Dura presa diposizione di un gruppo di medici di base contro i luoghi e la deformazione della realtà da parte di alcuni organi d’infromazione
Buongiorno siamo un gruppo di medici della provincia di Rimini ed abbiamo letto con ovvio disappunto l’articolo apparso il giorno 6 marzo alla pagina 5 del resto del Carlino nazionale a firma del signor Raffaele Marmo relativo all’impegno dei medici di famiglia ed alla loro remunerazione.
Premessa: quando un medico partecipa ad un congresso, deve subito chiarire eventuali motivi di conflitto di interesse.
Chiediamo se il signor Raffaele Marmo che firma l’articolo, sia lo stesso signor Marmo fondatore di una piattaforma/ start-up che vende o sponsorizza polizze sanitarie integrative o qualcosa di simile.
Ovvio che se così fosse, il confronto per noi perderebbe ovviamente ogni di interesse.
Veniamo all’esame dei contenuti dell’articolo stesso che, se lo riterrete giusto e soprattutto vero, speriamo abbia la stessa enfasi e gli stessi caratteri cubitali che sono stati riservati al pezzo a firma del signor Marmo.
Ma iniziamo dal definire chi siamo noi medici di famiglia, e soprattutto chi siamo stati e siamo nell’ultimo anno.
Non siamo né supereroi né eroi; siamo donne e uomini, siamo madri e padri, siamo figlie e figli, ed abbiamo sacrificato famiglie e amici, perché tra ambulatorio in presenza, visite domiciliari ed attività da casa (no solo disponibilità, ma attività) tutti i santi giorni esercitiamo la nostra professione, da oltre un anno, ben oltre l’impegno orario ed i nostri doveri stabiliti dalla convenzione.
Tra di noi abbiamo conosciuto un’altissima percentuale di caduti, perché così vanno chiamati le Colleghe ed Colleghi, che sono morti a causa di questo virus, o che sono stati provati da lunghi periodi di malattia.
Siamo stanchi, molto stanchi, anche se non pubblichiamo le foto dei nostri visi solcati dalle impronte delle mascherine.
Siamo stanchi che chiunque, di qualsiasi ente o di qualsiasi azienda, quando non sa cosa dire o cosa rispondere al cittadino, l’unica frase che quest’ultimo si sente pronunciare è sempre la stessa: “senta con il suo medico”.
Siamo stanchi di sentire parlare di protocolli che non verrebbero applicati sul territorio, anche perché sono protocolli strani che più che elencare ciò che si può fare, ci dicono cosa non fare e non prescrivere. Ufficialmente sul territorio oltre il paracetamolo, il brodo di pollo, la pacca sulla spalla ed un attento monitoraggio, c’è qualcosa di certo, ufficiale, realistico e univoco relativamente all’uso del cortisone? Dell’azitromicina? Dell’eparina basso peso molecolare?
Ma tra noi ci confrontiamo quotidianamente e ci assumiamo un carico di lavoro e di responsabilità che va ben oltre ciò che prevedono i contratti o perfino ben oltre lo spirito di servizio, il senso del dovere, ed andiamo avanti, per i nostri pazienti e per la nostra onorabilità.
E non facciamo ciò per un’onorificenza o una pubblica gratitudine, ci è sufficiente il rapporto di stima con i nostri pazienti; ma certamente se non lo facciamo per le pubbliche lodi, certamente abbiamo deciso di dire basta al pubblico ludibrio.
Tornando all’articolo di stampa per cui siamo qui a chiedere lumi, l’introduzione dell’articolo onestamente ci pare più un pallido e vano tentativo di non far sobbalzare dalla sedia qualsiasi medico di famiglia che lo vada a leggere, cercando di indorare una pillola che difficilmente possiamo definire commestibile.
A nostro modesto avviso, pur non essendo giornalisti, il bisogno di chiarezza avrebbe imposto di citare precisamente le fonti che stanno alla base delle conclusioni e non rimanere al riparo della vaghezza di “..testimonianze di cittadini e famiglie, ma anche indagini realizzate sul campo…”; d’altronde anche i tutori dell’ordine non prendono in considerazione le denunce anonime.
Oppure in caso di pessimo rapporto dell’estensore dell’articolo con il proprio sanitario, sarebbe stato meglio che lo stesso con esso si chiarisse, ma così si è preferito non fare.
Certamente non sarà, ma se si confermasse un qualsiasi conflitto di interessi, ripetiamo tutto assumerebbe un altro odore, un pessimo odore.
