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Riccione. I Trampolines non sono abusivi, così ha sentenziato il Consiglio di Stato

Tutto regolare la realizzazione del ristorante Trampolines  e di un albergo a Riccione. Lo ha stabilito una sentenza del Consiglio di Stato che annullato una sentenza del Tar del 2019.

Tutto ha inizio con l’attuale sindaco Renata Tosi, che dai banchi dell’opposizione nel 2010, decise di far partire una inchiesta della magistratura e i controlli da parte dell’amministrazione comunale sull’intervento edilizio di ricostruzione del ristorante i Trampolines  e di un albergo a Riccione. Renata Tosi affermava, allora, come le cubature accordate non fossero conformi ai regolamenti dell’Amministrazione Comunale di Riccione. La parte penale si era conclusa con la piena assoluzione, in sede processuale, dal reato di abuso d’ufficio di Guglielmo Zaffagnini ex dirigente all’urbanistica del Comune di Riccione. Rimaneva aperta la parte amministrativa.

Infatti, a seguito degli esposti di Renata Tosi, l’ufficio tecnico comunale procedeva con i controlli al cantiere di costruzione dell’albergo e del ristorante i Trampolines nel 2010. Dalla relazione dei tecnici sono state rilevate numerose irregolarità.

In particolare:

  1. esubero del volume di progetto pari a mc. 756,19 determinato dall’applicazione dell’indice fondiario (5 mc/mq.) sull’intera superficie del lotto di proprietà anziché sulla superficie del lotto di proprietà ;
  2. mancato rispetto delle distanze minime dai confini.
  3. non soddisfacimento degli standard dei parcheggi privati (mancano 20 posti auto);
  4. Sono rilevate altre irregolarità che riguardano alcuni parametri di costruzione, l’occupazione di un’area pubblica, la mancata piantumazione di nuovi alberi.

A fronte di queste irregolarità e successivamente ad una sentenza del Tar il Comune di Riccione, riteneva di dover procedere all’annullamento del titolo edificatorio nel 2017.

Contro il provvedimento del Comune di Riccione la società Trampolines ha fatto ricorso al Tar. I giudici amministrativi avevano rigettato il ricorso con sentenza pubblicata il 1 marzo 2019.

Ora la conclusione con una sentenza definitiva.

Secondo i giudici del Consiglio di Stato le verifiche svolte durante il grado di giudizio hanno evidenziato, “l’assenza delle ‘macroscopiche illegittimità’ riscontrate dal Comune.”

Più in particolare scrivo i giudici nella sentenza:

  1. a) in relazione al calcolo dell’asserito maggiore volume assentito, è emerso che non è stata calcolata correttamente l’area destinata a viabilità, e che non risultano agli atti documenti relativi all’acquisizione della stessa area da parte dell’Amministrazione comunale, sicché l’area in questione, allo stato e sulla base delle risultanze processuali, non pare riguardata da vincolo di inedificabilità e da conseguente riduzione della porzione rispetto alla quale applicare l’indice di fabbricabilità rispetto alla superficie intera del lotto;
  2. b) in relazione alla distanza minima del confine di proprietà, è risultato che le distanze minime dai confini di proprietà sono state tutte sostanzialmente soddisfatte, tranne alcuni scostamenti che tuttavia potrebbero essere diversamente valutati dal Comune, tenendo conto della natura dell’area ovvero della necessità degli allineamenti degli edifici;
  3. c) in relazione alla dotazione dei parcheggi, è emerso che lo scostamento in difetto ha caratterizzato il permesso di costruire in un momento antecedente alla variante urbanistica, salvo poi sostanzialmente essere conforme alla previsione successivamente entrata in vigore;
  4. d) in relazione alla quota di realizzazione del solaio di copertura, è risultato, per un verso, che il solaio del corpo interrato non fuoriesce oltre il metro dal piano di campagna, mentre, per un altro verso, è emerso che la realizzazione a quota diversa rispetto a quella prevista dal regolamento comunale sia stata effettuata sulla base delle indicazioni fornite dagli stessi Uffici comunali (“Visto il N.O. dell’Ufficio Ambiente n. 88/2009 con il quale si autorizza la monetizzazione del verde, non è dovuto quanto previsto dall’art. 3.2.3 comma 8 del RUE vigente ossia la realizzazione della soletta di copertura dell’interrato che fuoriesce dalla SA.N.F.T ad almeno 1,00 ml. sotto la quota del piano stradale”);
  5. e) in relazione alla struttura fonoassorbente e al rispetto del parametro di visuale libera, è emerso che i panelli fonoassorbenti posti in adiacenza alle apparecchiature meccaniche rispettano la visuale libera, mentre a non rispettarla è la sola struttura metallica realizzata con la finalità di schermare le apparecchiature meccaniche, e ciò soltanto sul fronte di via Milano; peraltro, lo scostamento è risultato lieve, perché la struttura è posta a circa 5,47 metri, anziché a 6,74 metri; ad ogni modo, è anche emerso che l’attuale regolamento non prevede più la suddetta prescrizione.

 

In definitiva, l’appello è accolto e, in riforma dell’impugnata sentenza, sono annullati i provvedimenti impugnati, e segnatamente sia l’annullamento in autotutela del permesso di costruire, sia i provvedimenti interdittivi dell’esercizio delle attività economiche, essendo venuto a mancare il presupposto logico-giuridico sulla base del quale i medesimi atti erano stati emanati, ovverossia la avvenuta perdita da parte del fabbricato dell’attitudine ad essere utilizzato a fini commerciali in dipendenza della caducazione retroattiva del titolo edilizio abilitante.

Dopo oltre 10 anni dalle denunce dell’attuale sindaco renata Tosi (allora all’opposizione) non risultano particolari irregolarità amministrative e tanto meno reati penali. L’avvocato che ha difeso la proprietà è Luigino Biagini con la consulenza tecnica dell’ingegnere Ermete Dalprato.

La sentenza del Consiglio di Stato

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