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Margherita Tercon, da Rimini a Zelig: “Venire dalla provincia? Un vantaggio”

Inseguire i propri sogni e riuscire a realizzarli. Ma ci vuole il coraggio di mettersi in gioco e lei l’ha trovato. Margherita Tercon ha 27 anni e viene da Rimini. Scrittrice, sceneggiatrice, attrice e autrice di programmi tv e web. Margherita possiede un grande talento, ma soprattutto una grande determinazione che le ha permesso di affermarsi, conquistare premi e riconoscimenti importati e approdare, addirittura, fino a Zelig come autrice. Chi è Margherita? Intanto possiamo dire che è una vera forza della natura. E per il resto? Ce lo racconta lei stessa.

3Zero2 TV Margherita Tercon

Una parola per descrivere Margherita Tercon? Se ne basta una naturalmente…

«Bella domanda. Diciamo che preferisco che siano gli altri a descrivere me. Usando un nome che mi venne attribuito anni fa direi: ‘Panzer’. Panzer perché sono determinata e vado sempre avanti. Quando voglio una cosa e penso sia quella giusta da fare, vado avanti senza paura e schiaccio ogni difficoltà».

Lei è sceneggiatrice, scrittrice e attrice. In quali di questi ruoli si ritrova di più?

«Mi ritrovo di più nel ruolo di scrittrice. Una scrittrice con una grande passione per la scrittura e buon senso dell’osservazione penso possa diventare una sceneggiatrice o autrice teatrale. E’ più che altro questione di adattarsi ai diversi tipi di comunicazione. Mi ritrovo anche nel ruolo di attrice, ma in testi non scritti da me: ho la tendenza a scrivere testi molto introspettivi, anche piuttosto seri. Nel recitare, invece, mi vengono meglio ruoli più leggeri o divertenti. Anche se questo non significa che un testo comico debba essere superficiale e non profondo, anzi, spesso scrivo testi seri con un linguaggio comico. Quindi, forse ancora più di recitare, amo presentare. Perché la presentazione richiede di mantenere sempre alta l’attenzione ed allo stesso tempo essere se stessi. In quel caso mi scrivo la presentazione che farò costruita alla perfezione sulla mia personalità».

Secondo lei, l’artista moderno deve applicarsi a più campi, come sta facendo lei, oppure basta che eccella in uno solo? Si ritiene un’artista o meglio la ritengono tale?

«La mia opinione è che un artista, al giorno d’oggi, debba sapersi adattare. Penso che questo valga anche negli altri ambiti della vita, non solo nell’arte. In questo momento viviamo in un mondo che cambia in continuazione, con continue invenzioni e scoperte, con nuovi linguaggi. Linguaggi che cambiano incessantemente o che smettono di esistere, che si trasformano. Riuscire ad adattarsi al mondo e cercare di capirlo penso possa arricchirlo ed arricchire noi stessi. Adattarsi è ideale. Però penso che l’adattamento stesso debba essere all’interno di un solo campo. Per esempio: scrittura. E’ poco utile cercare di fossilizzarsi in un ‘voglio diventare romanziere’, ‘voglio diventare poeta’ o ‘scrittore teatrale’ ed escludere così tutti gli altri linguaggi. Però ha senso dire: preferisco scrivere romanzi, ma se mi chiedono di scrivere un testo teatrale provo a farlo. Quindi cercare di imparare qualcosa di nuovo all’interno dello stesso campo. Dire invece: ‘voglio solo dipingere quadri, ma se mi chiedono di pulire i bagni di una galleria allora lo faccio’, secondo me è sbagliato. Ed è sbagliato perché gli artisti se non sono famosi vengono spesso presi come degli sfaccendati o come dei sognatori che fanno gli artisti, ma che non arriveranno da nessuna parte nella vita. E per questo motivo, spesso ci vengono proposti anche lavori che non hanno niente a che fare con l’arte solo perché ci dà l’illusione di rimanere nel nostro campo. Fare la gavetta sì, essere presi in giro no. Ma forse sto andando fuori tema. Ripeto: per me è giusto che un artista si sappia adattare nel suo campo. Io sono autrice e non mi metterò a fare sculture, anche se è una pratica artistica. Dico questo perché comunque il fatto del doversi adattare toglie valore allo specialista. Avere persone che collaborano ad un progetto in cui ognuna eccelle nel suo ruolo sarebbe l’ideale. Il problema di oggi è che nessuno cerca più specialisti, perché ad ognuno viene detto che deve imparare a fare questo, quello e quell’altro. I lavori sono spesso difficili da trovare e se possono assumere una persona che sappia occupare più ruoli la preferiscono all’assumere due persone diverse. Questo, ovviamente, toglie qualità ai lavori artistici che spesso, purtroppo, risultano tirati via. Si vedono spettacoli teatrali scritti male perché, per esempio, si pensa che un attore possa anche scrivere il testo, fare la regia di se stesso, scegliere le musiche ed i costumi. Detto questo: la risposta è poco chiara perché da un lato valorizzo il sapersi adattare, mentre dall’altro preferirei un mondo in cui ognuno conosce bene il suo ruolo e si dedica anima e corpo a quello. Ma tanto, il mondo non è ideale e soprattutto ogni artista che legge la mia risposta poi farà di testa sua ed è giusto così».

