‘E’ bravo, sa, ma potrebbe rendere di più’: e così il giudizio si abbassa da “eccellente” a “superiore alla media”. Non è successo ad uno studente, ma ad un militare che però non ha accettato quel giudizio ritenendolo ingiusto e viziato.
Chi infatti lo aveva valutato avrebbe dovuto astenersi dal farlo perchè tra i due c’erano “non meglio precisati contrasti”. E così il protagonista della storia, un Caporale Maggiore Capo dell’Esercito in servizio a Rimini, si è prima opposto con un ricorso gerarchico chiedendo l’annullamento del rapporto che gli assegnava ‘solo’ un “superiore alla media” per circa metà del 2020, e poi al Tar dell’Emilia-Romagna domandando di annullare il rigetto della Direzione generale del personale militare del ricorso gerarchico.
Ma anche qui è stato respinto. L’Esercito, ha motivato quel rapporto “con la flessione del rendimento” ritenendo come il Caporale “‘si sia lasciato andare talvolta in atteggiamenti che offuscano le proprie potenzialità e possibilità di ottenere il rendimento che è lecito aspettarsi da un militare di tale indiscussa esperienza”. E lui andando al Tar ha obiettato che mancava una “congrua valutazione” del suo rendimento e non si capiva da cosa discendesse quel giudizio “non essendo individuati i concreti comportamenti che denoterebbero il peggioramento della performance”. E poi appunto, “sarebbe stato violato da parte del compilatore il dovere di astensione” dal formulare la valutazione per via dei “non meglio precisati contrasti sorti” tra i due.
Ma niente da fare. I giudici gli hanno risposto che è normale che i giudizi possano “variare di anno in anno” e non si può obiettare che è contraddittorio essere “eccellenti” un anno e solo “superiori alla media” quello dopo.
Le valutazioni che determinano il giudizio sul rendimento “sono autonome le une dalle altre”, hanno detto i giudici del Tar: si “riferiscono a momenti particolari e devono limitarsi a riscontrare il comportamento” senza che “possano esaminarsi vicende precedenti oggetto di diversi apprezzamenti confluiti in autonome schede o rapporti informativi”.
Insomma, il ‘voto’ di ieri non vincola il successivo. E poi, ammoniscono i giudici del Tar dell’Emilia-Romagna, “non può ammettersi l’esistenza di alcuna prassi, più o meno vincolante, che possa indurre la Pa a non abbassare le qualifiche finali, stante l’autonomia delle singole schede e dei rapporti informativi”. Una volta diventati ‘eccellenti’ non si mantiene automaticamente quel ‘titolo’.
“L’abbassamento di qualifica – continua la sentenza della prima sezione del Tar che ha chiuso il caso a metà luglio – non deve essere fondato su fatti di particolare gravità, poiché esprime un giudizio che deve solo attagliarsi alla qualità del complessivo rendimento del militare”, “tutte le doti di un militare possono subire un appannamento nel corso del tempo” e le schede di valutazione servono appunto a registrare questi ‘andamenti’.
Insomma, dicono, può succedere. E’ vero poi che le valutazioni sono caratterizzate “da un’altissima discrezionalità”, ma sono sindacabili dal giudice amministrativo solo davanti a “manifesta illogicità” e “difetto di motivazione”, per “macroscopica irragionevolezza e contraddittorietà”. Quindi non il fatto che siano discrezionali li rende ‘attaccabili’, ma spiega la sentenza, “la loro inattendibilità per l’insufficienza del criterio” o per “l’irragionevolezza della valutazione”. E il militare non avrebbe portato ai giudici ‘prove’ di tutto questo.
E gli screzi? Anche qui, la risposta è: può succedere “la mera situazione di conflittualità tra colleghi o con il superiore gerarchico, ove non sfoci in significativi episodi di grave inimicizia, appare del tutto fisiologica e non tale da generare un dovere” di passo indietro da parte del valutatore. E peraltro, nell’ambito dell’ordinamento militare, la rinuncia per “inimicizia-incomprensione” è stata esclusa per “evitare un uso strumentale dell’obbligo di astensione” del valutatore che cozzerebbe con i principi della gerarchia militare.
(Agenzia DIRE)