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Clay Collerà, il profeta del frisbee: “Al Paganello la festa per i primi 60 anni del disco volante”

Se volessimo partire da lontano, ci sarebbero a cominciare i lanciatori del disco del Peloponneso. Stando al passato più recente, bisogna risalire alle teglie circolari per crostate prodotte da una ditta statunitense (Frisbie Pie e Co), utilizzate dagli studenti del New England come passatempo agli inizi del XX secolo, fino ad arrivare Warren Francisconi e Walter Morrison, americani anche loro, che misero a punto nel 1948 il Flying Disc, prodotto poi in serie nel 1957.

Sì, stiamo parlando del frisbee. Sport, spettacolo, stile di vita. Come spesso accade in tutti gli sport, prima si inventa il mezzo con cui giocare, e poi il gioco con le sue regole. Così grazie a David Leiwant, uno studente della Columbia University, e a un gruppo di ragazzi che si lanciavano un disco a Vicenza, è stato creato il gioco del Frisbee come lo intendiamo oggi. Che a Rimini, fra le prime città in Italia, ha messo le radici alla fine degli anni ’70 grazie a un gruppo di ragazzi.

Fra i pionieri, il milanese Valentino Di Chiara e a Claudio “Clay Collerà”, riminese oggi 61enne , un autentico fuoriclasse del Frisbee, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. E fra le tante manifestazioni, il Paganello di Rimini richiama ogni anno migliaia di appassionati da ogni parte del mondo.

clay che vola 2

“Clay”, cosa l’ha affascinata nel frisbee? 

«Questo sport mi ha subito catturato dal 1978, data in cui ho cominciato a giocare con l’idea chiara che questo sarebbe diventato uno sport a tutti gli effetti. Prima avevo fatto tanta attività sportiva, passando dal calcio alla atletica leggera e il baseball, anche con ottimi risultati, ma mi mancava qualcosa. Avevo 22 anni è questa cosa l’ho cercata in uno sport emergente».

È uno sport o più una forma di spettacolo?

«Il frisbee ha due valenze fondamentali: la prima è puramente tecnica, legata al volo che si produce con un lancio dell’attrezzo frisbee, la dinamica di volo e di sospensione sono uniche; così si possono creare delle situazioni di gioco incredibili, impensabili, mai viste con altri attrezzi quali la palla o clavette o altro. In tutte le 10 discipline riconosciute del frisbee, il volo è una costante imprescindibile; è grazie al volo che, ad esempio, nel freestyle, si possono fare figure acrobatiche, piroette, capriole, ruote, salti mortali, tuffi e ricevere immediatamente dopo il disco in controllo sulla punta dell’unghia o in presa: una sensazione unica ed entusiasmante. Ancora oggi, a distanza di 40 anni, questo volo e questi decimi di secondo a disposizione per muoverti prima della ricezione, mi sorprendono e mi entusiasmano. Mi pare ancora di essere un bambino alle prime armi con in mano un gioco che gli fa scoprire di non avere limiti».

E l’altra valenza?

«E’ semplicemente il bellissimo ambiente che globalmente e magicamente si è cristallizzato attorno al mondo del frisbee. Non è retorica: il frisbee è stato sempre simbolo di pace, di condivisione e di fair play. Questi valori originari si sono miracolosamente conservati. I principi dei padri fondatori, il simbolismo e la tenacia da duri e puri che tutto l’ambiente ha protetto, ci hanno consegnato uno sport pulito, Nel frisbee vive davvero lo spirito olimpico. Ad esempio, nella disciplina dell’ultimate esiste da sempre il terzo tempo, ovvero il cerchio finale delle due squadre in cui si condividono i momenti della partita, si discute si dà onore ai vinti e vincitori. Grazie alle semplici regole e allo spirito del gioco, non ci sono arbitri chiamati a giudicare l’operato delle squadre: sono gli stessi giocatori che secondo i principi del fair play chiamano una infrazione o un fallo subito e lo fanno sapendo che tutto l’ambiente giudicherà la buona fede del gesto. Così non si vedono simulazioni, forzature per condizionare l’arbitro. Semplicemente perché l’arbitro non c’è!».

clay1 by roberto mignanego

Quante discipline esistono nel Frisbee?

