Simone Bertozzi, consigliere comunale di Rimini del Pd, interviene nel dibattito dopo il voto alle amministrative:
“Con l’ambizione di voler rappresentare tutti, non rappresentiamo più nessuno e siamo percepiti solo come il partito del potere”.“Dove pensiamo di essere autosufficienti, di bastare a noi stessi, di non aprirci a pezzi nuovi di società interessati come noi al riformismo, andiamo incontro a brutti risultati”.
Una sconfitta, due punti di vista che faticano, e credo faticheranno, a trovare un punto di sintesi. Anche tra qualche giorno. Il primo, coraggioso, sofferto, perché in fondo assomiglia anche a un doloroso “mea culpa”, è del segretario Juri Magrini (Pippo Civati lo diceva già quattro anni fa, ma non diteglielo). Il secondo, altrettanto sofferto, ma di tutt’altro tenore, porta la firma del deputato Tiziano Arlotti. Due anime a confronto, due chiavi di lettura, due idee diverse di sinistra (si può ancora chiamarla così?).
Due progetti forse inconciliabili per il Pd di domani. Uno, quello di matrice renziana, traduce con un’analisi un pochino più analitica quello che in fondo il consigliere Erbetta, con astuta faciloneria, va dicendo da mesi. E suona pressapoco così: senza Patto Civico non si vince. Che tradotto in arlottiano diventa “pezzi nuovi di società interessati al riformismo”, ma che qualcuno, al bar o dalle parti di Bettola, potrebbe anche interpretare in maniera un po’ più brutale. Del tipo“senza la destra non si vince”.
PS: Io lo scrivevo su Facebook molto prima di Bersani. Perché oggi, appurato che il Pd da solo non basta, la scelta è più qualitativa che quantitativa. Con chi mi alleo? Se la risposta è Pizzolante o Tirincanti, beh, anche no. Altrimenti la prossima volta perché non candidare direttamente la Tosi? Quello che queste elezioni ci insegnano, o comunque proveranno a insegnarci, come già avrebbe dovuto fare la figuraccia costituzionale, è che continuando a scimmiottare la destra, o meglio continuando a voler leggere la società con lo strabismo di chi pensa che destra e sinistra siano la stessa cosa, si finisce per non rappresentare più nessuno.
E’ quello che in fondo sta succedendo al M5s che, dopo cinque anni, non ha ancora scelto cosa fare da grande, a metà tra Pisapia e Salvini. Destra e sinistra esistono ancora. E per fortuna. Si metta il cuore in pace Grillo. Gli faccia compagnia anche Renzi. Perché a forza di voler aprirsi troppo si finisce per rimanere soli. Ha ragione Magrini. E queste elezioni sono un pugno nello stomaco che speriamo porti con sé quella lezioncina, anche piuttosto banale, che da tre anni non abbiamo ancora imparato: tra la copia e l’originale vince sempre l’originale.