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Popolo della Famiglia a Lia Celi: “Ru486, ogni farmaco può essere un veleno”

Buongiorno Direttore,

ho letto l’articolo di Lia Celi comparso sul vostro giornale il 20 dicembre a proposito dei cartelloni di Pro-Vita e vorrei esprimere qualche considerazione in merito, se me lo permette.

Prima di tutto, grazie Lia per avere toccato il tema dell’aborto. Qualunque cosa si pensi a proposito, ritengo
positivo il solo fatto che se ne parli. Lo faccio anche come appartenente al Popolo della Famiglia che tu hai
indirettamente citato, sebbene in modo un po’ sprezzante, e come medico cattolico, perché credo
fermamente nella libertà di pensiero e nel confronto se fatto in buona fede. Pertanto, parliamone.

Tu non vuoi chiamare veleno la Ru486 perché, come affermi, è stata approvata dall’Agenzia del Farmaco. In
realtà, ogni farmaco può essere un veleno perché ha interferenze biologiche. Dipende dal suo uso. L’uso
della Ru486 nell’aborto è finalizzato a determinare la morte del prodotto del concepimento e la sua
espulsione. E’ questo effetto che AiFa ha approvato ed è per questo effetto che per lui/esso (l’embrione)
questo farmaco è un veleno.

Possiamo certamente giocare sui termini o cercare di spostare il discorso su altri aspetti che riguardano le
motivazioni che spingono una donna ad affidarsi a chi le propone/propina questo farmaco come risolutivo
dei suoi problemi: tutti argomenti validi su cui pure possiamo discutere. Ma se ci vogliamo attenere
strettamente al tema di un’informazione che la donna ha il diritto di ricevere, ben prima di aver ingoiato la
pillola, che riguarda gli effetti letali che essa ha sul concepito, così come quelli che ha sul suo stesso corpo,
è giusto farlo con rigore, senza infingimenti, trattando la questione con quello scrupolo richiesto da ogni
procedimento così impattante sulla propria e altrui vita. Perché del concepito si può dire qualunque cosa
tranne che non sia una vita umana. E questa è scienza, non filosofia. Io non credo che si possa negare il
fatto che affidare l’aborto all’ingestione di una pillola porti con sé il rischio della sua banalizzazione, a
proposito della sua auspicata riduzione.

La Ru 486 determina danni irreversibili al feto con un rischio minimo di fallimento abortivo e pertanto non
permetterà alla donna ripensamenti dopo l’assunzione. Ciò implica il diritto della donna ad una scelta
informata e ponderata. La consapevolezza non può essere data per scontata, proprio perché l’accesso alla
pillola abortiva è molto più facile rispetto all’aborto chirurgico. Trattare il tema della facilità di accesso
all’aborto come una conquista, dando per scontato che le donne sono sempre consapevoli (bene
informate) e libere (da condizionamenti) nelle loro scelte, è sbagliato e funzionale alla logica della
banalizzazione, appunto.

Ben vengano quindi le provocazioni dei pro-life se servono a stimolare una maggiore consapevolezza o
anche solo ad infrangere il perbenismo con cui il politicamente corretto tratta questo argomento.
Qualunque donna dovrebbe essere adeguatamente informata prima di ingerire una pillola micidiale e poter
considerare anche opzioni meno violente.

Grazia Ruini (coordinatrice regionale del Popolo della Famiglia)

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