«Le discipline sono molteplici: da quelle individuali, come i lanci in distanza a boomerang (distance –mta), corse campestri di 1000/1500 metri nei parchi con passaggi obbligati (discathon), oppure una sorta di tennis a coppie con due dischi (double disc court). Poi c’è il Frisbee Gol, dove si lancia il frisbee incesti in acciaio come bersaglio e percorsi obbligati. E ancora, le discipline a squadra ultimate, dove due squadre si affrontano ed il punto si ottiene con un passaggio completato con presa in meta. Esiste anche il Guts, dove lo scopo è quello di realizzare un lancio contro la squadra avversaria in linea, in modo tale che non possa afferrarlo, lanci mirabolanti oltre i 110 km all’ora con prese d’acciaio e cooperazione nella ricezione. E per finire il freestyle sport street acrobatico tra team formati da due o tre giocatori che si affrontano, presentando una routine di gioco di 4/5 minuti i cui fattori di giudizio si imperniano su esecuzione, difficoltà e impressione artistica degli esercizi presentati».

Si registrano molti record in queste discipline?

«Per i giochi individuali ci sono record registrati e riconosciuti dalle federazioni di specialità. Per le discipline a squadra le federazioni tengono aggiornati regolamenti e modalità operative, quindi per tutto questo lavoro ed impegno, sommato alle valenze atletiche tecniche e di coordinamento che ha il mondo del frisbee sportivo, affermo senza dubbio che è uno sport a tutti gli effetti. Si sommano poi anche i connotati di spettacolo quando si arriva ad alto livello e i gesti atletici diventano veramente funamboliche. Questo succede soprattutto nel freestyle, dove si arriva all’essenza del gioco, all’apice di tecnica, fantasia e creatività. Abbiamo veri e propri show in cui c’è sempre agonismo tra i team, ma in più si vedono azioni tra la danza moderna, la ginnastica ritmica ed il corpo libero».

Collerà, questo sport fa parte della sua vita?

«Assolutamente sì, fa parte della mia vita. Il Frisbee mi è entrato dentro quando avevo 22 anni ed ora che ne ho 61 è ancora tanto presente in me, da essere un pilastro che mi sostiene».

6116 clay is ready by Arthur Coddington

Si può dire che lei sia stato uno dei pionieri che ha portato questa pratica sportiva in Italia?

«Sì sono stato un pioniere. Nei primi anni ’70 hanno ci fu l’antesignano, come si definisce ancora lui, Valentino De Chiara, ormai ultra settantenne, che portò questa ventata di America dai parchi dell’Università di Berckeley: dalla baia di San Francisco alla periferia di Milano. Dopo questo primo germoglio è arrivata la lungimiranza di Franco Figari, verso la fine degli anni ’70, un altro milanese doc che oltre al gioco ha compreso a fondo la valenza del frisbee come sport e assieme a me ha creato la prima bozza di federazione italiana, affiliata alle federazioni americana e mondiale. La denominazione è poi divenuta Federazione Italiana del Fliyng Disc (FIFD). Nei primi anni ’80 abbiamo vissuto però la crisi del movimento e il dissolversi della spinta. Nel 1982 sono rimasto solo, ma da quel momento è scattato in me il desiderio di non perdere tutte le esperienze meravigliose vissute in giro per l’Europa e negli USA. Ho cercato, nel territorio riminese, persone che potessero condividere con me questo sogno. Ho cercato di fondere il gioco con la musica e la voglia di vivere al porto di Rimini, sulla spiaggia  e sul piazzale per tutte le stagioni: dall’inverno all’estate. Per anni abbiamo giocato in questo paradiso, prima in pochi e poi con un gruppo sempre maggiore, grazie ai tanti giovani anch’essi catturati dalla magia del frisbee. Successivamente la città ci ha riconosciuti e ha capito che eravamo un modello alternativo di vita, di costume e di sport. Eravamo qualcosa che dava colore e voglia di fare anche al resto della comunità. Questo è un riconoscimento che ancora sento vivo in tante persone che apprezzano questa piccola e pacifica rivoluzione».

Si è mai sentito il Lionel Messi o il Cristiano Ronaldo del Frisbee?

