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Missione Ucraina per i Vigili del Fuoco di Rimini: “Carri armati sulla frontiera ungherese”

“Un’esperienza drammatica ma davvero bella, di quelle che ci lasciano tanto dentro”. Anche i Vigili del Fuoco del Comando di Rimini hanno cercato di dare “un proprio piccolo contributo” per affrontare l’emergenza umanitaria del popolo ucraino. Sono partiti da volontari per portare un carico di soccorsi per i profughi che stanno cercando in tutti i modi di uscire dall’Ucraina per rifugiarsi in Europa. Soprattutto medicine, di cui ora c’è più bisogno. E sono tornati in Italia portando con dieci persone; cinque, un’intera famiglia, si fermeranno a Rimini.

Dopo un rapido passaparola tra i colleghi e grazie anche al contributo del Comando, di diversi cittadini ed aziende, lunedì 14 marzo alle 6 di mattina quattro vigili, a bordo di due van carichi di medicinali, materiale di primo soccorso, acqua, alimenti a lunga scadenza e vestiti, sono partiti da via Varisco alla volta di Csenger, piccolo centro ungherese prossimo alla frontiera con l’Ucraina. Un pullmino era quello privato di un Vigile, l’altro messo a disposizione dalla Maestre Pie di Rimini, che hanno supportato tutta l’operazione.

Arrivati a destinazione dopo 14 ore di viaggio, sono stati accolti nella locale caserma dei pompieri, dove hanno passato la notte.

La mattina seguente, accompagnata dal Dr. Jozsef Nota, dirigente del comando provinciale di Fehérgyarmat, la squadra riminese si è recata al centro di prima accoglienza di Tiszabecs, sulla frontiera, e qui ha consegnato tutto il materiale donato e trasportato dall’Italia.

Successivamente si è spostata in un secondo punto di accoglienza più a Nord, a Beregsurany, dove dieci persone appartenenti a tre differenti nuclei familiari attendevano un passaggio verso l’Italia.

“Eravamo a non più di tre, quattro chilometri dalla linea di confine – racconta Davide Venturini, uno dei pompieri riminesi – e abbiamo visto anche i carri armati ungheresi schierati a difesa della frontiera. Ci siamo diretti lì perchè ci avevano infornato che ora il flusso dei profughi si sta spostando sull’Ungheria dopo i bombardamenti russi presso Leopoli, più a nord presso la frontiera polacca”.

Nella terra di nessuno a immediato ridosso del confine il controllo è però dell’Ordine di Malta, sono i Cavalieri a coordinare i flussi e fornire la prima assistenza. Fra mille difficoltà, a inziare dalla lingua.

Prosegue Venturini: “Per fortuna un giornalista ungherese (a destra nella foto in apertura, ndr) parlava sia ucraino che italiano. Quando ha vosto la nostra bandiera e gli abbiamo spiegato che potevamo trasportare delle persone, ha chiesto lui ai gruppi di profughi chi voleva andare in Italia. Fra gli aitra si è fatta avnati una famiglia, una delle pochissime che comprendeva anche un padre. Poi abbiamo capito perchè”. 

L’uomo spiega infatti di avere 62 anni; quindi gli è stato concesso di uscire dal paese perchè non arrualabile, mentre tutti i maschi dai 18 ai 60 anni sono richiamati nell’esercito. “Gli abbiamo chiesto se aveva delle preferenze su una città italiana. Ha allargato le braccia. Non abbiamo più niente, ha detto, non cambia molto. Ma si è preccupato solo di una cosa: che i suoi bambini potessero andare a scuola. Una volta ottenuta la conferma dalle Mastre Pie, lo abbiamo rassicurato ed è venuto con noi”.

E in qualche modo l’uomo ha raccontato la sua odissea. “Per fortuna c’è Google translate – sorride Venturini – ci siamo aiutati con quello, avevamo preparato anche dei cartelli in ucraino usando il traduttore. Loro erano gente semplice, di campagna, nessuno parlava un’altra lingua”.

Quella famiglia, padre, madre e tre figli, aveva fatto un viaggio di oltre 600 chilometri attraversando tutta l’Ucraina. Arrivava da Kirovograd, in una delle province a sud-est di Kiev dove ora infuriano i peggiori combattimenti. Hanno raccontato di essere sopravvissuti per miracolo ai bombardamenti, ma tutto quello che avevano è perduto. Domenica 13 marzo la loro casa è stata distrutta dalle bombe, uccisi o dispersi tutti gli animali che il capofamiglia allevava e che costituivano l’unica forma di sostentamento.

Fra gli altri gruppi in partenza per l’Italia, i Vigili del Fuoco di Rimini hanno visto anche un gruppo di giovanissimi in tenuta sportiva, con tanto di borsoni. “Era la squadra giovanile della Dinamo Kiev, una squadra italiana è venuta a prenderli e ora li ospiterà, assicurando loro anche gli allenamenti”.

Dopo essere stati regolarizzati per l’ingresso nella UE ed essere stati sottoposti a tampone rapido, a bordo dei due pulmini sono saliti la famiglia di Kirovograd e due donne con tre bambine piccole. Queste ultime hanno potuto effettuare un ricongiungimento familiare, una a Trieste e una a Bologna.

Le altre cinque persone sono state accompagnate a Rimini, in una struttura gestita dalle Maestre Pie, che assicureranno loro una sistemazione e l’inserimento a scuola dei tre figli.

La missione dei Vigili del Fuoco riminesi si è conclusa alle 3 di mattina di mercoledì 16 marzo.

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