Non si ferma il dibattito su “Sanpa”, la docuserie in cinque puntate distribuita da Netflix che racconta i primi 17 anni di vita della Comunità. In questi giorni a intervenire sono stati anche le istituzioni e i politici locali di Rimini, tra cui il Presidente della Provincia Riziero Santi e la vicesindaca Gloria Lisi. In generale tutti hanno difeso la Comunità e allo stesso tempo assolto la serie tv.
“Il documentario di Netflix – scrive Gloria Lisi – sembra aver risvegliato in città un confronto che negli anni ’80 e ’90 era stato duro, aspro, doloroso. Uno scontro. Poi rimosso. Ma credo non sia un male, perchè comunque, di fronte alle rimozioni, è sempre opportuno riparlare, ridiscutere, non foss’ altro che per abbassare i toni ed evitare strumentalizzazioni.
Questo è il pregio del prodotto Netflix: riportare in vita una storia con luci ed ombre che ci obbliga ad interrogarci nuovamente su un tema e, più in generale, sulla fragilità dell’ essere umano. Non c’è spazio, a caldo, per entrare nel merito delle tante questioni che riguardano le dipendenze e nemmeno voglio rientrare nella vicenda processuale: per questo mi piacerebbe che questa potesse divenire un’ occasione affinchè, nel tempo, si possa riprendere un confronto sui pericoli, per una società legati all’ abuso di sostanze ed alle dipendenze in genere. E vorrei anche che si potesse riflettere – sempre – sulle comunità di recupero, così come sui luoghi di degenza psichiatrica e sulle carceri. Sì, perchè continuo a pensare che primo dovere di una società democratica sia quello di occuparsi dei più deboli, soprattutto in luoghi chiusi dove massima deve essere la cura e l’ attenzione alle fragilità. E non dimentichiamoci del lavoro prezioso dei tanti operatori che lavorano in questi luoghi e che devono essere tutelati proprio per la difficoltà di aver a che fare con persone che hanno percorsi, storie, difficoltà, disagi.
La storia di San Patrignano è stata mano tesa e aiuto è continua ad esserlo. Ho avuto la grandissima fortuna di essere stata spinta da mia figlia di 14 anni a guardare la serie, l’abbiamo vista insieme e ce la siamo divorata. Ho cercato di tenere per me le mie impressioni e le mie valutazioni per non condizionarla e mi è tornato utile un metodo imparato al primo corso che avevo seguito per lavorare nel sociale nel 2002, la ‘sospensione del giudizio’. Sì perché in questi giorni sto leggendo di tutto sui social come commenti alla serie e francamente penso che molte delle persone che si ergono a giudici implacabili, non abbiano provato sulla loro pelle cosa significhi perdere qualcuno di caro perché schiavo dell’eroina.
Ecco, al di là del bene e del male, al di là delle assoluzioni e delle colpevolizzazioni, io penso che bisognerebbe sospendere il giudizio e guardare con gli occhi di chi può e vuole vedere soltanto per fare pace con tante sofferenze. Il doc di Netflix sia allora un’ occasione: lo dobbiamo ai tanti che non ci sono più, a chi continua con forza a lavorare per gli ultimi.
In questi anni da assessore sono stata diverse volte in visita alla Comunità di Sanpatrignano, ecco mi piacerebbe tornarci con mia figlia e farle toccare con mano una realtà che, senza conoscerla e senza sovrastrutture da adulti, lei ha difeso e sostenuto solo grazie a questa serie”.