Margherita Tercon con il Premio Calcante SIAD

Margherita Tercon con il Premio Calcante SIAD

Lei si ritiene tale?

«Io mi ritengo una autrice e creativa. Invento format, li scrivo, li interpreto  – se sono facili, altrimenti cerco qualcuno che li sappia interpretare. Gli altri mi ritengono artista? Dipende. Grazie al web i miei lavori, video e testi si stanno diffondendo e sempre più persone mi seguono e mi leggono. Questo fatto mi sta dando credibilità. Quindi sì, con il tempo le persone mi stanno riconoscendo in questo ruolo di artista e devo dire che i miei lavori variano anche in base alla comunicazione con il pubblico. Alla fine, è proprio per riuscire ad entrare in contatto con gli esseri umani che lo faccio! Ho scritto ‘dipende’ perché invece, purtroppo, ancora a volte mi capita di entrare in ambienti dello spettacolo in cui mi devo presentare per la prima volta. E spesso sono ambienti con una maggioranza di uomini e di un’età al di sopra dei 40/50 anni. Quando si trovano davanti una ragazza giovane, carina ed intraprendente… diciamo che non mi vedono nel ruolo dell’autrice. Piuttosto come segretaria, compagna o addirittura nemica. I pregiudizi, alla prima impressione, vincono sul merito e che spesso c’è una bella lotta da combattere per fargli dimenticare il mio ‘faccino’ e fargli leggere le mie parole. Devo anche ammettere che una volta che queste persone leggono i miei testi ne rimangono sorprese ed in generale iniziano ad apprezzarmi per il mio lavoro – o comunque si apre un altro tipo di comunicazione».

Da quanto ha questa passione per la letteratura e la drammaturgia? Che studi ha intrapreso oppure ha cominciato come autodidatta?

«La mia passione per la scrittura c’è sempre stata. Scrivo racconti da quando facevo le elementari. Da quando la maestra mi insegnò le regole: introduzione, corpo centrale, conclusione. Però la decisione di diventare scrittrice venne a 15 anni. Partecipai al mio primo concorso di scrittura ed arrivai seconda. Da lì capii che la scrittura era la cosa che mi veniva meglio e non ho mai smesso. Ho incontrato la drammaturgia, invece, in quarta superiore. Facevo corsi di teatro da quando avevo 9 anni ed in quarta superiore al mio corso tutte le parti erano state assegnate, ma quattro ragazze rimanevano senza testo. Così gli insegnanti chiesero se ci andasse di scrivere qualcosa. Io scrissi 30 pagine (che poi vennero tagliate e messe in scena). Due settimane fa mi hanno confessato che usano ancora quel testo negli spettacoli per ragazzi! Quindi, a 19 anni, finita la quinta superiore ho cercato le scuole di arte drammatica per continuare nella recitazione e quando ho visto il corso di ‘Scrittura Teatrale’ alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano, sono impazzita. La fusione delle mie due passioni: la scrittura ed il teatro! Ho fatto l’esame di ammissione e mi hanno preso: eravamo una classe di 6 persone! Ero la più giovane della Scuola, ho imparato davvero tanto. Quindi, restando alla domanda, ho iniziato da autodidatta, ma sono uscita con un diploma specialistico in una scuola di tre anni come ‘Autore Teatrale’. Motivo in più per cui mi piacerebbe un mondo ideale in cui ognuno fa UN lavoro: quello per cui è specializzato e che si è scelto».

Il suo talento è arrivato fino a Zelig, per quanto riguarda la sceneggiatura. Che esperienza è stata? Mi parli un po’ delle sue esperienze come autrice in tv…

«E’ stata un’esperienza che mi ha arricchita molto, a diversi livelli. A Zelig sono arrivata con un percorso piuttosto lungo: iniziai come comica al laboratorio di Rimini, poi, una volta trasferita a Milano per la scuola, continuai a frequentare il laboratorio Zelig di Milano. A Milano, però, come autrice invece che come comica. Ho conosciuto gli artisti, i tecnici, gli autori. Ed ho collaborato con Alessio Tagliento come autrice al laboratorio di Rozzano a Milano. All’inizio era bellissimo: mi ricordavo da piccola, a Rimini, quando la sera guardavo dal divano le puntate di Zelig. Guardavo e pensavo: è impossibile andare lì. Come si fa ad andare lì? E’ impossibile. Dopo una decina d’anni lo stavo guardando con i miei occhi, dal teatro. Dal furgoncino della regia con la penna in mano a prendere i tempi di ogni sketch, dal dietro le quinte a parlare con gli autori e gli artisti, dal pomeriggio a seguire le prove… il magico mondo della televisione. Tutte luci ed allegria. I dietro le quinte, spesso, sono meno allegri della parte che si vede in televisione, c’è molto lavoro da fare ed alcuni pregiudizi da eliminare. Ma è stata un’esperienza bella e soprattutto con Alessio ho imparato moltissimo sulla scrittura comica, sul cabaret, sulle scalette, anche tutti i dettagli tecnici che non ci si immagina neanche ci possano essere dietro ad un semplice pezzo di cabaret. E’ un percorso».

