Si discute da parecchio tempo nel nostro Paese del fatto che molto spesso nel Servizio sanitario vi sia un eccesso di esami diagnostici. E che con una maggiore attenzione da parte dei medici stessi (..e degli utenti stessi a volte), circa un 20% di quegli esami potrebbero essere evitati, con una spesa sanitaria molto inferiore.
Le somme risparmiate potrebbero, a detta di molti osservatori, essere deputate ad esempio all’acquisto di farmaci innovativi, per cui non esistono sufficienti risorse.
E’ un tema che mette in difficoltà sia i medici, che si sentono spesso controllati dai gestori e diventano restii nelle prescrizioni, che i pazienti, i quali in presenza di sintomi o presunti tali si vedono spesso negare degli accertamenti che ritengono fondamentali.
Un bel dilemma quindi, che cercheremo di dipanare.
SE NE PARLA ANCHE NEGLI USA.
Proprio recentemente è stato pubblicato su ‘JAMA Internal Medicine’ (la rivista dei medici di famiglia americani) un articolo in cui si esamina la spesa sanitaria per pazienti con più di 65 anni assistiti da diversi medici fra il 2011 e il 2012, con valutazione dei risultati poi negli anni 2013-14.
E dall’indagine risulta che alcuni medici hanno richiesto per i loro assistiti un numero maggiore di esami, con conseguente maggiore spesa, rispetto ad altri che ne hanno richiesti meno.
Risultava questa spesa maggiore foriera di maggiori risultati? La risposta è NO.
I risultati erano calcolati sulla base di due dati: la mortalità e la percentuale di nuovi ricoveri.E’ emerso che nessuno dei due parametri sono assolutamente in relazione ad una quantità maggiore di esami e di spesa.
Facciamo troppi esami allora?
Ma sulla stessa rivista è comparso pure recentemente un altro articolo dove si afferma che i pazienti assistiti da medici di sesso femminile, presentavano spesso risultati migliori rispetto ai parametri sopra descritti: meno mortalità e meno ricoveri.
Le dottoresse sono allora più competenti rispetto ai colleghi maschi?
Non direi; forse sono però più attente ai pazienti.
NORME TROPPO PERENTORIE SONO PERICOLOSE.
Comunque, appare chiaro che sull’argomento degli esami da prescrivere a fini diagnostici occorre intervenire per rendere la spesa sanitaria più appropriata.
Ed è quanto anche Ministero e Regioni stanno facendo.
Ma al di là delle differenze fra Regione e Regione, che pur andrebbero analizzate, va subito sottolineato che appare ‘pericoloso’ imporre delle norme troppo perentorie: lo abbiamo detto in precedenza, i medici possono sentirsi intimoriti nella prescrizione degli esami e i pazienti spesso incontrare difficoltà a farseli prescrivere.
Quali sono allora i cardini di un corretto comportamento?
Sostanzialmente sono tre :
- aumentare la cultura dei medici
- adottare regole con una certa flessibilità
- monitorare la situazione
AUMENTARE LA CULTURA MEDICA.
Ritengo che questo sia l’elemento fondamentale. Un medico che conosce e si aggiorna richiede esami con maggiore attenzione e maggiore precisione.
I protocolli e le linee guida servono, ma vanno sempre letti alla luce della conoscenza e dell’esperienza sul campo.
Ma per l’esercizio della cultura professionale medica occorre applicare un’arte fondamentale: quella dell’ascolto del paziente e della visita in ambulatorio.
Ascoltare con attenzione, mettere del tempo a disposizione del paziente, raccogliere la sua storia, sono le tappe fondamentali per conoscerlo: la tecnologia deve essere al servizio di questo atto fondamentale nella medicina e non deve assolutamente sostituirlo.
Se non si ascolta il paziente con attenzione, se non lo si visita in ambulatorio, allora si può cadere nei due eccessi, la iperprescrizione o la mancata prescrizione di esami diagnostici.
E’ forse proprio per questo che il medico donna raccoglie migliori risultati: perché è più attenta e dedica più tempo alla visita.
ADOTTARE REGOLE CON FLESSIBILITA’.
I protocolli di comportamento fabbricati dagli amministratori a tavolino, se troppo rigidi diventano a mio parere deleteri.
La clinica è spesso complessa e variegata, mal si adatta a eccessive rigidità.
Ritengo che lasciare ai medici una certa flessibilità e libertà di azione rappresenti una scelta saggia.
Meglio agire con Linee guida, protocolli di comportamento flessibili, piuttosto che troppo rigidi. Questi ultimi portano a disamorare dalla conoscenza e costruiscono nel medico una mentalità meccanicistica.
IL PROBLEMA DEI COSTI VA MONITORATO.
Gli esami esami e i loro costi devono essere attentamente monitorati. Oggi con la tecnologia informatica è assolutamente possibile farlo ed eventuali eccessi possono essere corretti. Si può infatti, per esempio, rilevare subito se viene prescritta una percentuale di colonscopie – ma vale per qualsiasi altro esame – molto superiore alla media.
Solo questo metodo analitico e conoscitivo, con una comparazione fra diverse situazioni, può permettere il miglioramento.
LA MEDICINA DIFENSIVA.
Molti attribuiscono l’aumento degli esami all’applicazioni di criteri di medicina difensiva. Cioè, il medico richiede parecchi esami per mettersi a riparo da eventuali contestazioni del paziente anche a livello giudiziario.
Personalmente ritengo che questo atteggiamento sia di per se stesso legato a un atteggiamento di scarso ascolto del paziente: se sai ascoltare il paziente, se sei attento ai problemi, nella maggior parte dei casi il paziente stesso ti segue nelle indicazioni che poni.
ASCOLTARE E ANCORA ASCOLTARE.
Dunque la richiesta eccessiva di esami va certamente corretta, ma con buon senso e senza burocratismi.
Devono essere implementata la conoscenza e la cultura generale, in particolare dei medici, devono essere costruite Linee guida e protocolli ma con caratteristiche flessibili.
E devono essere evitate procedure troppo rigide e vincolanti: andrebbero contro l’interesse dei pazienti.
Ma, soprattutto, i medici devono tornare – se non lo facessero – ad ascoltare i pazienti con attenzione e a visitarli in ambulatorio.
Alberto Ravaioli