Chiara Bellini, vicesindaca con delega alle politiche di genere del Comune di Rimini, interviene sugli ultimi tragici eventi avvenuti a Rimini che hanno portato all’ennesimo femminicidio.
“Ogni caso di femminicidio è diverso dall’altro, ma fino a che ci concentreremo nel trovare una ragione soggettiva per questi crimini, come la ‘gelosia’, il ‘raptus’, la ‘lite’, non affronteremo il problema alla sua radice. La violenza di genere è innanzitutto un problema collettivo perché è il frutto di un fattore culturale, che da sempre vede la donna in una posizione subordinata rispetto all’uomo. Questo è il problema più profondo. Oltre a concentrarsi sui casi estremi in cui la donna viene percepita come un ‘oggetto’, occorre allora interrogarsi su come la società nel suo complesso valuti la donna indipendente e autonoma, che decide per la sua vita, che afferma e rivendica scelte di libertà. Generalmente è un giudizio negativo e insofferente. Una donna che semplicemente sceglie di separarsi o perseguire un proprio percorso autonomo nella vita o nella professione è spesso guardata con diffidenza, cosa che avviene raramente per un uomo. Si parte da questa percezione di inferiorità per arrivare alla violenza in tutte le sue forme, e in casi estremi tragicamente al femminicidio. Ma il femminicidio non è che la punta più evidente e drammatica di un iceberg che affonda in un mare veramente profondo. Abbiamo il dovere di riconoscere quella parte sommersa, portarla a galla per distruggerla, e se cercheremo nella ‘gelosia’ la ragione del femminicidio non faremo paradossalmente che nobilitare quel crimine anziché sradicarlo.
Centri antiviolenza e Casa donne