Sulle pagine di oggi dell’Huffington Post, Antonio Preiti – esperto di turismo, insegnante della LUISS ed ex direttore del Censis, dove si è occupato di “comportamenti collettivi” – scrive di Rimini: un libero elogio, che proprio in nel comportamento della collettività trova la sua ragione.
“Rimini – scrive Preiti – ha inventato qualcosa di inedito: il lusso di massa“. Nell’Italia del Boom economico – dove era nata la possibilità senza precedenti di essere pagati per non lavorare – la Riviera Romagnola offriva la possibilità a tutti, democraticamente di essere serviti: “Di sedere a un tavolo e di essere serviti. Di andare in spiaggia e di essere serviti. Di passeggiare sul lungomare (quello di Rimini è uno dei più belli) e di essere serviti, anche solo per prendere un gelato.”Rimini, con il suo modello alberghiero, che resiste all’economia della seconda casa, per Preiti “ingegnerizza il lusso, industrializza i servizi, e toglie al servizio il senso di servitù, per fargli assumere un’aspirazione alla perfezione.“.
Partendo da qui Preiti arriva a leggere l’economia turistica della riviera in termini di “performing art”: il turista recita la parte dell'”ospite”, mettendo in scena sè stesso, le sue ambizioni e aspirazioni nelle scelte fatte mentre è in vacanza. All’oste, d’altra parte, è invece lasciato il compito di preparare il rito, di metterlo in scena e di performarlo per soddisfare le aspettative dell’altro attore – il turista appunto.
Aver trasformato questo rito in un modello di business è, per Preiti, ciò che ha sancito il successo del turismo di Rimini: “Ogni albergatore emula il modello di perfezione che ha imparato, cerca di creare quella tensione alla perfezione che sta nel suo dna, cerca il modo perfetto di far sentire al suo ospite che proprio lì può trovare quella perfezione che sta cercando. Ecco il segreto di Rimini.”
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