Il sindaco di Rimini Andrea Gnassi è intervenuto questa mattina in qualità di Delegato Anci al turismo e Demanio Marittimo in apertura del primo panel della seconda giornata della XXXVII assemblea annuale Anci dal titolo “Le infrastrutture innovative per non lasciare indietro nessuno”. A moderare il dibattito la giornalista di Repubblica Annalisa Cuzzocrea, che ha chiesto al sindaco come affrontare la crisi delle categorie legate al turismo, settore che – pur avendo avuto un contraccolpo forse meno pesante delle previsioni di inizio estate – vede un’intera filiera in grossissima difficoltà.
Si temeva un crollo del turismo che come ci immaginvamo non c’è stato, ma viviamo un autunno duro. Sappiamo delle sofferenze artigiani etc.. Come possono supportare i Comuni queste categorie spaventate o in crisi?
“I sindaci devono necessariamente agire su una doppia velocità – ha esordito il sindaco – Devono far fronte nell’immediato ad un’epidemia che ha colpito al cuore un settore strategico che si poggia sulla possibilità delle persone di incontrarsi, di relazionarsi, ciò che il turismo primuobe. Abbiamo bisogno di un Paese che sia chiaro sulla dimensione degli indennizzi e dei ristori, subito: abbiamo chiesto sacrifici, abbiamo visto che nella prima ondata purtroppo il meccanismo della cassa integrazione per decine e decine di migliaia di imprese colpite non ha afunzionato. Ora nella seconda ondata c’è un segnale che inverte, ci sono indennizzi che tentato di dare domani una risposta. A questi provvedimenti si associano quelli dei Comuni che reagiscono mettendo in campo interventi di aiuto che agiscono sulla Tari, sulla Cosap, progetti che assumono nomi diversi a seconda della città. A Rimini abbiamo ribattezzato open space, con oltre 500 imprese che hanno aderito alla possibilità data del Comune di potere allargare i propri spazi. Quindi se è vero che c’è il tema di dare una risposta subito, è altrettanto importante capire che il Covid rappresenta una cartina di tornasole dei nostri limiti. E’ tempo di capire che è finito il tempo dello sviluppo quantitativo, del consumo del territorio. Il Paese deve decidere: deve decidere sul recovery fund di giocarsi delle sfide; deve decidere quali sono i settori strategici: infrastrutturazione digitale, sanitaria, della dimensione della conoscenza, la scuola. E siccome ti chiami Italia, con il più grande giacimento di bellezza al mondo, è tempo di decidere se costruire una politica industriale attorno al turismo. E su questo fronte le infrastrutture sono fondamentali: se guardiamo ai concorrenti europei, Francia e Spagna, il contributo al pil di quei paesi è superiore a quello italiano. C’è stata un’inversione di tendenza, ma la permanenza media e il consumo medio in quei Paesi sono molto più alti che in Italia con conseguente maggior contributo al pil. Il tema è l’infrastrutturazione, fly and rail. Abbiamo bisogno di due grandi corrridoi del ferro, uno sull’asse adriatico da Trieste a Bari, l’altro da Milano passando per Bologna e Firenze a Reggio Calabria, fino alla Sicilia. Con delle infrastrutture puoi collegare i grandi centro con i centri minori. Il turismo entra a far parte delle scelte strategiche del Paese o è l’industria della retorica? Interventi a breve per non far morire le imprese e anche speranza, progetto, futuro, dire a imprese e lavoratori che il turismo è al cento della strategia del paese. Il gruppo dirigente, sindaci, governo, deve dare questa prospettiva indispensabile per il Paese”.
Cosa possono chiedere i comuni al governo?
“Credo che i Comuni, in uno scatto di responsabilità che ogni componente del paese deve fare, debbano essere esigenti nei confronti del governo. Senza pianificazione strategica questo paese agisce come in un’alluvione: esonda il fiume, si creano danni, riprovi a costruire l’argine ma resti nella condizione di essere colpito. Agire sulla vulnerabilità significa prevenirne le cause. Essere esigenti nei confronti del governo vuol dire chiedere di riconoscere attraverso una logica premiale quei progetti di pianificazione strategica che i Comuni sanno esprimere, scommettendo e investendo su tecnologia, turismo e sostenibilità. Abbiamo giacimenti straordinari di bellezza avvolti dal secondo novecento da contesti urbani degradati. La bellezza è questione di urbanistica, di tecnologia. Auspico che il Paese che deve diventare il leader mondiale della bellezza debba avere una ‘control room nazionale’ sulla bellezza. Oggi non ci sono viaggiatori, ma city user, cittadini temporanei. Togliere con l’urbanistica il degrado da contesti urbani straordinari significa inserire nei piani regolatori scelte cogenti urbanistiche per elevare la bellezza. A Rimini abbiamo messo il balneare al centro di una riconversione strategica, prima intervendo sotto sul sistema fognario, poi sopra con il Parco del Mare e collegalre con le colline significa fare pianificazione strategica.
I comuni devono dimostrare che scommettono sulla traiettoria, su un processo che richiede 5/6/7 anni, non subito. Il governo debe guardare i progetti che hanno questa ambizione e i Comuni non devono chiedere fondi a pioggia, ma pretendere che siano riconsciuti su una dimensione progettuale che cambia il volto del Paese”.