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Federconsumatori: sposarsi ai tempi del Covid-19

Durante la pandemia sono molte le attività che si sono dovute arrestare, tra queste rientrano anche le cerimonie sia religiose che civili.
La pandemia da Coronavirus ha cancellato i matrimoni e con essi il fatturato delle imprese del settore che in Italia si aggira sui 15 miliardi di euro l’anno, con 83mila aziende coinvolte e 1 milione di lavoratori dell’indotto.
Questo stop ha colpito, oltre a tanti artigiani, anche i liberi professionisti, lavoratori stagionali come: stilisti, truccatori, parrucchieri, camerieri, chef, fioristi, fotografi, videomaker, musicisti, animatori e attrezzisti. 
La ripresa delle cerimonie quest’estate sembra ancora incerta e sono poche le coppie che stremate da tutti questi cambiamenti hanno deciso di convolare a nozze quest’anno rispettando i limiti di capienza e le norme di sicurezza dettate dall’ultimo DPCM.
Ma come si può arginare il danno da evento saltato?
Per i matrimoni ed i ricevimenti che si sarebbero dovuti celebrare nei mesi in cui l’emergenza sanitaria era nel pieno della sua evoluzione e diffusione gli interessati possono invocare l’applicazione dell’art. 1256 c.c., ai sensi del quale l’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile.
È possibile invocare, inoltre, l’art. 1463 C.C., il quale stabilisce che nei contratti con prestazioni corrispettive la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta, non può chiedere la controprestazione, ed è tenuta a restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito ex artt. 2033 e ss. C.C.
Un’attenzione particolare riguarda invece la caparra richiesta per l’organizzazione delle nozze se è “confirmatoria”, il ristorante può agire per il risarcimento del danno, oltre ad incamerare la caparra ex art. 1385 C.C., purché però lo dimostri, per esempio provando che ha già sopportato delle spese o che ha dovuto rifiutare un’altra prenotazione per la data concordata con i nubendi. Per legge il contratto deve stabilire che andrà restituito il doppio della caparra se è il ristoratore a rinunciare al servizio: qualora questa previsione non fosse riportata, la disdetta sarà gratuita anche per gli sposi.
Se, invece, la causale del bonifico è semplicemente “cauzione”, “anticipo”, “acconto” e simili, allora la somma dovrà essere restituita ai nubendi.
Vige inoltre un altro istituto civilistico che consente ai futuri coniugi di godere di tutela e si tratta della disciplina della “presupposizione” non rinvenibile nel Codice Civile, ma esistente in dottrina dagli anni trenta, si tratta dell’evento futuro ed incerto taciuto dalle parti ma dato per presupposto, da cui dipende l’efficacia del contratto ed il cui verificarsi è indipendente dalla volontà dei contraenti. Si applica quindi l’art. 1463 del C.C. se l’oggetto perde di interesse per uno dei due contraenti si può ricorrere all’impossibilità sopravvenuta e all’inesigibilità secondo il criterio di buona fede ex articoli 1175 e 1375 C.C. I nubendi potranno chiedere la risoluzione del contratto e resistere alla pretesa dell’altra parte all’ adempimento della controprestazione, oltre che a pretendere da quest’ultima la restituzione delle somme eventualmente corrisposte a titolo di acconto. 
Ci auguriamo che anche questo settore riprenda a pieno regime, e che tutti i futuri consorti possano coronare al meglio il grande giorno tanto atteso.

                                                                                            

Realizzato da dott.sa Yuliana Trengia, consulente Federconsumatori Rimini. Realizzato con i fondi del Ministero Sviluppo Economico. Riparto 2020.

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