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Ego Calenda sum: al centro del mondo per far guerra al mondo

Uno dei bassifondi della politica in cui si ritrova abitualmente il Centrodestra ha ospitato domenica pomeriggio un’insolita e azzardata trasgressione: Sora Lella Meloni, Matteo Salvini in Le Pen e il finto marito della Fascina sono rimasti a guardare, imperterriti, la comunista Rai 3 per tutta la durata di “Mezz’ora in più”, la nota trasmissione domenicale di Lucia Annunziata. Apertasi con il pietoso cincischiare di Calenda che annunciava in anteprima la sua vigliaccata in sfregio alla democrazia italiana, prima ancora che una marchetta di ausilio alla destra e a danno di PD e Centrosinistra.

La conduttrice ha tentato ripetutamente, senza successo, di chiedergli il perché di quel suo disonorevole venir meno alla parola data, tanto più sbalorditivo e miserevole se si considera, come Annunziata gli ha più volte ricordato, che il documento dell’intesa con il PD, ignobilmente stracciato, l’aveva scritto Calenda stesso quattro giorni prima.
Conclusa l’intervista, grande applauso dal centrodestra, accompagnato da “qui ci vuole un brindisi” scandito a gran voce da Berlusconi. Per cui Taiani e la Fascina, come da mansionario, sono corsi a procurare calici e champagne.
Da indiscrezioni ricevute, sembra che l’ex Cavaliere abbia pure aggiunto che “certi regali vanno ricambiati”, senza che la cosa abbia tuttavia colto un gran entusiasmo da parte dei suoi alleati.

Pare infatti che la cornacchiante Meloni si sia limitata a promettere che prenderà in esame la proposta solo se la generosità di Calenda le avrà consentito di arrivare a capa del Governo (ducia suona male) non in un giorno qualsiasi, ma il 27 o il 30 ottobre, date che segnano rispettivamente due gloriosi centenari: l’inizio della Marcia su Roma e la sua conclusione vittoriosa. Eventi che al solo pensarli fanno inumidire gli occhi a La Russa e che implementeranno ulteriormente la masnada di coglioni a Predappio.

Salvini se l’è invece cavata mugugnando che al massimo potrebbe far dono a Calenda di una ruspante settimana al Papeete, che pagata in rubli gli costerà di meno. Aggiungendo poi che se Berlusconi muore proprio dalla voglia di fare un regalo, allora lo faccia a lui, donandogli una barca come si deve, non come quella con cui l’hanno portato in giro nella sua recente tre giorni a Lampedusa. Dove si era recato in vacanza nella villa di Silvio, fingendo invece di esserci andato per regolare i conti con l’immigrato invasore.

Su questo non si può dargli torto, poiché non è dignitoso che l’ex e – Dio non voglia – futuro Ministro dell’Interno se ne vada per i mari a difendere i confini dell’amata patria a bordo della bagnarola che si vede nella foto, per di più mentre un gabbiano gli vola sulla testa.

Roba che se fosse successo da queste parti, dove il gabbiano lo chiamiamo “cocale” (l’italianizzato “cuchel”, che ha anche il ben noto doppio senso) la didascalia più pertinente sarebbe stata: “Nella foto due cocali. Uno indossa pantaloncini a righe”.

Peccato che l’anno scolastico sia terminato, altrimenti la prova di italiano all’esame di maturità si sarebbe potuta arricchire di un’ulteriore traccia: “Analogie e differenze fra Matteo Salvini e Carlo Calenda”. Agli immancabili titoli incentrati sull’attualità se ne sarebbe così affiancato uno dedicato alla “torvità”. Lo studente avrebbe potuto iniziare il tema ricordando che, pur avendo uno le sembianze del bullo di periferia e l’altro del fighetto pariolino, entrambi hanno però qualcosa di importante in comune: lo smisurato ego.

A seguire, avrebbe poi probabilmente sottolineato come entrambi mostrino spesso l’aria malmostosa di chi abbia la luna di traverso. E qui arriva una seconda differenza: Salvini s’ingrugna quando gli sembra che il mondo, non avendo niente di meglio da fare, ce l’abbia con lui; invece Calenda è perennemente corrucciato, perché è lui ad avercela col mondo.

Al candidato non sarebbe poi sfuggito che quando appaiono in televisione, si capisce bene che nessuno dei due abbia qualcosa di importante da dire. Ma mentre Calenda, quando non sa cosa dire… lo dice bene, Salvini s’invrucchia in quei suoi tormentoni sgrammaticati, dove mescola un po’ di tutto: i figli suoi, i “bimbi” altrui, il cuore immacolato della Vergine Maria, il Santo Padre a cui piacciono le sue “comiche leghiste per la pace”, gli immigrati da maledire e peggio per loro se finiscono in fondo al mare.

Gli esaminandi più attenti avrebbero infine colto e rilevato le due più forti analogie fra Salvini e Calenda.
La prima è che nessuno dei due ha paura della destra. Salvini per l’ovvia ragione che la destra, nonostante lo spazio che gli sottrae l’incedere a passo dell’oca della sempre più ingombrante Giorgia Meloni, è la sua ospitale catapecchia. Calenda perché quando sente parlare del pericolo che un’ampia maggioranza di destra nel prossimo Parlamento possa stravolgere la Costituzione, irride Letta che «voleva rifare il Comitato Nazionale di Liberazione».
La seconda è che entrambi tengono appesi alle pareti della loro “stanza di comando” dei quadri contenenti immagini di personaggi famosi.

Salvini lavora sotto lo sguardo protettivo di Le Pen, Orban, Trump e Putin. Che però toglie in fretta e furia quando sta venendo a riprenderlo la Tv, sostituendoli momentaneamente con un tot di Madonne fornitegli dal Sen. Pillon, che poi manda il suo garzoncello santarcangiolese ad appendergliele.

Calenda non ha invece di questi fastidi, perché i suoi quadri raffigurano un unico personaggio di eccelsa fama: se medesimo.

Nando Piccari

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