I.P.
Il dollaro americano è uscito vincente dal mese di settembre 2021 e sta consolidando i suoi guadagni in questa prima parte del mese di ottobre. Prendendo come parametro di riferimento il Dollar Index, dal primo settembre 2021 la crescita è stata del 2% con guadagni che sono andati dal 1% rispetto al dollaro neozelandese fino al 6% rispetto al real brasiliano. Solo la triade di commodity currency corona norvegese, dollaro canadese e dollaro australiano ha guadagnato terreno rispetto al biglietto verde grazie a un rally notevole dell’intero mondo delle commodities.
Ma cosa possiamo aspettarci dal dollaro nelle prossime settimane e quali sono le motivazioni che stanno alla base del recente rafforzamento?
La quasi certezza che la Federal Reserve entro la fine dell’anno avvierà il cosiddetto tapering, ovvero la riduzione degli acquisti di obbligazioni sul mercato cominciata a marzo 2020, rappresenta un punto a favore del dollaro.
Quanta liquidità in meno Powell deciderà di fornire al mercato è tutto da verificare, e proprio su questo si concentrano le aspettative (e le scommesse) degli operatori del mercato forex. Dai verbali dell’ultimo meeting della FED è emersa proprio la quasi certezza di questo processo che nelle stime dei banchieri centrali americani dovrebbe terminare entro la metà del 2022.
L’appuntamento con il FOMC del 3 novembre è quindi particolarmente sentito da operatori ancora sorpresi da un dato di inflazioneche nel mese di settembre ha fatto registrare numeri particolarmente consistenti. Un +5,4% nella componente globale rispetto a settembre 2020, e soprattutto un +4% nella componente core depurata dai più volatili prezzi di energia e prodotti alimentari, fanno sospettare che la FED potrebbe anticipare la manovra di rialzo dei tassi alla fine del 2022.
Questo significherebbe maggior forza di dollaro soprattutto verso quelle valute rappresentative di politiche monetarie ben lontane da una fase “hawkins” nella politica monetaria come la zona Euro e il Giappone.
Non a caso i tassi a 2 anni dei titoli di stato americani sono risaliti sopra lo 0,35%, quelli decennali sopra l’1,6% nella settimana che si è chiusa il 15 ottobre.
“Il differenziale tassi a 2 anni con Germania e Giappone ha raggiunto il suo punto massimo di questa fase ciclica di ripresa economica”, osserva Giuseppe Marino, l’autore del blog di trading eurusd.it. “Inevitabile quindi che il mercatopreferisca posizionarsi lungo di dollari americani”.
Se le politiche monetarie di paesi concorrenti come Euro e Yen non sembrano rappresentare una minaccia per le valutazioni del dollaro, solo un peggioramento economico improvviso causato da una persistenza dell’inflazione combinata a uno scarso attivismo della FED potrebbero costringere gli operatori a cambiare atteggiamento verso il biglietto verde.
In conclusione possiamo dire che la scommessa crescente del mercato di un rialzo nei tassi americani anticipato a causa di un’inflazione tuttora sopra al 4% appare sostenibile. Nel breve periodo un eccesso di sentiment positivo verso il dollaro da parte degli operatori più speculativi e delusioni che potrebbero arrivare dal meeting di novembre della FED, rappresentano le criticità più alte per la sostenibilità del rialzo del dollaro.