Il sindaco di Rimini Andrea Gnassi interviene sulla situazione politica nazionale e in particolare sulla crisi del Pd;
“Il PD non è nato per sintetizzare le grandi culture politiche provenienti dal passato. O contenerle in forma di correnti (Pci/ Ds – Dc / Margherita). Ma con un cammino lungo alle spalle e grandi alvei politici culturali del paese, il Pd nacque al Lingotto con Veltroni per fare un partito del tutto nuovo per identità politica e nuovi pezzi di società. Un partito per stare nella modernità, saldo nelle radici e nel campo riformatore, ma capace di innovazioni coraggiose. Oggi siamo a quel punto decisivo, forse mai compiuto”.
E Gnassi prosegue:
“Non è superata la sinistra, i suoi valori, le ragioni per cui è nata. Ma che cos’è oggi fare qualcosa di sinistra? I paradigmi ideologici e le storiche categorie della sinistra sono in grado di rispondere alla modernità? Pensare di fare qualcosa di sinistra con l’utopia di un generico slogan del tipo ‘riparliamo al nostro popolo’ è una non risposta. Non c’è un popolo, gli “operai Findus”, i “moderati Findus” ceti sociali surgelati da scongelare e a cui parlare alla bisogna. Trump non ha sfondato in Stati operai tradizionalmente democratici? Non è da vent’anni che gli operai al Nord che votano Lega? Oggi c’è una società mutevole e neanche liquida, ma iper gassosa. Che cresce su povertà e disoccupazione e spesso si fa opinioni al massimo su un titolo di giornale, un fake su facebook”.
Secondo il sindaco di Rimini, per il futuro del Pd bisogna guardare proprio dalle nostre parti:
“Oggi la divaricazione è quella tra esclusi e inclusi, in varie accezioni, trasversalmente alle appartenenze politiche: la tecnologia che elimina lavoratori, le guerre che spingono l’immigrazione, la stessa immigrazione che produce paure, istinti, muri; uno stato sociale statale che non regge più alle nuove povertà. Gli esclusi sono trasversali e il populismo, il ‘trumpismo’ e il ‘lepenismo’ colpiscono e parlano a destra e a sinistra indifferentemente. Tutta la sinistra, il campo delle culture liberal democratiche riformiste, no. Dunque o il progetto riformista è radicale o non è. Il Pd o è radicale di fronte alla radicalità dei temi e alla ‘gassosità’ della società o lascia il campo alla destra. Rimini può essere un esempio di scuola”.
“Nel 2011, all’inizio del primo mandato – è la spiegazione – ci furono spinte anche nel PD per rallentare, se non fermare del tutto, la radicalità di un progetto che superava il modello di sviluppo dei 70 anni precedenti. La necessità di imporre una svolta ambientale – le fogne, il no ai project sul lungomare, la variante anti cemento – definiì però il nostro agire e l’identità nuova aderente alla modernità del PD di Rimini”.
Ma perché?
“Il cemento per pochi (inclusi) negava il progetto di una città per tanti (esclusi). Non abbiamo genericamente parlato a un ‘popolo’ che non c’era, ma interpretato i bisogni di una società nel pieno di una crisi enorme. E davanti a temi tanto imponenti, l’unica risposta che ci sentimmo di dare era la radicalità, il cambiamento, un progetto di città e non il traccheggiare con estenuanti mediazioni. Abbiamo cercato la profondità là dove la politica, oggi, pensa conveniente solo imbracciare la velocità. Non basta un tweet, la velocità, oggi su questo terreno è più veloce il trumpismo”.
Occorre dunque “coraggio”:
“Ad esempio, torniamo a parlare di nuovo stato sociale. A dare risposte ai nuovi bisogni e povertà che esplodono non può esserci solo lo Stato, perché non ce la fa. E’ un problema strutturale. Uno stato sociale di comunità. Con un condominio solidale di periferia, dove si fa la spesa per persone con bisogni speciali, assistendo anziani e madri sole, dividendo le spese. Con l’obbligo per le multinazionali che partecipano ad appalti pubblici di assumere giovani disoccupati e madri sole o il modello tedesco Audi-Ducati sui contratti di lavoro che contengono anche il welfare per gli operai. Il coraggio di parlare di redistribuzione della ricchezza; si tassano gli operai,ma non si chiede/impone un reinvestimento di utili nel nostro Paese a quelle imprese che utilizzano i robot che producendo il triplo espellono gli stessi operai”.
E Rimini ancora una volta insegna:
“La radicalità del progetto (mobilità, nuovi servizi sociali, ambiente, cultura) ha parlato non a un popolo surgelato, ma a una pluralità di cittadini singoli, alcuni dei quali guardavano anche ai 5 Stelle. Questo ha determinato la proposta politico-amministrativa con un PD perno del progetto riformatore che si allarga a sinistra e con coraggio curiosità e sguardo a un civismo che condivide il progetto. La novità è qui: la sfida è nel “possedere” la vocazione maggioritaria di un’idea di società/città moderna equa e includente.E non un partito/contenitore maggioritario che vuole solo governare. Le sconfitte in Emilia Romagna, anche sul nostro territorio, arrivano quando non è chiaro il progetto riformatore radicale, l’idea di società e città; non bastano gli accordi elettorali firmati con questo o quello, l’autosufficienza o il fare in purezza. Purezza di chi?”.
Dunque l’idea è: il PD a Roma come il PD a Rimini?
“Meglio dire: il PD non può ricominciare rifugiandosi in categorie che non esistono nella società di oggi. Esistono valori eterni, ma vivono solo grazie al coraggio di interpretarli in modo contemporaneo. Un esempio? La sicurezza delle persone non è di destra. Bene Minniti. Ti do accoglienza e diritti ma non a chi sgarra o a chi non si vuole integrare”.