Non esistono più le mezze stagioni! Il tempo cambia sempre più velocemente. Vento, pioggia, alluvioni, freddo, caldo e siccità si alternano a ritmi forsennati. Per i meteorologi, nonostante l’utilizzo di strumenti all’avanguardia, sta diventando sempre più difficile prevedere che tempo farà. Anche nella nostra cara Emilia Romagna, negli ultimi anni soprattutto, si sono verificati numerosi fenomeni atmosferici che hanno messo a dura prova sia le colline che la riviera, con inverni secchi salvo alcuni periodi di precipitazioni spropositate ed estati torride, con temperature quasi africane. Infatti, per quanto riguarda il caldo, secondo i dati di Meteo.it, l’estate 2017 è stata una delle più calde (insieme a quelle del 2012 e 2015), dietro solo a quella del 2003. All’opposto, il ‘Nevone’ che aveva imbiancato in poche ore l’Emilia e la Romagna nell’inverno 2012. Ed è per questo che abbiamo chiesto al ravennate Pierluigi Randi, 55 anni,, Tecnico Meteorologo di Emilia Romagna Meteo, cosa sta succedendo a questo clima, che sembra sempre più impazzito.
Randi, che cosa rappresenta la Meteorologia per lei?
«Una disciplina scientifica che ha il vantaggio, rispetto ad altre, di mettere a continuamente a disposizione un laboratorio a cielo, è proprio il caso di dirlo, aperto, gratuito e che mette nella condizione di porsi sempre nuove domande e dare adeguate risposte. Il fascino della meteorologia è principalmente questo, ovvero cercare di riuscire a comprendere nel miglior modo possibile i processi che sono all’origine dei fenomeni meteorologici nelle loro più disparate varianti, ma che hanno un enorme impatto sul quotidiano, basti pensare alle attività produttive, trasporti, tempo libero, etc. etc. Per fare ciò servono studi adeguati, ma anche la semplice ma costante osservazione critica del cielo, o la percezione di determinati segnali che ci invia Madre Natura, possono essere utili per capire l’origine di determinati fenomeni. In pratica una cosiddetta ‘ragione di vita’».
Quando é nato il suo interesse per questa scienza?
«Fin da bambino, probabilmente forzata da mio nonno paterno che aveva la passione, anche se ‘in stile contadino’, per i fenomeni meteorologici; anche perché, allora come oggi, le pratiche agricole erano strettamente legate alle vicende meteorologiche. Poi questo interesse si manifestò in modo crescente nell’adolescenza fino a divenire una vera e propria passione, sfociata infine in una attività professionale».
Quanto è cambiata in questi anni la meteorologia? Gli strumenti moderni vi hanno facilitato un po’ la vita?
«E’ cambiata molto, ed in meglio naturalmente. Uno dei problemi più ostici da affrontare era quello di arrivare a buone previsioni con una sufficiente profondità temporale, almeno 4-5 giorni, e con altrettanto sufficiente dettaglio spaziale, sempre più richieste. Ovviamente per fare fronte a questo tipo di necessità non erano più sufficienti le sole osservazioni, rilevazioni, ed il cosiddetto ‘metodo sinottico’, vale a dire tutti approcci che consentono una previsione a brevissimo termine, massimo 24 ore. Per andare oltre fu indispensabile l’introduzione dei modelli fisico-matematici (NWP Numerical Weather Prediction n.d.r), i quali richiedono però una mole di calcoli inimmaginabile. Da qui il ricorso ai super calcolatori. La meteorologia moderna non può prescindere dalla modellistica numerica ed ai cosiddetti ‘cervelloni elettronici’, perché è cambiata la domanda, ovvero le informazioni meteorologiche che vengono richieste. Naturalmente i modelli ed i super calcolatori vanno ‘istruiti’ ed i loro prodotti adeguatamente interpretati, quindi la figura umana rivestirà sempre un ruolo fondamentale, anche nella meteorologia moderna».
