Umberto Farneti scrive all’Anpi di Rimini per ripensare la contrarietà alla collocazione della statua di Giulio Cesare in Piazza Tre martiri
“On.le Consiglio Direttivo dell’ANPI di Rimini,
a proposito della posizione assunta da codesto consesso nei confronti della richiesta, che proviene da gran parte della città, di ricollocazione della statua di Giulio Cesare in piazza Tre Martiri, quale semplice cittadino, amante della sua città e rispettoso delle sue istituzioni, e che condivide gli ideali di libertà e di democrazia propugnati dalla Resistenza, cui si richiama codesta Associazione e che aderisce , sostiene e porta avanti altresì, nel contempo e fortemente, le legittime e giuste richieste avanzate da gran parte della cittadinanza di restituzione della statua in questione alla città, mi permetto di rappresentare quanto segue.
A modesto avviso del sottoscritto occorre, innanzitutto, fare chiarezza sul fatto che, anche se certamente sappiamo tutti che esistono tutt’ora dei nostalgici del Duce e di quel periodo, nessuno di coloro che ora chiedono che si arrivi finalmente a restituire alla città questa statua dopo 70 anni, caduti e definitivamente il fascismo ed il comunismo, nessuno ripeto intende minimamente toccare o riferirsi alla storia ed alla tragedia dei Tre giovani Martiri cui la piazza è ora intitolata, che restano certamente, in ogni caso, una delle pagine più dolorose e gloriose della nostra storia.
La piazza infatti, ovviamente, dovrà restare intitolata ai Tre Martiri e si tratterà semplicemente di restituire finalmente alla città quel bell’esemplare di statua in bronzo, importante e, forse l’unica, di cui la città dispone e che di fatto è comunque un pezzo della sua storia, e di collocarla in bella vista per il legittimo orgoglio ed il piacere di poterla ammirare, dei riminesi e di tutti i turisti che visiteranno la città.
Affermato quindi e sottolineato con forza che la richiesta che ora si avanza non può e non deve essere, assolutamente, fraintesa ed erroneamente assimilata agli i scontri ideologici, del resto ormai definitivamente superati dagli eventi e dalla storia, si deve in particolare riconoscere e ritenere come effettivamente del tutto assurda ed infondata la pretesa di non volere riconoscere un fatto elementare e cioè che la consegna avvenuta a suo tempo di questa statua è stata e deve essere intesa non come un dono personale di Mussolini fatto ai fascisti riminesi ma, correttamente, quale è stata e non poteva essere diversamente, un atto pubblico, ufficiale, una concessione del Governo dello Stato italiano di allora alla intera città di Rimini
Penso altresì che anche chi non ha vissuto personalmente i momenti tragici di una guerra civile, ma ne ha avuto notizia dalla testimonianza diretta di chi le ha vissute in prima persona, non possa comunque cadere nell’abbaglio di considerare un fatto così elementare e banale quale è questo del recupero di una semplice statua, anche se pervenuta alla città in quei tempi ed in quel modo particolare, tale ed in condizione di potere addirittura essere contrapposto ed avere un significato solo lontanamente paragonabile alle vicende drammatiche e tragiche di una guerra civile ed inoltre in grado di potere ferire il ricordo della testimonianza eroica offerta con il sacrificio della propria vita dai nostri tre giovani martiri, che ripeto costituiscono una delle pagine più dolorose e gloriose della nostra storia cittadina.
Ritengo, infine, che occorra tenere presente e considerare, inoltre, che mentre la Resistenza è patrimonio di tutti gli italiani e non solo della sinistra, volere considerare la richiesta del recupero di questo bene alla città come una offesa fatta alla memoria dei Tre giovani Martiri e quindi implicitamente, incredibilmente, a tutta la Resistenza, si finirebbe davvero per arrivare all’assurdo giacchè, addirittura, sarebbe come ritenere la gran parte della cittadinanza riminese che ora dissente come “fascista”, attribuendo così anche, tra l’altro, alla ridotta schiera dei nostalgici il merito di essere gli unici ad avere a cuore il patrimonio storico della città.
Confidando che codesto Direttivo vorrà prendere nella debita considerazione le argomentazioni ora esposte, mi pregio porgere distinti saluti.”
Umberto Farneti