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Cgil, preoccupazione per la crisi del settore della moda. Le proposte

la Filctem Cgil di Rimini ha inviato alle Istituzioni, alle Parti sociali, alle Imprese locali

un Documento sul Sistema Moda Territoriale per riportare alla dovuta attenzione la crisi che sta travolgendo il settore della Moda.

La provincia di Rimini per la sua peculiarità si è contraddistinta per la vocazione turistica, associata in un primo tempo alle industrie ad essa collegata. Altre imprese poi sono nate fuori da questo ambito rappresentando anche delle vere e proprie eccellenze come nella meccanica e nella moda, convivendo e sostenendosi nelle fasi positive come in quelle negative e assorbendo vicendevolmente la forza lavoro.

Oggi il panorama economico mostra caratteristiche più articolate e necessita uno sguardo strategico a partire dall’innovazione tecnologica e da nuove strategie ambientali.

Come sostiene la Cgil di Rimini nel suo Piano del Lavoro 2020, abbiamo il dovere di investire in scelte a lungo termine, individuando le risposte adeguate alle necessità del territorio affinché producano effetti concreti per il benessere dei lavoratori e dei cittadini. Per fare ciò è necessario il coinvolgimento, in un’ottica di sistema, di tutti i soggetti a cui, con il suo Piano del Lavoro 2020, la Cgil di Rimini ha proposto principalmente la costituzione dell’Agenzia per lo Sviluppo Territoriale, un luogo dove, assieme, progettare e orientare lo sviluppo della provincia.

Al momento però la proposta è rimasta quasi del tutto inascoltata, ed è anche per questo che, con l’invio di un primo documento specifico sulla filiera della Moda, si intende invitare al senso di responsabilità i soggetti firmatari del Patto per il Lavoro e il Clima 2030 dell’Emilia Romagna, che mette al centro la difesa dell’occupazione e la qualità del lavoro.

Il documento parte da un’analisi del contesto imprenditoriale locale che per quanto riguarda il Sistema Moda della provincia di Rimini rappresenta l’8% di quello regionale con 460 imprese manifatturiere e 320 imprese artigiane. Gli addetti complessivi del settore sono circa 4.000 di cui il 68% è rappresentato da manodopera femminile, con un’età tra i 35-54 anni, per il 72% con contratti a tempo indeterminato.

Le fragilità che emergono maggiormente sono legate agli effetti della pandemia e l’assenza di risposte urgenti e adeguate potrebbe condurre ad una perdita di posti di lavoro che non solo sfocerebbe in un dramma sociale, ma rischierebbe anche di cancellare e disperdere competenze e professionalità uniche, precludendo riprese future.

Per la parte relativa alle proposte viene ribadito che la ripresa passa dalla qualità del lavoro, dal ruolo centrale dell’economia reale, dalle imprese, dalle attività produttive, dalle competenze superando il modello che punta solo a tagliare i costi e a condizionare i fornitori su tempi e prezzi e ragionando con la filiera in termini sistemici, di squadra, di interesse comune a lungo termine.

Considerato il valore delle produzioni made in Italy ed in particolare la moda di lusso, specificità del territorio, occorre predisporre strumenti di incentivo riservate alle iniziative di rientro di fasi delle lavorazioni o di intere produzioni che oggi sono delocalizzate. Le iniziative di reshoring potrebbero essere agevolate intervenendo su oneri fiscali locali, energetici e di promozione dello sviluppo locale.

 I Patti di Filiera potrebbero agevolare le aggregazioni di impresa, consorzi d’impresa o accordi di rete.

 La sfida verso il futuro, di conoscenze, competenze, produttività e dunque di competitività passa anche dalla valorizzazione del “Fondo nuove competenze”, da aggiungere ad un Patto per la Formazione e le Competenze dove far convergere le capacità progettuali sui nuovi fabbisogni dei Fondi Interprofessionali come Fondartigianato e Fondimpresa.

 Pur confidando nella proroga degli ammortizzatori sociali con causale “Covid-19”, riteniamo necessario che le imprese del settore si impegnino ad attraversare la crisi proteggendo l’occupazione territoriale come sottoscritto nel Patto per il Lavoro e il Clima 2030 dell’Emilia Romagna

 Il documento integrale

Contesto imprenditoriale

Il Sistema Moda della provincia di Rimini rappresenta l’8% di quello regionale con 460 imprese manifatturiere e 320 imprese artigiane. Gli addetti complessivi del settore sono circa 4.000, pari all’8% degli addetti del settore in Emilia Romagna. Il 68% è rappresentato da manodopera femminile, con un’età tra i 35-54 anni, per il 72% con contratti a tempo indeterminato e con un orario lavorativo settimanale tra le 31 e 40 ore. In questi ultimi anni il settore nella provincia è cresciuto del 3%, in controtendenza rispetto ai dati delle altre province, confermando la sua dinamicità anche con la forte crescita dell’export pari al 7%, con un valore economico del commercio con l’estero di 700 milioni di euro, corrispondenti al 37% dei prodotti delle attività manifatturiere esportati in provincia.

