Il presidente di Confcommercio della Provincia di Rimini, Gianni Indino, interviene sullo spostamento di numerose rotte aeree da Russia, Ucraina, Lituania e Lettonia dal “Fellini” di Rimini agli scali di Bologna e Ancona.
Il comunicato fa riferimento all’intenzione di Ural Airlines, uno dei massimi vettori russi, di trasferire lo scalo di riferimento di parte dei voli sull’aeroporto di Bologna (quelli più “pregiati”) e altri, in particolare quelli charter, sullo scalo del capoluogo marchigiano.
Certo è che da marzo i voli della compagnia russa saranno indirizzati al “Marconi”. All’origine della decisione non ci sarebbero solamente i livelli della qualità dei servizi offerti dal “Fellini”, ma anche problematiche economiche e difficoltà di relazione con la direzione e il gestore dell’aeroporto riminese. Aeroporto che dopo già alcuni anni di gestione non ha chiarito quali siano i progetti economici per il futuro e che – come dichiara Giorgio Pruccoli, consigliere regionale Pd – “Non ha mai risposto positivamente agli inviti della commissione regionale dei trasporti dove il Presidente e il direttore di AIRiminum non si sono mai presentati, nonostante gli inviti”.
“Apprendiamo con profondo dispiacere – scrive da parte sua Indino – questo nuovo capitolo della guerra dei cieli. Un’autentica mazzata per tutto il sistema economico del territorio, imprenditoriale, commerciale e turistico, che fa sparire sul nascere i primi sorrisi accesi dal ritorno del vettore Ryanair sul Fellini dalla prossima primavera. Se Bologna (che ha chiuso un 2017 da record con 8,2 milioni di passeggeri) viene cercata dalle compagnie perché può offrire “migliori servizi”, come ha dichiarato il presidente del Marconi, Postacchini, non capiamo invece come possa Ancona avere più appeal del Fellini per i tour operator”.
“Uno scalo sull’orlo del fallimento con circa 38 milioni di debiti – osserva il presidente di Confcommercio – con una procedura fallimentare che pende sul capo del gestore Aerdorica rinviata proprio l’altro ieri dal Tribunale al 25 gennaio, in attesa di conoscere le decisioni dell’UE sulla ricapitalizzazione di 20 milioni di Euro legiferata dalla Regione Marche. Uno scalo, quello marchigiano, andato in crisi negli stessi tempi di quello riminese, ma per il quale è stato accettato da tutti gli attori un “concordato fai da te”, fatto di tanti benefici come due anni di congelamento dei mutui, pagamenti rateali ai creditori, rateazione dei debiti tributari, contributivi e comunali”.
“A Rimini invece non è stato concesso nulla di tutto ciò, pur essendo stato richiesto dagli stessi creditori. Non vogliamo rivangare il passato, ma per giocare allo stesso tavolo servono le stesse regole, altrimenti la concorrenza non è leale e qualcuno viene penalizzato. Gli aeroporti devono rimanere privati? Allora, che lo siano tutti. Sul territorio riminese rimangono dubbi, amarezza, ma soprattutto la forte richiesta di tutto il tessuto imprenditoriale di avere un aeroporto efficiente. Possiamo investire, possiamo spremerci le meningi per inventare iniziative, cambiare la città, aprire nuovi mercati, ma senza uno scalo che attiri i turisti e li faccia arrivare comodamente, rimaniamo giocoforza ancorati ad un vecchio modello di turismo che aspetta treni e pullman o si muove in auto. Senza aeroporto non possiamo andare da nessuna parte. La Riviera di Rimini è ancora tra le mete turistiche più ambite d’Europa, ma per rimanere al passo e riuscire a fare il salto di qualità tanto auspicato le nostre imprese hanno assoluto bisogno di poter contare sull’aeroporto e che tutte le componenti, imprenditoriali e politiche, lavorino per questo”.