Poi?

«Dopo Zelig, ho lavorato come autrice a Comedy Central, per una trasmissione chiamata Central Station. Lì ci lavoravano meno persone che a Zelig, era una dimensione più intima, più umana (ma pur sempre televisione). Ho stretto amicizia con molte persone ed ho imparato un altro tipo di lavoro: correzione copioni, rapporto e contatti con gli artisti, seguire le prove, insomma, se ci si immagina che fare l’autore tv sia solo scrivere testi, si è ben lontani dalla realtà!».

Lei viaggia molto per lavoro. Ritorna spesso a Rimini, sua città natale, anche per mettere in scena qualche spettacolo? E’ molto difficile emergere, quando si parte dalla provincia?

«Viaggio molto, è vero. Ho vissuto a Milano, due anni a Parigi ed uno a Dublino, ma sono tornata spesso a Rimini. A Rimini sono stati messi in scena vari dei miei testi teatrali: ‘Trame’, ‘Che Casino!’ ‘Ovvero gli allegri condomini’, ‘Rubik Generation’, ‘Numero Uno in Italia’, ‘Isole’ ed alcuni testi da interpretare in strada per i vari festival ed eventi. Riguardo alla domanda se sia più difficile emergere se si parte dalla provincia io direi proprio di NO! Anzi, penso che sia un valore aggiunto! Nascere e crescere nella provincia dà la possibilità, secondo me, di crescere in un ambiente più protetto e più a misura d’uomo. Io amo sapere che Rimini è casa mia. Perché il fatto di non essere nata in una metropoli mi ha permesso di avere rapporti più veri con le persone. Ci sono più occasioni di incontrarsi, di conoscersi. Penso che, a livello umano, partire dalla provincia sia meglio. Perché essere più in contatto con le persone aiuta a capirle meglio, a conoscerle meglio ed allo stesso tempo a sentirsi meno soli. Quando si decide di partire si va verso l’ignoto: si inizia a vivere la propria vita, ma sapendo che si può sempre tornare a casa e che lì c’è solidarietà per quello che facciamo. Anche una certa spinta, del tipo: ‘noi abbiamo capito chi sei, ora vai e dimostralo anche agli altri, noi saremo qui ad aspettarti’. Venire da una provincia permette anche di chiarirsi le idee: se si sta bene, non c’è nessuna ragione di partire. Io ho capito che dovevo partire, ma pensare di poter chiamare Rimini ‘casa mia’ mi fa sentire sempre bene. Quando sono a Parigi o a Milano o Dublino e cammino in mezzo a sconosciuti, a persone che probabilmente non incontrerò mai più, nonostante viviamo nella stessa città, mi sento di non essere nessuno. Mi sento piccola in un mondo in cui conti poco. Una persona tra le tante. Sapere invece di poter passeggiare per Rimini e probabilmente incontrare la mia compagna delle superiori, la mia amica di scuola, mi fa provare un bellissimo senso di appartenenza e mi chiarisce quale sia la mia identità. Senza farmi mai perdere tra i lavori e la confusione delle grandi città. Allo stesso modo, se ci si sente soffocare dalla troppa familiarità si può sempre partire ed andare in un luogo con più opportunità. Non so, nascere e crescere in una grande città mi dà l’impressione che renda tutto più difficile».

Margherita Tercon Parigi

In questo momento sta lavorando a qualcosa?

«In questo preciso momento sì. Ho vari progetti personali che porto avanti online, ma soprattutto ho un grosso progetto che include mio fratello Damiano Tercon. Da quando faccio video con lui, le persone che ci seguono sono aumentate e la comunicazione va alla grande: ci chiedono consigli, ci sostengono. Per questo abbiamo deciso di fare loro una sorpresa e ringraziarli dell’affetto. Ancora non posso svelare troppo, ma diciamo che sto scrivendo degli episodi di un qualcosa moooooolto divertente che verrà girato tutto a Rimini! Se seguirete gli aggiornamenti sulla mia pagina Facebook ‘Margherita Lolly Tercon’, appena avremo il piano delle riprese vi aggiorneremo e metteremo le location precise dove trovarci: chissà che non entriate a far parte del cast!».

Nicola Luccarelli

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