Altro errore che secondo noi non sarebbe mai da commettere, è quello di fare di tutta un’erba un fascio, anche se un albero che cade fa più rumore di una foresta che cresce e fa vendere più copie.
TAMPONI. Forse se il giornalista in questione avesse conosciuto quali erano le regole di ingaggio dello Stato con i medici di famiglia, ossia sottoporre a tampone rapido le persone già in quarantena per liberarle dalla stessa, forse non si sarebbe stupito che il numero di quelli eseguiti fosse inferiore a quelli eseguiti presso i “drive-through” (“drive in” sono così chiamate le postazioni nel Lazio, regione in cui si trova Roma, città da cui pare scrivere il giornalista) luoghi in cui vengono sottoposti a tampone le persone sintomatiche per la prima volta, controlli per cessazione di quarantene ed isolamenti.
Nei laboratori privati e nelle farmacie si effettuano tamponi seri, ma per la “curiosità” del Paziente, come una qualsiasi altra prestazione che il cittadino vuole eseguire a pagamento.
Dove starebbe lo scandalo?
VACCINI. “…si spera che …”. Cosa spera? I vaccini non ci sono! Noi medici di base abbiamo già dato prova di una ottima efficienza, ad esempio nella campagna vaccinale antinfluenzale dell’autunno 2020, in Emilia-Romagna noi medici di base abbiamo in un paio di settimane vaccinato quasi 1.200.000 persone.
Invitiamo ancora una volta il signor Marmo a descrivere la propria esperienza diretta oppure a recarsi regione per regione, AUSL per AUSL al fine che il proprio riassunto sia preciso e risulti il più possibile corrispondente alla realtà.
Quando questi benedetti vaccini ci verranno dati e se verremo sgravarti di una burocrazia elefantiaca e vischiosa, daremo l’ennesima prova di quale efficienza siamo capaci.
ORARIO. Stigmatizzi tranquillamente i fannulloni, se ci sono, ma abbia il coraggio di indicarne nome e cognome, e, ripetiamo, non faccia un’offensiva “di tutta un’erba un fascio”. I computer non mentono relativamente all’impegno orario di ognuno di noi sia nella assistenza in presenza in ambulatorio, sia per l’impegno extra ambulatorio, quest’ultimo esploso con la pandemia.
Noi crediamo che 12 o 15 ore al giorno di attività, sette giorni su sette, Natale e Pasqua compresi, il numero dei morti e degli ammalati che abbiamo conosciuto tra i nostri Colleghi, siano prova del nostro indiscutibile impegno.
E torniamo alla correttezza per cui ognuno dovrebbe raccontare la propria esperienza con il proprio medico di base senza sperare che questa sia paradigmatica, quasi una legge divina.
Noi non sappiamo dove operi il suo medico, ma qui in Romagna gli studi medici sono aperti praticamente dalle 8 alle 20, nel buco assistenziale ambulatoriale che spesso si verifica tra le 12:30 alle 15:30 nelle medicine di gruppo, comunque viene vicariato dalla attività dei nuclei di cure primarie (che immaginiamo lei conosca) con turni di presenza in ambulatorio in cui si è disponibili non solo per i propri assistiti, ma per quelli di tutto il nucleo.
VISITE DOMICILIARI. A parte che prima di scrivere e sentenziare bisognerebbe conoscere il contratto collettivo ossia la legge dello Stato che regola il nostro rapporto di lavoro.
La visita al domicilio deve essere garantita ovviamente per quei pazienti che abbiano una patologia acuta e “…avuto riguardo alla non trasferibilità dell’ammalato…”.
Se sarà curioso, potrà certamente trovare alcune definizioni di intrasportabilità.
Il resto sono solo pensieri da social network per strappare facili like.
COMPENSO. Lei sicuramente saprà che il medico di famiglia non è un dipendente, ma un libero professionista e come tale il suo compenso lordo tra tasse e spese varie lo può decurtare tranquillamente del 60 o perfino 65%, percentuale data dalla somma di tutti i costi e tasse per riuscire a lavorare.
Tenga inoltre presente che il medico di famiglia non ha tutela in caso di malattia né in caso di infortunio. Tenga presente che il medico di famiglia non ha 36 giorni all’anno di ferie pagate, ma in caso di assenza per uno qualsiasi dei motivi di cui sopra, il sostituto deve pagarselo.
