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Ex Questore di Rimini condannato si difende: “Mai chiesto di far togliere multa a mio figlio”

Si difende Antonio Lauriola, l’ex Questore vicario di Rimini che è stato condannato a 2 anni per “induzione indebita a dare o promettere utilità” (il vecchio reato di concussione per induzione) e falso, mentre è stato prosciolto per dall’accusa di peculato per lieve offensività. La vicenda riguarda una multa comminata al figlio del Questore, allora in servizio a Pesaro, sorpreso a Rimini alla guida di un’auto sebbene minorenne e quindi senza patente.

Questa la dichiarazione di Lauriola:

Sebbene non sia mia abitudine commentare le vicende giudiziarie o le notizie riportate dai giornali, la pubblicazione di alcuni articoli della giornata di ieri, 8 ottobre 2020, relativi alla sentenza di condanna, in primo grado, emessa dal Tribunale di Rimini, nei miei confronti, relativa al presunto tentativo di “far togliere una multa” a mio figlio, all’epoca minorenne, non possono esimermi dall’evidenziare che gli stralci contengono evidenti inesattezze tale da spingermi a sollevare alcune precisazioni.

Sento il dovere, infatti, di difendere, oltre alla mia storia professionale fatta di più di 30 anni di lotta alla malavita comune ed organizzata e alla mia vita sociale tesa all’assistenza delle persone bisognose e vulnerabili, anche la mia famiglia coinvolta, suo malgrado, in questa incredibile storia.

Replicare e correggere alcuni particolari non correttamente riportati rappresenta, inoltre, un modo per mostrare rispetto per le tante persone, colleghi, amici e conoscenti che mi conoscono e mi stimano e per onorare la Polizia di Stato che amo e che è tutta la mia vita.

Per tali motivi ritengo di dover sottolineare, preliminarmente, che i processi si devono svolgere nelle aule giudiziarie e non sui giornali, e considero importante sottolineare che i risultati processuali sono quelli che scaturiscono in una determinata fase temporale e non si possono modificare, almeno fino a quando un altro collegio giudicante, all’interno del necessario grado di giudizio valuterà la fondatezza di quei risultati raggiunti in primo grado.

Pertanto nessuno può cambiare, arbitrariamente e/o a suo piacimento, quello che è stato accertato durante le fasi processuali, aggiungendo o eliminando particolari importanti accertati in tale ambito. Per tali motivi considero doveroso precisare che:

Io non ho mai chiesto ‘di togliere la multa’ elevata nei confronti di mio figlio, all’epoca, ripeto, minorenne, cosi come è stato scritto negli articoli dei giornali; tengo a sottolineare che essendo poliziotto da oltre 30 anni, ben conosco le procedure e sono altrettanto consapevole che non vi è altra possibilità, una volta redatto un verbale, che presentare ricorso per ottenerne l’annullamento, qualora ne sussistano i presupposti. Esiste, infatti, un sistema di salvaguardia e controllo che impedisce eventuali ed impropri “interventi esterni”.

Pertanto mai avrei cercato una via alternativa e non legale, in primis per una questione di principio e poi perché consapevole della sua impraticabilità in relazione all’obiettivo. Nello specifico caso esistevano evidenti elementi, sia interni all’atto, che a sostegno di una causa di forza maggiore che, nella circostanza aveva indotto mio figlio a tenere un certo comportamento, per richiederne l’annullamento. Tanto è vero che, seguendo le procedure previste dalle legge, il Giudice di Pace, -su atti degli Avv.ti Vainer Nanni e Italo D’Angelo- ha accolto il ricorso, annullando la multa elevata nei confronti di mio figlio, contrariamente a quanto è stato scritto sui giornali sia nel gennaio 2019 (dove non ho replicato) sia in data 8 ottobre u.s.; quindi NESSUNA MULTA DEVE ESSERE PAGATA!

Tutti i testimoni hanno dichiarato che l’incontro che si era tenuto negli Uffici della Polstrada di Rimini si era svolto nei toni e nelle modalità in maniera assolutamente cordiale ed amichevole. Un dettaglio, questo, che va a smentire quel clima di “intimidazione” proprio dell’accusa, così come è stato fortemente evidenziato dai miei avvocati – Avv.ti Giovanni Maria Giaquinto e Matteo Starace- durante le udienze.

Il mio trasferimento da Questore di Pesaro-Urbino al Ministero dell’Interno quale Consigliere Ministeriale, contrariamente a quanto insinuato negli stessi articoli di stampa, rientrava nel normale avvicendamento dei Questori e dei Dirigenti della Polizia di Stato (prevista normalmente ogni tre anni) e che nulla hanno a che vedere con il caso in questione; d’altra parte l’assegnazione all’importante settore delle Risorse Umane ha testimoniato la considerazione che l’Amministrazione ha riposto, e ripone, nella mia persona.

In conclusione, nel sottolineare che la mia condanna in primo grado rientra nella pur se non aderente alla realtà, prima valutazione di un Collegio Giudicante, non posso che ribadire la mia piena fiducia nell’operato della Magistratura in generale e quella dei Giudici di Appello, in particolare, ai quali sarà sottoposto il mio caso, una volta che saranno note le motivazioni della sentenza, emessa nei miei confronti.

Sono certo, infatti, quando questi ultimi Giudici avranno a disposizione tutti gli elementi necessari, non potrnno che ricondurre il caso nell’alveo del mero malinteso, chiudendo in tal modo una vicenda tanto spiacevole quanto dolorosa per me, per i miei cari e per tutte le persone che mi conoscono.

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