ha fatto notare che quella struttura è priva dei dipinti che anticamente la caratterizzavano, forse pensando che sarebbero stati realizzati in un secondo momento.

Il Comune, nel comunicato apparso sul suo sito, afferma che quella è la volta “come Poletti la volle e la disegnò”, ma chi conosce il teatro Galli sa che nel disegno della volta realizzato dell’architetto modenese, si trovavano anche i dipinti raffiguranti la danza delle 12 Ore, i 12 segni dello Zodiaco, e le immagini dei classici della musica drammatica e della poesia: queste ultime raffiguravano Maffei, Alfieri, Goldoni, Cimarosa, Rossini, Metastasio, Monti, Rosa, Pergolesi e Bellini.

“Le ore” dipinte nella volta originaria del teatro di Rimini

Luigi Poletti era davvero scrupoloso nella scelta di artisti e artigiani che dovevano realizzare le decorazioni del teatro. Anche nel caso dei dipinti, si mosse personalmente alla ricerca dell’artista più idoneo al compito, come si evince da una lettera del 3 maggio 1853 diretta ad Angelo Legnani: “Fatemi il favore di scrivere a Bologna a quel vostro amico, che mi diceste essere in relazione col pittore del Pane (Girolamo del Pane), mi faccia il favore di dirgli che dopo aver vedute le sue belle pitture nel teatro di Pesaro, io lo proposi per dipingere alcune figure sulla volta del nuovo Teatro…”.

Il 20 maggio 1855 fu affidato l’incarico proprio a Girolamo del Pane, che però successivamente dovette rinunciare in quanto malato (il certificato medico denunciava problemi agli organi respiratori).

Solo il 5 marzo 1856 il contratto verrà risolto, e il 15 marzo 1856, un altro pittore bolognese, Andrea Besteghi, accetterà di prendere in carico il lavoro precedentemente affidato a del Pane, per la somma di cinquecento scudi romani.

Curiosamente, l’8 aprile 1857, il Besteghi chiese un certificato che attestasse la qualità dei lavori da lui realizzati nel teatro, per concorrere alla cattedra nell’accademia di belle arti di Ravenna. Il Poletti nel certificato espresse giudizi molto positivi: (Le 12 ore, i 12 segni dello zodiaco) mostrano “armonia dei colori, varietà negli intrecci e nelle masse dei gruppi, sublimità di pensiero”. Per quanto riguarda i dieci ritratti nei medaglioni invece dichiarò che “spiegano a vivi caratteri la destrezza nell’arte, sia per le belle accordanze delle arie dei volti e per la proprietà e dignità dei sembianti, e sia per la maestria dei loro panneggiamenti”.

I “segni zodiacali”

Non sappiamo ancora se questi dipinti verranno realizzati anche se il bando di gara del 2011 del Comune sembra non lasciare speranze: “Per quanto riguarda i soffitti della sala…..il progetto prevede la riproposizione dello stesso modellato previsto da Poletti, mentre non è prevista la riproposizione dei dipinti artistici”.

Tuttavia, visto che il progetto si propone una ricostruzione “quanto più simile all’originale” delle decorazioni del teatro, perché non dovrebbero essere riproposti i dipinti?

La nuova volta del teatro “Galli”

Leggendo il bando, pare di capire che il modello di restauro per la ricostruzione del teatro Galli, sia il lavoro svolto sul teatro della Fortuna di Fano, realizzato dallo stesso Poletti e molto simile al nostro, riaperto nel 1998.

Anche in quel caso i dipinti del romano Francesco Grandi raffiguranti “i fasti di Apollo”, i “Genietti delle Arti” e “sette delle nove Muse” non furono rifatti, forse per privilegiare l’acustica, che, a detta di alcuni, sarebbe schermata dallo strato di intonaco necessario per i dipinti.

Luca Vici

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