Il distretto dell’abbigliamento di San Giovanni in Marignano, così come il distretto calzaturiero di San Mauro Pascoli, sono identificati come aree di rilevanza nazionale per le specializzazioni produttive e caratterizzati dalla presenza di brand prestigiosi, con produzioni di lusso e alta qualità, intorno alle quali si è costruita una rete di fornitori e terzisti con elevate competenze artigianali.

Fragilità di settore

Nella provincia di Rimini, in tendenza con il dato nazionale, dall’inizio dell’emergenza Covid il 99% delle imprese ha usufruito degli ammortizzatori sociali, che hanno interessato oltre l’80% degli addetti, e la ripartenza sta procedendo molto a rilento, con un continuo utilizzo degli ammortizzatori.

In media nel settore la perdita di fatturato rispetto allo stesso periodo del 2019 si attesta intorno al 40%, stimando per il 2020 un calo del fatturato tra il 20% e il 50%. In Italia il calo, rispetto al 2019 nel settore tessile, moda e accessorio, sarà pari a 30,3 miliardi e nel settore tessile abbigliamento a 18,9 miliardi.

La crisi che sta travolgendo il settore della moda non sta avendo dal Governo e anche dalle  Istituzioni locali le dovute attenzioni. Già nella scorsa estate le segreterie nazionali di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil avevano richiesto, insieme a Confindustria Moda, la costituzione di un tavolo nazionale di confronto su questo settore industriale che, in Italia, riguarda oltre 600 mila lavoratori in 66 mila aziende e che produce un fatturato di oltre 100 miliardi di euro. Sarà molto difficile per le imprese tornare a livelli produttivi normali, almeno fino a tutto il 2021, private dei flussi di cassa essenziali a garantire la continuità.

Il settore della moda, tradizionalmente caratterizzato dal modello di filiera dove coesistono in maniera interconnessa le grandi aziende e il vasto tessuto di piccole e medie imprese, garantisce flessibilità, tempestività e qualità del prodotto, ma allo stesso tempo, per continuare ad esistere, necessita che nessun anello della filiera sia abbandonato. La perdita di posti di lavoro non solo sfocerebbe in un dramma sociale, ma rischierebbe anche di cancellare e disperdere competenze e professionalità uniche, precludendo riprese future.

 Scenari futuri

La provincia di Rimini per la sua peculiarità si è contraddistinta nel tempo per la vocazione turistica e per la specializzazione industriale, settori che hanno convissuto sostenendosi nelle fasi positive ma anche in quelle negative assorbendo la forza lavoro vicendevolmente. Grazie a questa struttura interconnessa le famiglie sono riuscite ad arginare le crisi economiche e finanziarie che si sono succedute. Occorre però oggi uno sguardo lungimirante verso il settore industriale locale, che va sostenuto, a partire dall’innovazione tecnologica.

Per favorire la ripresa dell’export e il mantenimento dei posti di lavoro serve però un progetto e che le risorse della Next Generation EU siano effettivamente un’opportunità di rilancio del sistema economico – produttivo provinciale.

Come sostiene la Cgil di Rimini nel suo Piano del Lavoro 2020, abbiamo il dovere di investire in scelte a lungo termine, individuando le risposte adeguate alle necessità del territorio affinché producano effetti concreti. Per fare ciò è necessario il coinvolgimento,  in un’ottica di sistema, di tutti i soggetti. Per questo, nel Piano del Lavoro 2020, la Cgil di Rimini ha proposto agli attori politici ed economici la costituzione dell’Agenzia per lo Sviluppo Territoriale, un luogo dove, assieme, progettare e orientare lo sviluppo della provincia. Al momento però la nostra sollecitazione è rimasta inascoltata.

 Il termine ultimo al blocco dei licenziamenti si avvicina e sarebbe impensabile lasciare alla contrattazione aziendale per singola impresa il rilancio del settore e il mantenimento dei posti di lavoro, ed è anche per questo che con la Regione Emilia Romagna è stato sottoscritto

il Patto per il Lavoro e il Clima, con l’obiettivo di condividere un’unica strategia in grado di fronteggiare le difficoltà attuali, dando pieno sostegno all’economia e alla società, generando nuovo sviluppo sostenibile, nuovo lavoro, al fine di ridurre le fratture economiche, sociali ambientali e territoriali. Il Patto è stato sottoscritto, oltreché dalla Regione, dalle parti sociali e dalle Amministrazioni Locali.

