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Roberto Biagini commenta la sentenza sulla legge elettorale. “Funziona ma non si governa”

La Corte Costituzionale ha quindi emesso il verdetto e la tanto attesa sentenza ha deciso di accogliere le censure mosse all’Italicum dai cinque Tribunali rimettenti (Messina, Torino, Perugia, Trieste, Genova), dichiarando l’ illegittimità costituzionale della legge elettorale “in parte qua” ovverosia bocciando il ballottaggio e salvando il premio di maggioranza, che andrà al partito che raggiunge almeno il 40% delle preferenze. Restano le pluricandidature, ma solo affidando la scelta finale del candidato eletto in più di un collegio a un sorteggio.

Dopo la riforma del Senato bocciata dagli elettori con il referendum del 4 Dicembre cade un altro importante tassello delle riforme costituzionali proposte dal Governo Renzi. « La Corte rattoppa, non fa il vestito», sintetizzò efficacemente, a febbraio del 2014, Gaetano Silvestri, all’epoca presidente della Corte, per spiegare alla stampa il peso politico della sentenza n. 1 dello stesso anno, che bocciò in più parti il Porcellum.

Così in effetti è stato e le indiscrezioni che circolavano in questi giorni a Palazzo della Consulta prima dell’ odierna pronuncia, ritenevano che più di uno dei 13 giudici alle prese con la decisione sull’Italicum – la legge elettorale sulla Camera in vigore dal 1° luglio 2016 – andavano ripetendo la stessa cosa: qualunque sarà il verdetto pronunciato, sulle censure mosse all’Italicum da cinque Tribunali rimettenti, sarà di fatto un rattoppo, ma comunque in grado di garantire le elezioni in qualunque momento. In ogni caso, il «vestito» lo farà il legislatore: con interventi minimalisti (di natura interpretativa o di normazione secondaria) oppure di sostanza, correggendo, integrando, modificando.

Da qui bisogna partire. Da questo punto fermo che affonda le sue radici nei precedenti della Consulta, dal 1993 fino alla recentissima sentenza 1/2014. «La normativa di risulta» – quella che resta in vigore dopo l’incostituzionalità di parti di una legge elettorale – dev’essere «complessivamente idonea a garantire il rinnovo, in ogni momento, dell’organo costituzionale elettivo», ha affermato più volte la Corte. Le leggi elettorali, ha aggiunto, sono «costituzionalmente necessarie, in quanto indispensabili per assicurare il funzionamento e la continuità degli organi costituzionali, dovendosi inoltre scongiurare l’eventualità di paralizzare il potere di scioglimento del presidente della Repubblica». Inoltre, «non rientra tra i compiti della Corte valutare l’opportunità e/o l’efficacia» della normativa di risulta, «spettando ad essa solo di verificare la conformità alla Costituzione delle specifiche norme censurate e la possibilità immediata di procedere ad elezioni con la restante normativa; condizione, quest’ultima, connessa alla natura della legge elettorale di “legge costituzionalmente necessaria”». Infine: «Resta fermo, ovviamente, che il legislatore ordinario, ove lo ritenga, potrà correggere, modificare o integrare la disciplina residua».

Dunque, come hanno immediatamente detto i giudicanti a corredo della sentenza odierna, la legge è immediatamente applicabile, cioè quel che è sopravvissuto dell’Italicum alle censure della Corte sarà in grado «di garantire il rinnovo, in ogni momento, dell’organo costituzionale elettivo», cioè della Camera.

Ciò non impedisce al Parlamento di confezionare anche una nuova legge elettorale, «espressione della più ampia discrezionalità legislativa» anche se non esente da censure di incostituzionalità in caso di manifesta irragionevolezza.

In buona sostanza il lascito politico di tale pronuncia è un sistema tendenzialmente proporzionale (pur con il premio di maggioranza, capilista bloccati e 2 preferenze), “compatibile” con quello del Senato (proporzionale puro con una preferenza). Le diverse soglie di sbarramento, 3% su base nazionale per la Camera e 8% per la lista (3% se la lista è in una coalizione ) e 20% per le coalizioni al Senato non sono state considerate un problema. Come non è stato considerato un problema la diversa ripartizione dei collegi ( 100 + collegio estero per la Camera e 20, uno per ogni regione + collegio estero, per il Senato ); e comunque potrebbero essere facilmente corrette dal legislatore. L’omogeneità tra i due rami del Parlamento sarebbe salva.

Quello che sicuramente i due sistemi elettorali non garantiscono – né presi singolarmente né tantomeno combinati – è la governabilità. Con due leggi proporzionali, e vista la frammentazione tripolare presente nel sistema politico italiano, è molto difficile ipotizzare una maggioranza chiara e uguale in entrambe le Camere.

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