Ho letto con vivo interesse l’articolo a firma di Maurizio Melucci pubblicato dal vostro quotidiano ieri 24 gennaio, che porta ad alcune considerazioni in merito al modo di amministrare.
È certo che le opere importanti della nostra città non si sono materializzate come per incanto in quest’ultimo decennio, ma sono il frutto di progetti pensati e messi in moto dalle precedenti amministrazioni cittadine, che nel succitato periodo hanno trovato il loro compimento. Dalla mia esperienza lavorativa nel settore produttivo delle costruzioni in genere, so benissimo che dal momento in cui scaturisce un’idea fino alla sua realizzazione, passano immani tempi dovuti alla burocrazia; questo già nel privato, ma figuriamoci nel settore pubblico. La differenza delle passate amministrazioni e il “nuovo corso” sta nella comunicazione e nell’estrema superficialità nel raccontare enfaticamente le storie, ben conscia che poi in pochi si documenteranno in proposito e le approfondiranno.
Mentre le prime non hanno saputo comunicare ai cittadini le cose che stavano facendo, ed i relativi tempi di attuazione delle stesse, quest’ultima ha fatto della reclamistica auto promozione il modo di esprimersi; intestandosi spesso meriti altrui e relegando le precorse in una sorta di “damnatio memoriae”. Ed è solo per questo che costoro sono stati percepiti come “gente del fare”, al contrario di chi invece è stato avvertito come inerte ed inefficace.
Gioco facile quindi con il quale si poteva concludere un mandato ricco di auto celebrazione; invece l’inciampo. All’atto pratico abbiamo assistito alla mancanza di dialogo e di un dibattito con la città, un tempo forte peculiarità di chi definiva progressista. Sono state fatte importanti e discutibili scelte in modo unilaterale che condizioneranno il futuro di Rimini, e che lasciano una città profondamente divisa, senza che nessuno, specie il Partito maggiorente della coalizione, intervenisse per mediare al fine di risolvere questa grave criticità.
Rimini non ha mai inventato né anticipato nulla, come del resto si continua a fare tuttora, ma ha spesso inseguito modelli ad essa estranei senza prevederne l’esito. Ed oggi più che mai con la forzata imposizione del modello culturale legato alla “fellinizzazione”, con la relativa travisazione di luoghi identitari e la banalizzazione di alcuni monumenti cittadini, lo dimostra ancora una volta.
Ritengo che il nuovo sindaco debba considerare questa situazione anche perché, dati gli eventi, ci attendono nuove importanti sfide, che si potranno vincere solo con il coinvolgimento di tutti e con un dialogo costruttivo comune, evitando di bollare le opinioni diverse come atti ostili ma assumerli come opportunità. E senza far credere che Rimini sia stata fondata dieci anni fa, ma ha anche una importante storia pregressa.
Salvatore de Vita