Prendersi cura della propria comunità significa assumere la tutela dei valori fondamentali compresi nel valore lavoro, che va oltre il rapporto prestazione-salario e che investe i diritti e i doveri di cittadinanza. La priorità non può essere solo offrire un reddito minimo a chi perde il posto di lavoro, ma proteggere i lavoratori dalla perdita del posto di lavoro, perché se non lo faremo, sopravviveranno nella crisi con una permanente occupazione povera, con tutte le conseguenze politiche e sociali che ne deriveranno. La fase d’emergenza che ha giustificato gli interventi di sussidio e assistenza deve necessariamente lasciare il posto al salario e all’economia della produzione.

Proposte per il settore

 Responsabilità e qualità

La ripresa passa dalla qualità del lavoro, dal ruolo centrale dell’economia reale, dalle imprese, dalle attività produttive, dalle competenze. Superiamo il modello che punta solo a tagliare i costi e a condizionare i fornitori su tempi e prezzi e ragioniamo con la filiera in termini sistemici, di squadra, di interesse comune a lungo termine!

Sostenere il processo di reshoring

Considerato il valore delle produzioni made in Italy ed in particolare la moda di lusso, specificità del territorio, occorre predisporre strumenti di incentivo riservate alle iniziative di rientro di fasi delle lavorazioni o di intere produzioni che oggi sono delocalizzate. Le iniziative di reshoring potrebbero essere agevolate intervenendo su oneri fiscali locali, energetici e di promozione dello sviluppo locale.

 Patti di Filiera

Il modello produttivo del sistema moda è costituito da committenti che ideano, progettano e vendono il prodotto finito. La produzione del prodotto viene affidata a laboratori che operano in conto terzi e che eseguono il lavoro, a volte in regime di mono-committenza altre in pluri-committenza. La debolezza contrattuale delle imprese terziste e la forte competizione basata sul prezzo spesso non garantiscono alcun margine di profitto e ciò si ripercuote anche sui livelli salariali. Inoltre, gli stessi committenti oggi rischiano di non superare le difficoltà che il settore sta attraversando. Per questo, all’interno di una visione più ampia che salvaguardi tutti gli attori di filiera, è necessario promuovere un modello economico territoriale responsabile e che possa sostenere il settore, attraverso Patti di Filiera che agevolino le aggregazioni di impresa, consorzi d’impresa o accordi di rete.

Il sistema dell’istruzione e formazione

La ripartenza passa dall’istituzione delle scuole professionali di settore, dalle Università e dalla formazione e riqualificazione professionale. Uni.Rimini con il “Tavolo della Moda” e il Tecnopolo di Rimini dovrebbero avere l’obiettivo di creare collaborazione e scambi tra l’Università e le aziende, e produrre le sinergie a supporto dell’innovazione, della ricerca, dell’economia circolare, con l’innalzamento tecnologico e organizzativo del tessuto produttivo. E ancora, alla valorizzazione del “Fondo nuove competenze”, va aggiunto un Patto per la Formazione e le Competenze per far convergere le capacità progettuali sui nuovi fabbisogni dei Fondi Interprofessionali come Fondartigianato e Fondimpresa. Una sfida verso il futuro, di conoscenze, competenze, produttività e dunque di competitività.

Tutela dei livelli occupazionali

Pur confidando nella proroga degli ammortizzatori sociali con causale “Covid-19”, riteniamo necessario che le imprese del settore sostengano comunque un patto per attraversare la crisi proteggendo l’occupazione territoriale. Come sottoscritto nel Patto per il Lavoro e il Clima 2030 gli obiettivi da raggiungere sono:

– un investimento senza precedenti sulle persone, rimettendo al centro il lavoro e il valore dell’impresa;

– l’utilizzo di tutti gli ammortizzatori sociali ordinari e straordinari disponibili, escludendo le procedure di licenziamento collettivo;

– l’incentivazione della contrattazione collettiva che sperimenti la riduzione dell’orario di lavoro per la salvaguardia e il rilancio dell’occupazione, perché, come sostiene il sociologo Luciano Gallino, produrre un elevato valore aggiunto per ora di lavoro non deriva dal lavorare più in fretta o nel non fare pause, ma piuttosto dal tipo di prodotto che l’impresa

sa inventare e sviluppare, dai mezzi di produzione che si utilizzano, dai processi di fabbricazione e infine dall’organizzazione del lavoro.

Conclusioni

In coerenza con il Patto per il Lavoro e il Clima 2030 della Regione Emilia Romagna, recentemente sottoscritto dalle Parti sociali e istituzionali della provincia di Rimini, queste  proposte hanno l’obiettivo di sollecitare e richiamare i soggetti firmatari all’assunzione di responsabilità nei confronti della comunità locale e del tessuto produttivo da difendere e sviluppare.

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