Il terzo e ultimo appuntamento della prima serie di UNICUM Racconti al Museo curata da Massimo Pulini per il Museo della Città di Rimini, riguarda la gemma più preziosa del ciclo di mostre che traggono racconto da una sola opera d’arte.
Non è solo il nome di Guido Reni (Bologna 1575-1642), genio assoluto e principe della pittura italiana del Seicento, ad essere il più famoso della terna, ma è la suprema bellezza e l’importanza del dipinto da poco ritrovato, a indurre la riscrittura di un’intera pagina di storia dell’Arte.
Con l’individuazione degli Amori in gioco del giovane Guido Reni, dovuta allo stesso curatore, è possibile comprendere che agli esordi del XVII secolo il grande pittore bolognese aveva gettato le premesse di un genere, quello dei giardini d’Arcadia, che i manuali di storia a metà del secondo decennio e riferiscono a Francesco Albani (Bologna 1578-1660).
L’opera ha trovato conferma documentaria negli inventari secenteschi della collezione romana del Cardinale Odoardo Farnese, componente di una delle famiglie più illustri, strettamente legata alle maggiori figure artistiche tra Cinque e Seicento.
Il Cardinale Odoardo Farnese
Gli Amori in gioco sono una sottile e raffinatissima elegia che ci parla allo stesso tempo di Natura e di Mito, ma attraverso una costellazione di scherzi, affettuosità e bisticci tra le presenze infantili dell’Olimpo il quadro allestisce una sottile metafora sull’Amore giovanile. Gli unici due adulti di questo algido Paradiso terrestre quasi non si vedono, nascosto nelle frasche si scorge un fauno che cerca di incantare una ninfa con la musica. Gli amanti maturi non vengono visti dagli Amori nuovi, questa forse è la sottile metafora di un dipinto che le fonti ci ricordano come copertura allegorica di un ritratto di dama della famiglia Farnese.
Il dipinto venne eseguito da Guido Reni intorno all’anno 1600 e si ricollega, nel suo stile terso e cristallino, con un’altra recente scoperta, un giovanile Ballo campestre, da poco acquisito dallo stato italiano e posto presso la Galleria Borghese di Roma.
Il Museo di Rimini ospita dunque, a partire dalle ore 18 del 10 settembre 2021 e per due mesi, una gemma giovanile, preziosa e finemente lavorata, che ci informa di una ricerca innovativa messa a punto da Guido Reni, ma in seguito abbandonata, che verrà ripresa quindici anni dopo e fatta propria dall’amico Francesco Albani.
Ingresso libero.
info:
orario:
da martedì a venerdì ore 9.30-13 e 16-19;
sabato, domenica e festivi 10-19;
chiuso lunedì non festivi.