Ed allora aiutiamo i lettori a fare i conti partendo dal lordo che lei “sbatte in prima pagina”, ma addirittura aumentiamolo, portiamolo ad un immaginario 10.000 € mensili ossia 120.000 € annui. Ok?
Allora iniziamo a dividere questa somma non per 12 mesi, ma per 13 mensilità, a cui aggiungerne una ulteriore numero dato dai 36 giorni di ferie di qualsiasi lavoro, a cui sommare ulteriori possibili 10 o 15 giorni di malattia nell’anno. Ed allora avremo (120000 diviso 14,5) x 40% = 3310€ al mese!
Questa è la cifra pulita al mese, altro che chiacchiere!
Ovvio che se non vai in ferie e non ti ammali mai, si può arrivare anche a 4000 € puliti al mese.
ESTERO. Vero, all’estero fanno anche accertamenti di primo livello però: hanno la nostra stessa burocrazia elefantiaca e vischiosa? Quanto guadagna in media il medico di famiglia all’estero?
MORTI DI COVID. Già sentita la manfrina che all’estero ci sono stati meno morti per covid. A parte che allora non riusciamo a capire per quale motivo anche lì si sia assistito e si assista tuttora a provvedimenti comportanti chiusure di attività. Inoltre nel certificato di morte di una persona molto anziana basta dire che ciò è avvenuto per arresto cardiocircolatorio in anziano ed ecco che magicamente certe malattie non causano più tante morti, né il covid, né l’ipertensione, né i tumori, tanto “è morto perché era è anziano”.
Concludiamo la nostra lunga, ma necessaria disamina con l’amara constatazione che è più facile scaricare vagonate di escrementi su di noi, medici di famiglia, piuttosto che rischiare di impiegare il tempo cercando le ragioni di questo disastro che hanno radici in dissennate scelte del passato, le stesse che hanno portato a limitare l’accesso alle facoltà di medicina e alle scuole di specialità, che hanno fatto ridurre i posti letto a livelli che la pandemia ha dimostrato essere intollerabili, costringendo a corse contro il tempo per aprire reparti per accettare gli ammalati.
Non abbiamo ancora sentito un giornalista replicare al primario che si lamenta di avere reparti pieni, se veramente pieni, “perché se sono persone con patologie che non dovrebbero stare in ospedale non li dimettete? E perché quando ciò accade non raramente ci si ripara dietro la firma del paziente che avrebbe chiesto la dimissione?”.
E che non raramente scoprono ciò quando arrivano nello studio del loro medico.
Perché non andate a chiedere ai ministri competenti, ai rettori, perché non aumentano i posti per accedere alle facoltà sanitarie?
Perché invece che fare solamente, legittimamente, i conti in tasca a dei professionisti, per poi però riportarli “pro domo sua”, non vi interrogate, non interrogate su quale sia stato il costo, ad esempio, delle “primule vaccinali” e se invece quei soldi non potessero essere destinati alla ricerca scientifica o a potenziare il servizio USCA o della continuità assistenziale?
Tante domande che attendono risposte, ma la prima risposta è quella al quesito iniziale se per caso l’estensore dell’articolo sia anche il socio fondatore della start-up che propone servizi sanitari privati.
Se questa risposta fosse positiva, crediamo sarebbe sufficiente per il lettore e per noi per interrompere qui l’interesse a proseguire il confronto.
Saluti
I medici che hanno firmato l’appello
ALVISI FABRIZIO
ALUIGI PAOLO
ARANGIO FABIO
BARTOLI FEDERICA
BASCUCCI STEFANO
BETTI PATRIZIA
BIANCO KATIA
BIANCONI LORELAY
CAVALLI MANUELACRETI’ MARCELLO
FRANCESE ERIKA
FRENQUELLUCCI FABIO
GALLI ROBERTO
GERBONI GIORGIO
GERMONDARI BARBARA
GIULIANI ELISA
GUIDI TAMARA
MANCINI MIKAELA
MANENTI UMBERTO
PAOLIZZI CORRADO
PEDRIALI ALBERTO
PESARESI PIETRO
PIANORI ELISA
PIZZI ALFREDO
RANIERI ROBERTO
RINALDI ROBERTO
RIPA MIRCO
ROMANI EMANUELE
SAVI’ IPPOLITO MASSIMO
TICCHI MARIANO
TRAGLIA SERENA
ZAMAGNI MARCO
ZANCHINI STEFANO
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