Affermare che sulle concessioni delle spiagge regna il caos, è il minimo. L’incapacità del Governo e del parlamento di affrancarsi da una lobby di concessionari che operano su aree demaniali con concessioni che prima venivano rinnovate automaticamente di 6 in 6 anni (il diritto di insistenza) e dopo l’entrata in vigore delle norme europee, direttiva servizi o Bolkestein, prorogate da varie leggi del Parlamento italiano fino al 2033, sta creando solo problemi e bloccando investimenti ed innovazioni sugli arenili italiani.
Si sta parlando di turismo balneare, un settore economico che vale il 40% di tutto il Pil prodotto dal turismo in Italia. Nel decreto Rilancio del Governo poi convertito in legge dal Parlamento non solo viene ribadita la proroga al 2033 delle concessioni di spiaggia in essere, ma è anche vietato ai Comuni di procedere con gare di evidenza pubblica per adeguarsi alle norme europee. In sostanza un Comune che volesse dare la possibilità di investire sulla spiaggia sulla base di una evidenza pubblica europea che stabilisca criteri di competenza professionalità ed investimenti, non può farlo.
Il risultato è il blocco dell’attuale situazione.
Basta guardare cosa sta succedendo al Parco del Mare di Rimini. A fronte di un intervento di riqualificazione urbana da parte del Comune di Rimini del Lungomare e della prima fascia dell’arenile, il resto delle strutture sulla spiaggia sono le stesse di 30, 40 anni fa. Il Comune di Rimini suo malgrado sta procedendo alla proroga delle concessioni fino al 2033 come previsto dalla legge nazionale.
Intanto la miopia delle iniziative legislative nazionali vengono puntualmente smentite da sentenze di giustizia civile e amministrativa.
Non ultima, la sentenza della Cassazione del 16 settembre 2020 che riguarda uno stabilimento balneare di Giulianova, che ribadisce che la proroga automatica delle concessioni è in contrasto con le norme europee.
Sulla scena delle concessioni di spiaggia irrompe anche un altro soggetto. E’ l’Antitrust, l’autority garante della Concorrenza e del Mercato, che interviene in un rinnovo di concessioni del demaniali fino al 2033 fatta dal dirigente del Comune di Piombino.
Scrive l’Antitrust: “In particolare, con la determina dirigenziale in questione, il Comune di Piombino ha disposto la proroga automatica di tutte le concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative sino al 31 dicembre 2033, dando applicazione a una normativa nazionale (legge 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, commi nn. 682, 683 e 684) che, ponendosi in contrasto con il diritto eurounitario, in particolare con gli artt. 49 e 56 TFUE e con i principi di concorrenza ed evidenza pubblica negli affidamenti, avrebbe dovuto essere disapplicata.”
Il Comune di Piombino non ha accolto il rilievo dell’Antitrust ed ha proceduto con la proroga.
Con nota del 19 ottobre 2020 l’Antitrust, ha deciso di fare ricorso al Tar della Toscana contro il Comune di Piombino. In questo caso siamo in presenza di un ricorso di una autority garante per il mercato su un provvedimento di un Comune che riguarda una molteplicità di concessioni. Decideanno il Tar e poi il Consiglio di Stato. Nell’attesa, sulle spiagge italiane si resta bloccati dalll’incertezza del diritto.
Poi c’è la politica. Tutta la politica e tutti gli schieramenti, che sono letteralmente sdraiati sui lettini dei concessionari di spiaggia. A me interessa il Partito Democratico, il mio partito.
Lascia senza parole vedere un partito riformista, europeo, che appartiene alla grande famiglia del socialismo che si batte contro i privilegi, abbia deciso di difendere una categoria di concessionari “a vita” invece di privilegiare innovazione, investimenti, professionalità e concorrenza.
Per queste ragione ritengo che i Comuni costieri dovrebbero avere più coraggio e spingere per una legge di riordino di tutto il comparto concessioni di spiaggia compreso l’adeguamento dei canoni.
Maurizio Melucci