«Dopo anni di gavetta a perfezionare stile e creare squadre in grado di giocare con onore in Italia e all’estero, posso affermare che di gloria e successi ne ho raccolti parecchi. Nel gioco a squadre ho conquistato 12 titoli italiani consecutivi, vinti tornei europei in Germania, Francia e Austria. Sono partito da solo e per arrivare a livelli ottimi e ho dovuto lavorare sodo, non avevo modelli da seguire. Non c’erano youtube, facebook e altri modi di informarsi o guardare esempi di altri, come ora. A 40 anni ho deciso di seguire la mia vera vocazione: il freestyle. Sembrava una scelta di fine carriera, ma per me è stata una scelta di vita. Ho continuato a lavorare sul mio corpo e sulle tecniche, e dopo tanti bei podi mondiali ed europei, a 52 anni ho vinto il primo titolo mondiale, poi replicato altre due volte a 54 e 56 anni. Oltre a questo ho messo in bacheca 9 titoli europei e tanti tornei sparsi per il mondo. E poi show in televisione, tour estivi con marchi prestigiosi e un po’ di teatro e discoteche. Direi che il mondo del frisbee mi riconosce come un vero ambasciatore nel mondo e io gliene sono veramente grato per tutto questo».

In quanti praticano attualmente questo sport? Esistono molte società in Italia? A Rimini e in Romagna, per esempio, quante se ne contano?

«Ora, grazie al lavoro e di chi mi ha seguito, si è creato un movimento enorme di praticanti. Possiamo stimarne 3000 attivi in italia, con tante realtà in altrettante città italiane, tornei che coprono tutto il calendario solare. Poi ci sono i campionati nazionali, i ritiri per la nazionale italiana per le diverse categorie e i vari appuntamenti europei e mondiali. A Rimini abbiamo oltre 200 praticanti tra squadre giovanili e maggiori tutte unite nella libera società del frisbee (www.lsdf.it), nome questo che è stato mantenuto da sempre a partire dalla sua fondazione nel 1988 a casa mia, insieme a mia moglie Lui Tasini e i miei compagni di vecchia data Fabrizio “Bibo” Rosa, Donatella Cardelli, Giuseppe Carpi e Andrea Balducci. Una buona tradizione si trova anche a Forlì con il Team 45 giri, a Faenza tanti giovani fortissimi e spiragli di inizio a Ravenna e Cesena».

Areldos.Clay 2 by Simona Soldera

Sono più le donne o gli uomini che giocano a frisbee?

«E’ uno sport equo anche in questo e rispetto ad altre discipline le molte donne che lo praticano sono tantissime. Esistono molti tornei in cui uomini e donne giocano assieme soprattutto, nel gioco a squadre dell’ultimate (tornei coed)».

Avrebbe mai pensato che questo sport potesse avere così tanto successo in Italia?

«lo sempre creduto fermamente è ho lottato perché questo avvenisse. Ho trovato dei ragazzi meravigliosi che hanno lottato con me e ci hanno creduto. Insieme abbiamo realizzato un sogno!».

Appenderà mai il Fresbee al chiodo?

«Sì, direi che ormai il tempo è arrivato e a breve dirò addio a questo mondo. Ma se il corpo e lo spirito me lo permetteranno continuerò in gran segreto a giocare sulla riva del mare di una spiaggia, preferibilmente semi deserta, con un vento dolce capace di guidare ancora per una volta il mio frisbee».

E anche quest’anno il week-end di Pasqua Rimini sarà presa d’assedio dai dischi volanti del Paganello, la Coppa del Mondo di Beach Ultimate, ovvero il frisbee giocato sulla sabbia. Si potrà assistere anche ad esibizioni di giocatori di freestyle provenienti da tutto il mondo, la spettacolare e originale disciplina del frisbee a tempo di musica.
Sarà un’edizione rinnovata, in occasione del 60esimo anniversario dalla nascita del frisbee.
La kermesse mondiale del frisbee si aprirà la sera del venerdì 14 aprile con il tradizionale Welcome Party sulla spiaggia, per chiudersi lunedì 17 aprile con le finalissime della World Beach Ultimate Cup.

Nicola Luccarelli

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