E quanto sono cambiati i meteorologi invece?
«Sono cambiati anch’essi naturalmente. Molti anni fa il meteorologo aveva essenzialmente una formazione legata alle attività dell’Aeronautica Militare oppure inerente i corsi universitari di fisica. Poi subentrarono le specializzazioni, e nacquero corsi universitari specifici in fisica dell’atmosfera dove la formazione del meteorologo passava attraverso una serie di studi particolarmente approfonditi sulle dinamiche atmosferiche. Tuttavia fino a pochissimo tempo fa non esisteva la figura professionale del meteorologo, non era una professione riconosciuta insomma; ma recentemente è stata introdotta la certificazione delle competenze proprio per ovviare a questa anomalia tutta italiana. Ma un ruolo essenziale è ascrivibile alla divulgazione: essendo la meteorologia una disciplina scientifica molto complessa, è fondamentale farsi capire e divulgare le informazioni meteorologiche nel modo più corretto e chiaro possibile, anche perché in Italia, a differenza di altri paesi, la cultura meteorologica e scientifica in particolare lascia un po’ a desiderare. Pertanto il meteorologo moderno deve anche essere un ottimo divulgatore, con una accettabile proprietà di linguaggio, ed in grado di fare arrivare ai destinatari informazioni ben assimilabili e non equivoche, anche se sotto questo profilo serve ancora oggi ‘lavorarci su».
Lei si occupa prevalentemente della regione Emilia Romagna. Negli ultimi anni qui si è verificata una serie impressionante di fenomeni meteorologici estremi: caldo soffocante, acqua a catinelle, neve a metri. Esistono zone più soggette di altre a questi fenomeni oppure possono avvenire dappertutto?
«Non ci sono particolari distinzioni sotto questo aspetto, anche se in generale l’area mediterranea è considerata, a ragione, une delle più sensibili ai cambiamenti climatici, che possiamo riassumere nel fenomeno del global warming (riscaldamento globale n.d.r). In pratica, a fronte di un inequivocabile aumento della temperatura media planetaria dimostrato dai dati, non tutte le aree della Terra possono ‘rispondere’ allo stesso modo. Ebbene il settore mediterraneo, e di conseguenza anche la nostra regione, si stanno dimostrando particolarmente sensibili, con un aumento particolarmente significativo delle temperature medie, in estate soprattutto, e con un parallelo incremento dei cosiddetti eventi ‘estremi’, periodi siccitosi alternati a piogge estremamente intense, ondate di caldo sempre più severe, fenomeni molto violenti a piccola scala e di breve durata, che tra l’altro sono anche i più ostici da prevedere».
Che cosa scatena questi fenomeni atmosferici? É colpa dell’inquinamento o c’è dell altro?
«Diciamo che fenomeni atmosferici particolarmente violenti sono sempre esistiti, ma quello che preoccupa è la loro maggiore frequenza rispetto al passato. Per fare un esempio, la tremenda ondata di caldo dell’agosto scorso in passato poteva avere tempi di ritorno più che cinquantennali, ora questi tempi di ritorno si sono enormemente accorciati, e quasi ad ogni estate ci troviamo alle prese con temperature elevatissime:2003-2007-2008-2009-2011-2012-2013-2015-2017 solo per citare i casi più eclatanti. Sicuramente la mano dell’uomo, intesa come attività antropica legata ai processi in industrializzazione ed urbanizzazione, ha un ruolo fondamentale, e la comunità scientifica è concorde al 99% che il contributo ‘umano’ al riscaldamento globale è estremamente probabile. Chiaramente riscaldando l’atmosfera si innescano tutta una serie di processi a catena che alterano la circolazione generale; basti pensare che più riscaldiamo l’atmosfera più essa può trattenere acqua; acqua che poi viene resa disponibile ai sistemi nuvolosi che transitano provocando piogge più intense nell’unità di tempo, 3-6 ore soprattutto. Ma questo è solo un esempio. Insomma nel cambiamento climatico ci stiamo mettendo molto del nostro…».
