Il vaccino sviluppato dall’Università di Oxford sviluppato assieme all’Ibrm di Pomezia è efficace mediamente al 70% e può arrivare al 90% con un determinato dosaggio. Lo ha annunciato l’azienda biofarmaceutica Astrazeneca in una nota in cui ha spiegato i risultati degli studi.
“Un regime di dosaggio (n=2.741) – scrive l’azienda in una nota ufficiale – ha mostrato un’efficacia del vaccino del 90 per cento quando l’AZD1222 è stato somministrato come mezza dose, seguita da una dose completa ad almeno un mese di distanza; mentre l’altro regime di dosaggio (n=8.895) ha mostrato un’efficacia del 62 per cento quando somministrato come due dosi piene a distanza di almeno un mese. L’analisi combinata di entrambi i regimi di dosaggio (n=11.636) ha prodotto un’efficacia media del 70 per cent. Tramite l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) cercheremo un percorso accelerato per garantire la disponibilità di vaccini ai Paesi a basso reddito”.
E c’è un motivo. Il “vaccino di Oxford” presenta notevoli vantaggi rispetto agli altri due, entrambi americani, che si trovano in fase più avanzata, quello di Pfizer-BioNTech e il vaccino di Moderna. AstraZeneca ha infetti spiegato che per conservarlo basta la normale catena del freddo, quella per intendersi dei normali frigoriferi casalinghi, mentre Pfizer-BioNTech (che sarebbe efficace al 95%) richiede temperature a -80° e Moderna (efficace al 94%) almeno -20°. Solo di quest’ultimo, però, è stata già provata l’efficacia anche sui più anziani. Altro asso nella manica degli inglesi, il prezzo: AstraZeneca ha già fissato a 2,8 euro, che è anche il suo costo. Rimarrà tale fino a giugno 2021 e comunque fino a quando l’Oms non dichiarerà cessata la pandemia. Moderna potrebbe invece chiedere 20 euro (ma si è detto anche 30) e Pfizer 16,5 euro.
Come aveva riportato qualche giorno fa il Corriere della Sera, il governo italiano ha prenotato 70 milioni di dosi del vaccino AstraZeneca «che saranno consegnate entro giugno, pertanto tutti gli italiani che vorranno farlo potranno vaccinarsi». Lo aveva dichiarato Piero Di Lorenzo, presidente dell’Irbm di Pomezia che chiarisce come le prime dosi, dopo la validazione degli Enti regolatori potranno essere consegnate entro l’anno. «Verosimilmente le prime vaccinazioni potranno partire da gennaio».
Come è oramai noto allo Jenner Institute di Oxford e al vaccino AstraZeneca lavora anche un allievo di Roberto Burioni, il giovane ricercatore riminese Giacomo Gorini.
“Oggi finalmente scrivo quello che tanto durante quest’anno speravo che avrei infine scritto – ha scritto il ricercatore in un post pubblicato su Facebook – I sacrifici dei miei colleghi hanno dato frutto e il vaccino di Oxford-AstraZeneca ha dimostrato efficacia. Avere dato un contributo ed essere stato presente in questa impresa è un onore indescrivibile. Dopo un anno lontano da casa, in solitudine e con solo questo progetto a scandire il tempo, sono sopraffatto dalla notizia ed è difficile per me descrivere come mi sento. Un sentimento però ho molto forte dentro di me: il rispetto e l’ammirazione per il team di colleghi e senior scientists che hanno lavorato incessantemente durante quest’anno per tirarci fuori da questa brutta situazione”.