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A Rimini una mostra per conoscere la verità su Rom e Sinti: “Nei campi? Solo il 25%”

Nella sola notte del 2 agosto 1944 i nazisti uccisero 2.897 fra donne, uomini e bambini rom e sinti dello Zigeunerlager di Auschwitz-Birkenau. I popoli nomadi dovettero contare più di mezzo milione di morti nei campi di sterminio d’Europa e anche loro, assieme a Ebrei, omosessuali, oppositori politici, sono ricordati il 10 febbraio Giorno del Ricordo. Un Olocausto che in lingua romanì si chiama Porrajmos: “devastazione, grande divoramento”.

Dopo la Seconda Guerra mondiale le stragi sono cessate, ma i rapporti con le popolazioni locali sono riamsti difficili, anche per la scarsa conoscenza della realtà: per esempio, non è certo molto noto che in Italia solo il 25% di Rom e Sinti vive nel degrado dei campi nomadi, per i restanti tre quarti hanno casa e sistemazione.

Propio per saperne di più. ora arrva una mostra multimediale, per combattere la discriminazione e favorire l’inclusione di Rom e Sinti nelle Comunità locali. Si terrà il 21 febbraio 2022 a Rimini l’evento di inaugurazione dell’esposizione “Romanipen: Identità e Storia della Cultura romanì”.

La conferenza di lancio, dal titolo “In viaggio verso l’inclusione” si terrà presso la Parrocchia S.Agostino, in via Cairoli 36 a Rimini, dalle ore 17 alle 19.  L’evento si terrà in presenza; sarà disponibile a breve il collegamento per la partecipazione online.

Rašid Nikolić, abile marionettista e fervente attivista della cultura Rom, ne è direttore: nel suo curriculum ci sono la fuga dalla guerra di Bosnia, l’esilio già da bambino come rifugiato politico a Berlino, poi gli anni più belli dell’infanzia passati in un campo nomadi di Torino, fino al compimento degli 8 anni.
I Rom che non ti aspetti – le storie
Lo stesso Rašid racconta: «Ho iniziato la scuola con un anno di ritardo e passavo gran tempo dell’orario scolastico a dormire appoggiato al banco. Nessuno mi seguiva durante le lezioni».
«Di quel periodo ricordo la disattenzione degli insegnanti, la mancanza di mezzi e strumenti, l’abbandono a me stesso. Cercavo di allinearmi alla sensazione di sentirmi italiano e nello stesso tempo ricercavo la mia identità». E il cambio di vita radicale: «Poi siamo stati inseriti in un alloggio di emergenza abitativa, e di lì in una casa di edilizia popolare. Con l’ingresso in appartamento sono cresciute le pressioni dei miei genitori che volevano integrarsi e che riponevano in noi figli grandi aspettative».

La potenza evocativa dei racconti di Rašid fa il paio con un’esperienza di vita che tanto ha da insegnare, sul tema dell’integrazione. Si rivolge ad insegnanti, ai rappresentanti delle istituzioni e all’opinione pubblica: «Abitare in un campo non è facile per la frequenza scolastica. E’ vergognoso vivere senza luce, acqua, servizi. E’ rimanere il bambino zingaro con tutti i pregiudizi che ti porti dietro e dentro».
La mostra, inserita nel progetto Latcho Drom finanziato dal Right Equality and Citizenship Programme (2014-2020) dell’Unione Europea, è pensata per contrastare la discriminazione e favorire l’inclusione di Rom e Sinti nelle Comunità locali.
Il percorso, proposto dalla Comunità Papa Giovanni XXIII che è capofila del progetto, vede la partecipazione fra gli altri di Rambo Bologna Halilovic. Anche lui ha vissuto l’esperienza di una infanzia vissuta in un campo nomadi; poi ha avuto l’opportunità di venire accolto in una comunità d’accoglienza e poi in una famiglia. Ora è laureando in Scienze dell’Educazione a Torino ed opera nei quartieri più fragili della città insieme alle associazioni di volontariato e all’Ufficio diocesano per la Pastorale dei Migranti.
La mostra
Fra gli altri contributi al progetto si segnalano quello di Paolo Bonfanti per il materiale audiovisivo; Le illustrazioni sono di Zeljko Nikolic e di Ilaria Brotto, la progettazione grafica è di Ilaria Brotto su testi gentilmente concessi da Santino Spinelli. Fra le opere: l’installazione di una bandiera Rom cucita dal pubblico, firmata da Ivana Nikolic.

L’esposizione resterà aperta al pubblico fino al 26 febbraio, dalle 14 alle 19.

Si affianca ad attività laboratoriali nelle scuole, a misure per l’accesso scolastico, a corsi di formazione per operatori del settore e a strumenti di sostegno per la regolarizzazione dei titoli di soggiorno di persone appartenenti al popolo Rom.

Il programma dell’inaugurazione del 21 febbraio
Ore 17; Kristian Gianfreda, assessore del Comune di Rimini: apertura dei lavori.
Ore 17,15; Matteo Drudi e Natascia Mazzon, Comunità Papa Giovanni XXIII: il Progetto Europeo Latcho Drom.
Ore 17,45; Rašid Nikolić, curatore della mostra, e Rambo Bologna Halilovic: Riflessioni sull’identità Romanì.
Ore 18,15;  Lucia Sandiano: Riflessioni sull’antiziganismo.
Ore 18,30; Giorgio Bezzecchi: L’importanza della partecipazione attiva.
Modera Elena Gattafoni.
Spiega Natascia Mazzon della Comunità Papa Giovanni XXIII, curatrice del progetto insieme a Lucia Sandiano: «Circa il 25% della popolazione Rom e Sinta in Italia vive nel degrado, mentre il restante vive regolarmente in abitazioni o situazioni autonome. Eppure il mondo mediatico tende ad enfatizzare le dinamiche delle fasce marginali, lasciando credere che Rom sia sinonimo di persona restia a qualsiasi percorso di inclusione. È la stessa esistenza dei campi a creare l’emarginazione sociale. Con questo percorso presenteremo storie ed eventi che mostreranno quanto di buono fiorisce in questa cultura e tradizione tanto straordinaria quanto sconosciuta. Camminare insieme, al fianco del popolo Rom, è possibile».

L’accesso ai locali espositivi seguirà le normative in vigore legate all’emergenza sanitaria Covid-19.

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