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Rimini. Rino Mini ricorda Gualtiero Marchesi

La dichiarazione di Rino Mini, paron della Galvanina e di “Ferramenta” che ricorda l’incontro con il grande chef scomparso da poco:

Conservo di Marchesi il ricordo indelebile di un uomo di naturale eleganza e di straordinario carisma, ma anche di profonda generosità, la stessa che gli ha permesso di formare i più grandi talenti della nostra cucina: quando, infatti, nel 2014 venne a Rimini per ritirare il Premio Nazionale Galvanina per la Cultura, non lesinò il suo tempo, non si sottrasse ad alcun confronto, ma ci dedicò un’intera giornata con non comune disponibilità”.

Così Rino Mini, Presidente del Gruppo Galvanina, descrive il suo incontro con il Maestro della nuova cucina italiana, che lo conquistò senza riserve. “Dopo aver speso ore a firmare autografi, a stringere mani, a confrontarsi con il pubblico nel contesto del Festival della Cucina Italiana a suo tempo ospitato proprio nel Parco Galvanina – continua commosso il Cav. Mini – si sedette al tavolo con me e la mia famiglia, mostrando la sua innata curiosità per ogni prodotto che gli veniva presentato e nel contempo sciorinando tutta una serie di aneddoti, memorie, osservazioni che dimostravano con lampante evidenza di quanta cultura, genialità e originalità autentica fosse intriso il suo stile professionale.

Allora mi colpirono subito quell’anticonformismo in lui connaturato, quel porsi fuori dagli schemi e dai luoghi comuni che ne hanno fatto il personaggio rivoluzionario capace di riscrivere in chiave contemporanea la storia della nostra cucina, pur senza mai rinnegarne le basi tradizionali.

‘Noi siamo quello che abbiamo visto e abbiamo potuto fare’, diceva, e lui l’ha fatto senza compromessi, perseguendo inesorabilmente i propri obiettivi malgrado le critiche anche feroci che, purtroppo, hanno caratterizzato il suo percorso, credendo con consapevolezza solo in se stesso e nella propria sensibilità.

In una cosa soprattutto – conclude Rino Mini – mi sento ora più che mai in linea con i suoi insegnamenti. Lui pensava che la sua dovesse essere la cucina della forma e della materia. Una cucina magari artistica nell’estetica, ma mai artefatta nella sostanza. Ecco, in quella cucina italiana di grandi materie prime si fondano anche le mie convinzioni.

Sono grato alle circostanze che me lo hanno fatto incontrare: la mia famiglia ed io non dimenticheremo mai la sua classe, il suo acume, la sua intelligente lungimiranza. 

Con lui abbiamo perso un grandissimo chef e un grandissimo uomo”.

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