Prima di accompagnare i nostri venticinque lettori in una degustazione virtuale del pesce dell’Adriatico, chiariamo subito una cosa: noi siamo di quelli che… il limone, no, non lo mettiamo! Se il pesce è fresco e di buona qualità, nessun sapore deve coprire il profumo di mare. Figuriamoci poi quando ci viene servito un “cocktail di gamberetti”, o qualche suo cugino affogato in morbide salse! Questo piatti avranno anche fatto moda in tanti ristoranti, ma non altrettanto nel nostro palato. Saranno “cool”, ma noi, in quanto a mangiari, preferiamo masticare il riminese.
Allora? Ma sì, facciamoci invitare da un amico fidato, che può ben rappresentare i tanti amanti del mare e della marineria. Eccolo, è Rolando Canini, conosciutissimo in tutto il riminese, ma soprattutto a Viserba e dintorni, per la cordialità e il sorriso sempre pronto. Riconoscibile dall’abbronzatura sempre presente e dal cappello di paglia a falda larga, Rolando riempie le sue giornate di pensionato animando, insieme agli amici, le rievocazioni della pesca alla tratta che periodicamente vengono riproposte sul nostro litorale.
Ma soprattutto, Rolando, equipaggiato di parananza d’ordinanza, si trasforma nel “Re del fuocone”, degno erede di quel Fis-ciuon – che se dicevi “Alfredo Grossi” nessuno lo conosceva – che per oltre mezzo secolo ha riunito alla sua tavola viserbese migliaia di mangiatori di bocca buona. Per capire di che pasta era fatto, Fis-cioun, scomparso nel novembre del 2015 all’età di novant’anni, in un’intervista rilasciataci qualche anno prima della sua morte, ebbe a dirci “Mé an murirò, parché an ò témp… Ma s’avéss da murì, e’ mi fugòun l’è ad Rolando!” (io non morirò, perché non ho tempo. Ma se dovessi morire, il mio fuocone è di Rolando).
Eccolo, il fuocone dei pescatori. Mitico oggetto indispensabile per la cottura come si deve degli spiedini di pesce, quelli dove non c’è bisogno della spruzzata di limone, per intenderci.
“Il mio fuocone personale – ci disse Fis-ciòun – me l’ero fatto costruire dal fabbro Baietta. Ma lo sapete quant’era costato? Un milione e duecentomila lire!”
Dunque, per vedere come si cucina con il mitico fuocone a sabbia, bisogna cercare Rolando o qualcuno degli altri (pochi) appassionati che hanno raccolto l’eredità dei pescatori di una volta.
Il sistema è piuttosto semplice: il fuoco è ingabbiato al centro, mentre il cibo da cucinare va infilzato in spiedi, fatti obbligatoriamente con rami di tamerice, che sono posti verticalmente tutt’attorno, alla giusta distanza calibrata dall’esperienza. In questo modo è il calore della fiamma che cuoce, senza alcun contatto diretto. Per la cottura completa, naturalmente, ogni tanto gli spiedi vanno girati su se stessi.
In una foto possiamo vedere Rolando che utilizza il sistema degli spiedini in piedi senza il fuocone, ma direttamente sulla sabbia. Chissà a quanti millenni fa risale questo modo di cucinare?
L’invenzione del fuocone, con la base metallica ad altezza d’uomo che forma il contenitore per la sabbia e la gabbia centrale, sempre metallica, che racchiude i pezzi di legna da bruciare, si deve probabilmente ai marinai, che l’utilizzavano a bordo.
Il pesce, naturalmente, è sempre il più fresco che si possa trovare: vanno bene calamaretti, soglioline, sardoncini conditi con pangrattato, sale, pepe, olio.
E, per chi volesse cimentarsi come emulo di Rolando e non avesse a disposizione il fuocone a sabbia? Vanno bene le griglie (“al gardèli”) o, se proprio non c’è altro, il forno casalingo. Attenzione al tempo di cottura, che deve essere breve, quel tanto per colorare e non abbrustolire!
Buon appetito e… alla prossima!
Maria Cristina Muccioli