“Il sindaco facente funzione di Sant’Agata Feltria, Franco Vicini, è venuto in Provincia – racconta il presidente Riziero Santi – per rappresentarmi un pensiero di Guglielmino Cerbara, sindaco scomparso di recente a seguito di una grave malattia. Il pensiero che ‘Mino’ non ha fatto in tempo a concretizzare riguarda la valorizzazione del sentiero della memoria della strage fascista di Campo del Fabbro, ultimo avamposto emiliano-romagnolo nei pressi di Tavolicci, frazione di Verghereto, ritenuto nascondiglio dei partigiani. Questa terra di confine fra Toscana, Marche e oggi Emilia-Romagna, durante l’ultimo conflitto mondiale fu teatro della feroce e cieca rappresaglia dei fascisti e dei tedeschi che trucidarono uomini, anziani, donne e bambini, distrussero l’intero centro abitato causando un gran numero di feriti. Abbiamo il dovere della memoria e io sento anche l’impegno morale di dare concretezza al pensiero di Mino e di Franco Vicini che oggi ha preso il testimone. Ecco perché la Provincia affiancherà il Comune di Sant’Agata Feltria, e la comunità della Valmarecchia, nel progettare un intervento di valorizzazione della tappa di Campo del Fabbro del sentiero della memoria, che si estende da Tavolicci a Ca’ Sem e a Casanova fino a Campo del Fabbro, oggi nella Provincia di Rimini”.
Il sindaco di Sant’Agata Feltria Vicini ha “molto apprezzato l’iniziativa della Provincia che consentirà di concretizzare il progetto di Mino e di ricordare così le vittime dell’eccidio, cosa finora mai successa. Come Comune abbiamo già asfaltato il tratto di strada in località Rivolpaio e speriamo quindi nell’allacciamento con il sentiero per consentire la visita alla fattoria di Campo del Fabbro. Ringrazio il presidente Santi, a nome anche della nostra comunità, per la sensibilità dimostrata e restiamo in attesa di poter esaminare insieme i dettagli dell’intervento”.
Come ricorda l’Istituto Storico di Forlì-Cesena, il 22 luglio del 1944 si consuma presso il piccolo e isolato borgo di Tavolicci la “strage più raccapricciante e numericamente più consistente della Romagna”: 64 persone, di cui 19 sotto i 10 anni, vengono trucidate dal IV Battaglione di volontari di polizia italo-tedesca.
Dopo aver massacrato gli abitanti di Tavolicci e Ca’ Sem, i militi proseguirono per Campo del Fabbro dove risiedeva la famiglia di Fortunato Zanchini. La casa era stata frequentata dai partigiani. Gli abitanti, avvisati da Maria Gabrielli e ormai consapevoli del pericolo, si erano allontanati. Gli uomini furono chiusi nelle stalle. Uno cercò di fuggire, ripreso fu torturato e ucciso nello stalluccio dove la famiglia teneva la cavalla. Gli altri furono uccisi a gruppi di tre, sei nelle due stalle delle mucche, gli altri tre nella cantina.
Le modalità con cui furono uccisi gli uomini di Tavolicci denota una buona conoscenza da parte degli uccisori delle loro vittime. Il genero di Fortunato Zanchini, Amedeo Sartini padre di due delle bimbe sopravissute Adriana e Maria, soleva dire che avrebbe voluto morire in una botte di vino, quando fu ucciso fu messo sotto la botte del vino col rubinetto aperto, l’uomo messo nella stalla della cavalla aveva passione per tali quadrupedi, uno particolarmente religioso fu composto nella posizione della preghiera. Una conoscenza approfondita tanto da far sospettare che autori della strage degli uomini di Tavolicci non siano stati i poliziotti del IV Battaglione di volontari della polizia italo tedesca, ma i fascisti locali.
Nel 1995 il ritrovamento del cosiddetto “armadio della vergogna”, oltre 695 fascicoli inerenti le stragi fasciste e naziste, occultati nello scantinato della Procura militare di Roma, porta alla tardiva riapertura delle indagini sulle stragi. In questo clima di rinnovato interesse, Marco Renzi rintraccia il fascicolo processuale di Tavolicci e la Procura militare di La Spezia riapre le indagini. La constatazione della morte di tutti gli imputati porta all’archiviazione dell’indagine.