Incontro pubblico, venerdì 9 giugno, alle 18.25, nella Sala dell’Arengo, in piazza Cavour, per la presentazione del libro “Badheea, dalla siria in italia con il corridoio umanitario”, di Mattia Civico.
Interverranno l’autore Mattia Civico, Gianluca Fabbri, Istituto di Scienze dell’uomo; Corrado Borghi, Operazione Colomba della Comunità Papa Giovanni XXIII; Massimiliano Zannoni, Operatore sociale; Ahmad Al Khaled, rifugiato siriano.
Per ricominciare una vita, in fuga dal proprio Paese, rischiare la vita: alla grande ingiustizia dei nostri tempi ci siamo quasi assuefatti. La politica populista dei muri e del rifiuto, oggi, sembra vincente.
Trentamila esseri umani, dal 1988, sono morti alle frontiere dell’Europa, cercando una terra che li accogliesse. Fuggivano dalla guerra e hanno trovato la morte nel mare nostro. Ma non è, non deve essere un destino ineluttabile. La storia di Badheea e della sua famiglia lo dimostra. Badheea è una dei 93 siriani che un anno fa, esattamente il 29 febbraio 2016, partendo da un campo profughi del Libano sono arrivati sani e salvi in Italia. In aereo, senza trafficanti né barconi: un viaggio sicuro grazie al primo corridoio umanitario organizzato da Comunità di Sant’Egidio, Tavola valdese, Federazione delle Chiese evangeliche, dopo che i corpi civili di pace dell’Operazione Colomba della Comunità Giovanni XXIII li avevano protetti durante la permanenza nei campi profughi. Mattia Civico, che ha partecipato al primo corridoio umanitario ed è diventato amico di Badheea e della sua famiglia, racconta la storia di una donna, in prima persona che ha sofferto ma non ha mai smesso di sperare.
“Le proteste a Homs – racconta nel libro – continuavano e continuavano i combattimenti, sia per strada che dal cielo. Ogni protesta era soffocata nel sangue. Portavo i feriti a casa mia. Io strappavo i vestiti e ne facevo garze per fermare il sangue…“. Un marito morto ancora giovane, nove figli, di cui uno rinchiuso nelle carceri del regime, un altro strappato a colpi di ciabatte dalle mani della polizia segreta, la paura della repressione e delle bombe, Badheea si racconta con le parole semplici di una donna coraggiosa e piena di vita, anche in mezzo agli agguati della morte. Il suo libro non è solo una fra le tante biografie dei 65 milioni di profughi del mondo. È la testimonianza che c’è un altro modo di lasciarsi alle spalle la guerra, che c’è un altro modo di accogliere. Purché noi europei sappiamo fare quello che va fatto, da questa parte del mare.