Chi siete?
Siamo più di 170 giovani Medici di Medicina Generale, condividiamo idee, e abbiamo scelto nella nostra vita di fare il medico di famiglia.
Cosa denunciate?
Le condizioni impossibili in cui siamo costretti a lavorare e le continue critiche portate avanti non solo da televisioni e social, ma sempre più spesso anche dai nostri assistiti.
In queste ultime ondate Covid abbiamo appreso le novità sulle procedure attraverso le dichiarazioni di qualche politico su Facebook, facendoci passare come inefficienti.
Non è possibile che qualunque interlocutore (Ufficio d’Igiene, 1500, CUP, datori di lavoro, per citarne solo alcuni) a domanda del cittadino risponda “CHIEDA AL SUO MEDICO DI BASE”. Tutte queste incombenze inutili ci tolgono tempo per la nostra attività clinica: un esempio fra tutti dover trascrivere certificati INPS a fronte di provvedimenti di isolamento già protocollati. Le altre patologie, diverse dal Covid, non sono sparite, ma rischiano di passare in secondo piano, e il nostro compito di medici disatteso, nostro malgrado.
Per dare due numeri, da circa due anni ogni medico di famiglia gestisce da 80 a 120 contatti al giorno, un aumento di 3-4 volte le richieste abituali.
Quindi volete dire che non siete responsabili del default della medicina territoriale che la gente lamenta?
Siamo stati e continuiamo ad essere accanto alla popolazione, impegnati nel dare risposte alla gente, anche di fronte a comunicazioni spesso caotiche e fumose.
Siamo stati trattati come marionette in balia di un’orda di pazienti giustamente confusi, spaventati, allarmati, invischiati in difficoltà burocratiche. E alla fine siamo diventati capri espiatori, un vecchio tappeto di casa da buttare, sotto cui nascondere la polvere: ossia tutti i compiti NON svolti dalle istituzioni, e riversati su “ i medici di base”.
Come si prospetta il futuro per la medicina del territorio?
Probabilmente la storia riconoscerà che la medicina del territorio non è costituita da lavativi e ciabattini, ma è IL presidio sanitario per eccellenza, che può arginare il dilagare della crisi di un Sistema Sanitario certamente insufficiente e impoverito. Se dovessimo mollare, si scatenerebbe il caos sociale. Ma non è pensabile per noi continuare a lavorare in queste condizioni, ormai siamo stremati.
Pensiamo al disastro che aspetta la Sanità Italiana Pubblica tra pochi mesi, allora le lamentele per la fila al telefono saranno ricordate con nostalgia. Forse ci si può salvare da questo futuro dove la medicina generale rischia di sparire, ma solo attraverso una efficacissima collaborazione fra medici e assistiti.
Com’è stato possibile che sia accaduto questo?
Se vuoi affossare gente brava e lavoratrice, dipingendo una categoria come lavativa, la metti in condizioni di non farcela, creando aspettative nella popolazione che non possano esser attese. La medicina generale viene continuamente provocata per produrre una reazione veemente, ma noi restiamo al nostro posto. I media ci descrivono come lobby cattiva, ma noi difendiamo i cittadini!
Inoltre noi medici di famiglia abbiamo tantissimi pazienti, ma non sempre per nostra scelta: alcune Ausl hanno imposto lo sblocco del massimale (passare da 1500 a 1800 pazienti) per carenza di medici di medicina generale, quindi possiamo ritrovarci a dover assistere più pazienti di quanto abbiamo scelto.
La gente conosce davvero il lavoro del medico di famiglia?
Siamo una intera categoria che lavora per la maggior parte della giornata in maniera invisibile. Nessuno conosce cosa significhi davvero fare il medico di famiglia.
Non lo sa il governo, che vorrebbe imporci la dipendenza, pensando che sia la soluzione a tutti i problemi, mentre a conti fatti servirebbero il doppio dei medici per fare il lavoro che facciamo noi ora.
Non lo sanno le Regioni, che ci comunicano le loro decisioni tramite Facebook, e che ci attribuiscono compiti che esulano dalla nostra disciplina, le stesse Regioni che per anni hanno formato troppi pochi medici in Medicina Generale, senza tener conto della già nota carenza che si sarebbe riscontrata a partire dal 2020.
Non lo sa l’opinionepubblica, in particolare modo la televisione che ci dipinge come nullafacenti da 15 ore di media a settimana, e lo ignorano completamente alcuni programmi televisivi “di inchiesta” che continuano a diffondere notizie false e denigratorie sulla nostra professione.
Non lo sa la gente, che, persa nella confusione di questo momento, pensa che il proprio medico di famiglia sia di proprietà esclusiva, ad uso personale, sempre disponibile, sempre reperibile, 24h 7/7, ma non siamo un call center e, se il medico non risponde a queste aspettative, lo aggredisce e ahimè in alcuni casi lo minaccia.
Le incomprensioni con gli assistiti sono per lo più generate delle false aspettative.
Quale proposta avete per riorganizzare i vostri ambulatori?
Per riorganizzare completamente un ambulatorio a fronte di una Sanità e una società così profondamente mutate ci vogliono cambiamenti importanti. Innanzitutto è fondamentale per il bene del cittadino che venga recuperato un vero rapporto di fiduciarietà (cioè che il cittadino possa esprimere la scelta del medico e non se lo ritrovi assegnato come in ospedale), così come il rapporto convenzionale (da dipendenti non saremmo liberi nelle nostre scelte cliniche), e la capillarità e prossimità ai cittadini (non nascosti in cattedrali sanitarie).
E’ necessario snellire subito la burocrazia a favore dell’assistenza. I medici devono operare in gruppi organizzati, e non più in studi singoli, con un triage infermieristico, dobbiamo implementare i già esistenti ambulatori dedicati per patologia cronica con una organizzazione e spazi dedicati (diabete, ipertensione/scompenso, bronchite) oltre che collegamento diretto con gli specialisti. Pensare ad una organizzazione ambulatoriale per la presa in carico di problemi emergenti non programmabili. Possiamo dotarci di una diagnostica di primo livello disponibile in studio, implementare la telemedicina e i teleconsulti con gli specialisti, oltre che strutturare una gestione diretta del servizio infermieristico domiciliare.
Non sono cose che si possono organizzare autonomamente, ci vuole un livello normativo che manca totalmente, nonostante i sindacati medici vadano in questa direzione da anni.
In definitiva, ce la faremo?
In questi due anni di pandemia non abbiamo mollato mai, abbiamo mantenuto la nostra attività clinica abituale e abbiamo assorbito con infinte ore di straordinario (sempre gratuite) i compiti propri di altri servizi. Noi tutti siamo specialisti poiché abbiamo affrontato un corso di formazione specifica in medicina generale (che andrebbe riconosciuto a livello universitario) che ci prepara ad essere specialisti della persona inserita nel territorio.
Noi Medici di Famiglia di domani abbiamo la responsabilità di aiutare il legislatore a sviluppare un sistema coordinato ma autonomo delle cure primarie, dimostrando alle Regioni quello che la medicina generale già sa fare, e fa, e cosa può fare ancora.
Noi non abbiamo paura, anzi siamo affascinati dal cambiamento che ci attende, a patto di esserne protagonisti. La voce di chi conosce il territorio, la nostra voce, va ascoltata.
Il cambiamento inizia da qui.
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