Due interessanti pronunce sul tema concessioni demaniali marittime. Due recenti sentenze (Tar Campania 911/2017 e Consulta 40/2017) intervengono nuovamente sul delicato e interessante tema della Concessioni Demaniali Marittime a scopo turistico ricreativo, contribuendo anch’esse, secondo i rispettivi ambiti di competenza, a delineare a livello giurisprudenziale la morfologia giuridica di una materia non ancora disciplinata organicamente a livello legislativo.
Con la prima sentenza, il TAR Campania (Sezione Settima) ha affrontato il ricorso di una società titolare di una concessione demaniale marittima, rilasciata dalla Giunta Regionale Campana ( dal 01.01.1999 al 31.12.2002), avente ad oggetto la gestione di un’ attività di ristorazione e di stabilimento balenare su un’area di mq 1.368,00 nel Comune di Pozzuoli.
La società ricorrente ha impugnato “ il provvedimento di decadenza “ della concessione n. 289/99 che ordinava “ l’ immediata restituzione dei beni demaniali previo ripristino dello stato dei luoghi, sulla scorta di un presunto contrasto con il diritto comunitario delle previsioni di legge in tema di proroga automatica delle concessioni demaniali marittime” .
Il TAR Campania ha accolto il ricorso non assestandosi sulla linea difensiva del Comune di Pozzuoli.
In primo luogo ha ritenuto il provvedimento di decadenza in contrasto con un precedente giudicato intervenuto sul punto: già con sentenza n. 4514 del 26.09.2013 la stessa sezione si era espressa accertando con efficacia di giudicato la legittima proroga sino al 2020 della concessione sulla base della successione di norme da ultimo l’ art. 34-duodecies D.L. 179/2012. Il TAR Campania aveva già deciso la stessa situazione ( stesso provvedimento di decadenza, stesso ricorso, stesse parti e stesso rapporto giuridico oggetto al
suo esame ) e nell’ odierna sentenza ha sancito “ che il cosiddetto effetto conformativo si estende anche all’ obbligo degli uffici comunali di adeguarsi ai canoni di legittimità della precedente pronuncia giurisdizionale evitando di rimettere in questione situazioni ormai consolidatesi ”. In buona sostanza ha configurato la violazione del giudicato in quanto il nuovo atto (provvedimento
di decadenza del 2016) riproduce gli stessi vizi già censurati in sede giurisdizionale con la sentenza del 2013.
Allo stesso tempo, il TAR Campania, pur ribadendo in conformità della recente decisione della Corte di Giustizia UE sez. V, 14.07/2017 n. 458, l’incompatibilità delle proroghe automatiche ai principi UE da verificarsi in ragione dell’ interesse transfrontaliero certo di ogni singola concessione, ritiene tale valutazione omessa nel caso di specie dal Comune di Pozzuoli il quale, ad adiuvandum delle ragioni difensive della ricorrente, avrebbe anche posto in essere comportamenti contraddittori riconoscendo, di contro la proroga
per altri casi. Allo stesso tempo i giudici partenopei ritengono di trarre dalla sentenza della Corte di Giustizia un altro importante principio: “che per le concessioni risalenti nel tempo, quando ancora non poteva parlarsi di interesse transfrontaliero certo e di obblighi di trasparenza, la risoluzione di siffatte concessioni sia corredata da un periodo transitorio che permetta alle parti di
sciogliere i rispettivi rapporti contrattuali a condizioni accettabili dal punto di vista economico” .
Seconda sentenza
Con la seconda pronuncia la Consulta, nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 8 e 9, della legge della Regione Puglia 10 aprile 2015, n.17 (Disciplina della tutela e dell’uso della costa), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 12-16 giugno 2015, depositato il 15 giugno 2015 ed iscritto al n. 63 del registro ricorsi 2015, dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 14:a) comma 8, secondo periodo, e b) comma 9, della legge della Regione Puglia 10 aprile 2015, n. 17 (Disciplina della tutela e dell’uso della costa);
Con la censura del primo comma la Consulta conferma che per il rilascio di nuove concessioni (in tal senso Consiglio di Stato, sezione sesta, 28 gennaio 2014, n. 432, con riferimento alla variazione del titolo concessorio), legittimamente la legge reg. Puglia n. 17 del 2015 prescrive, correttamente, il ricorso a procedure di evidenza pubblica, non previste, invece, dalla seconda parte del comma impugnato, che appunto dispone la destinazione diretta di tali aree alla variazione o traslazione dei titoli concessori in contrasto con il PCC (piano comunale delle coste).