Cosa è più pericoloso tra caldo, siccità, le piogge, il gelo e la neve?
«Ognuno di questi fenomeni ha una sua pericolosità. Anche le ondate di caldo, che spesso sono accolte con favore, specie se si è in vacanza, sono estremamente pericolose, basti pensare che nel 2003 si ebbero migliaia di vittime in Europa con una vera e propria emergenza sanitaria. Certamente, in queste circostanze, sono più a rischio i soggetti anziani o già affetti da altre patologie, ma comunque anche il caldo estremo può essere un ‘mostro silenzioso’, nel senso che non determina effetti visibili e paurosi come accade per piogge alluvionali, trombe d’aria, etc., ma può ugualmente essere letale. Detto questo, è chiaro la situazione italiana, ed elevato rischio idro-geologico, frutto anche di pessima gestione del territorio, si dimostra più vulnerabile durante periodi di piogge o temporali particolarmente intensi. Non a caso sono in aumento gli eventi di ‘flash flood’ (alluvioni lampo n.d.r), che si esplicano in tempi particolarmente brevi, 1-6 ore, e su aree di limitata estensione. La stessa Rimini fu colpita da un evento simile nel giugno del 2013, con oltre 100 mm di pioggia in circa un’ora, mai successo prima in tempi così brevi».
A proposito di fenomeni che sono avvenuti nella nostra regione, cosa dicono le cifre delle temperature registrate e della pioggia caduta in Emilia Romagna?
«Il 2017 è stato un anno che rispetto al 2016 è stato meno piovoso di circa il 60% , mentre a livello di temperature è stato leggermente più caldo del già assai caldo 2016. Infatti l’anno climatologico 2017 ha chiuso a Rimini con una anomalia di temperatura media di +1,1°C rispetto alla media del trentennio 1971-2000, mentre nel 2016 l’anomalia era stata di +1,0°C. Occorre precisare che avere anomalie termiche di un grado od oltre su base annuale rappresenta un dato di notevole rilievo. Del resto nel nuovo millennio si sono registrate le temperature medie più elevate dell’intera serie storica che parte dal 1950.
Da segnalare la violenta ondata di caldo dell’agosto 2017, più breve rispetto a quelle del 2003 e del 2012, ma che sull’entroterra riminese è risultata anche più intensa, con temperature massime prossime o anche superiori ai 40°C. Pochi gli episodi di freddo, in genere confinati tra la prima e la seconda decade di gennaio 2017, ma che solo 30 anni fa sarebbero passati del tutto inosservati.
Peraltro l’ultimo vero evento di freddo invernale intenso occorse nel febbraio 2012, dopodiché del grande freddo si sono perse le tracce».
Cosa ci dobbiamo aspettare il prossimo anno per quanto riguarda la nostra regione e il riminese in particolare? Meglio o peggio del 2017?
«La domanda è alquanto ostica, poiché si esce dalla classica previsione meteorologica, che non può superare i 6-7 giorni nella migliore delle ipotesi, ed occorre fare ricorso ad una previsione climatologica di ‘scenario’, ovvero relativo alle possibili caratteristiche che potrà avere un determinato periodo rispetto ad una normalità climatologica precedentemente individuata. Chiaramente un certo tipo di trend è già ampiamente in atto, per cui dovremo probabilmente attenderci un anno più caldo rispetto alla norma, oramai lo sono tutti, con intense onde di calore estive, più o meno prolungate, e con un regime delle precipitazioni molto variabile, anche questo aspetto peraltro già conclamato da anni. Insomma ben difficilmente il 2017 si scosterà dalle caratteristiche che gli anni recenti ci hanno mostrato, e dovremo abituarci a condizioni di questo tipo poiché il riscaldamento globale prosegue e non ci sono gli estremi per ipotizzarne un rallentamento o, cosa ancora più improbabile, un arresto».
Nicola Luccarelli