Il mancato ricorso a procedure di selezione aperta, pubblica e trasparente tra gli operatori economici interessati determina, dunque, un ostacolo all’ingresso di nuovi soggetti nel mercato, non solo risultando invasa la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., ma conseguendone altresì il contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., per lesione dei principi di derivazione europea nella medesima materia (sentenze n. 171 del 2013, n. 213 del 2011, n. 340, n. 233 e n. 180 del 2010).
Quanto al comma 9 dell’art. 14 della legge reg. Puglia n. 17 del 2015, esso prevede che «il PCC , nelle disposizioni transitorie volte a disciplinare le modalità di adeguamento dello stato dei luoghi antecedenti alla pianificazione, salvaguarda le concessioni in essere fino alla scadenza del termine della proroga di cui all’articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n.194, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, salve leesigenze di sicurezza».
Secondo il ricorrente (Presidenza del Consiglio-Avvocatura di Stato) , tale disposizione avrebbe introdotto una proroga di concessioni demaniali in scadenza, con invasione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza e lesione dei principi pro-concorrenziali di derivazione europea. La questione è stata ritenuta fondata, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
Con riferimento alla fase transitoria di adeguamento dello stato dei luoghi preesistente alla nuova pianificazione, la disposizione in esame impone di «salvaguardare le concessioni in essere», fino alla scadenza del termine della proroga fissata dall’art. 1, comma 18, del d.l. n. 194 del 2009, come convertito e successivamente novellato, e, dunque, fino al 31 dicembre 2020.
Essa è testualmente riferita a tutte «le concessioni in essere» e si applica, perciò, sia alle concessioni già assentite alla data di entrata in vigore del d.l. n. 194 del 2009, come convertito e successivamente modificato, sia alle concessioni rilasciate successivamente, incluse quelle conseguenti alla «variazione o traslazione dei titoli concessori in contrasto con il PCC», di cui alla seconda parte del precedente comma 8 del medesimo art. 14 della legge regionale.
Il contenuto precettivo della disposizione impugnata è dunque volto a stabilire, per tutte le concessioni menzionate, una scadenza comune, individuata in quella fissata dal legislatore statale in sede di proroga disposta con l’art. 1, comma 18, del d.l. n. 194 del 2009.
Tuttavia, la disciplina dei termini di scadenza delle concessioni demaniali marittime incide sull’ingresso di altri potenziali operatori economici nel mercato e rientra nella materia «tutela della concorrenza» (sentenze n. 171 del 2013, n. 213 del 2011, n. 340, n. 233 e n. 180 del 2010). E la Corte ha già chiarito (sentenza n. 49 del 2014) che in materie di competenza esclusiva dello Stato, come quella ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., sono «inibiti alle Regioni interventi normativi diretti ad incidere sulla disciplina dettata dallo Stato, finanche in modo meramente riproduttivo della stessa (sentenza n.245 del 2013, che richiama le sentenze n. 18 del 2013, n. 271 del 2009, n. 153 e n. 29 del 2006)».
Proprio con riferimento alle concessioni già in essere alla data di entrata in vigore del d.l. n. 194 del 2009, la costante giurisprudenza costituzionale (da ultimo, sentenza n. 195 del 2015) afferma che la novazione della fonte, con intrusione negli ambiti di competenza esclusiva statale, costituisce causa di illegittimità costituzionale della norma regionale (sentenza n. 35 del 2011), derivante non dal modo in cui essa ha disciplinato, ma dal fatto stesso di aver disciplinato una materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato (sentenza n. 18 del 2013).
Ancora più evidente appare la violazione del parametro costituzionale ricordato nella parte in cui il comma 9 dell’art. 14 della legge reg. Puglia n. 17 del 2015 si applica anche alle concessioni rilasciate successivamente alla data di entrata in vigore del d.l. n. 194 del 2009. La disposizione regionale riconduce, infatti, la scadenza ad un termine di nuovo conio, individuato per relationem in quello contenuto nella legge statale. In tal modo risultano prorogate concessioni che di una tale proroga non avrebbero potuto beneficiare, poiché la disciplina statale è relativa alle sole concessioni già in essere alla data di entrata in vigore del d.l. n. 194 del 2009.
Già con la sentenza n. 213 del 2011, del resto, questa Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittime norme regionali che indicavano lo stesso termine di proroga fissato dal legislatore statale, applicandolo tuttavia a fattispecie diverse da quelle disciplinate da quest’ultimo.
Roberto Biagini