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4,5 milioni di nuovi alberi in Emilia-Romagna: la soddisfazione dei Verdi

Il progetto della Giunta regionale di mettere a dimora 4,5 milioni di alberi in Emilia-Romagna, uno per ogni cittadino/a della regione, trae origine da una proposta presentata dai Verdi nell’ottobre 2019, ispirata all’appello dell’associazione “Laudato sì” di piantare 60 milioni di nuovi alberi, uno per ogni italiano/a.

“Siamo quindi soddisfatti che l’allora candidato Presidente Stefano Bonaccini e la coalizione di centrosinistra dell’Emilia-Romagna l’abbiano assunta come programma di governo regionale, e che oggi la Giunta ne avvii l’attuazione con un proprio progetto, al quale riconosciamo importanti meriti” – dichiarano Silvia Zamboni, Vice Presidente dell’Assemblea legislativa e Capogruppo di Europa Verde e Paolo Galletti, co-portavoce regionale dei Verdi/Europa Verde. “Riteniamo importante, ad esempio, la decisione di coinvolgere scuole, comuni, associazioni e singoli cittadini, ai quali è demandato il compito di piantare i primi 700 mila alberi messi a disposizione dai vivai accreditati, destinando a questo scopo 1,5 milioni di euro”.

“In attesa di conoscerne i dettagli dell’intero progetto nell’incontro in programma a Bobbio sabato 26 settembre, in spirito di costruttiva collaborazione abbiamo trasmesso all’assessora all’Ambiente Irene Priolo il documento con le proposte elaborate dal gruppo interdisciplinare di esperti della Federazione dei Verdi e del comitato scientifico (Gabriele Bollini, Vittorio Marletto, Enrico Ottolini, Fausto Pardolesi, Riccardo Santolini, Marco Sassi, Sauro Turroni, Enzo Valbonesi e dal professore emerito dell’Università di Bologna Paolo Pupillo)” – proseguono Zamboni e Galletti.

Il documento definisce obiettivi, strumenti, metodi e strategie di un programma di durata pluriennale finalizzato ad affrontare l’emergenza climatica e le conseguenti ondate di calore; l’inquinamento dell’aria; il miglioramento della qualità urbana; la tutela e l’ampliamento delle dotazioni di verde riducendo le superfici asfaltate in favore delle foreste urbane e degli ecosistemi utili ad erogare servizi eco-sistemici come gli ambienti acquatici; i corridoi ecologici; la tutela della biodiversità a livello urbano e peri-urbano e quella dei lembi di foresta in pianura e lungo i fiumi della regione. “Un programma che non potrà concludersi nel quinquennio di questa legislatura con la piantumazione dei 4,5 milioni di nuovi alberi, ma che dovrà proseguire nell’orizzonte della “svolta verde” della Regione volta a contrastare il riscaldamento globale e a migliorare la qualità dell’ambiente e dell’aria” – sottolineano Zamboni e Galletti. “A questo mirano le nostre dieci proposte elaborate dal gruppo di lavoro”, di seguito sintetizzate.

I 4,5 milioni di nuovi alberi non vanno computati all’interno di misure di compensazione e mitigazione di opere e interventi di nuova realizzazione come ad esempio tratti di autostrade e superstrade e centri commerciali;
occorre modificare la prassi dei tagli di alberi estesi e generalizzati in ambienti fluviali, modificando le normative che non trattano i corsi d’acqua come organismi unitari;
occorre modificare la legislazione regionale dove prevede la monetizzazione delle dotazioni territoriali le aree per il verde nelle città;
per la messa a dimora degli alberi vanno privilegiate le zone densamente abitate e sede di insediamenti produttivi a partire dal censimento delle aree di proprietà pubblica e del demanio (anche fluviale) disponibili, senza escludere, se necessario, di anche con acquisizioni di aree private (per piantare 1000 alberi, uno ogni 10 metri quadri, servono 4.500 ettari);
vanno ricostituiti i vivai regionali, uno per provincia. Attualmente ce ne sono solo due in attività (a Imola e a Santa Sofia/Galeata) più uno dedicato ai frutti antichi (nel Parco regionale dei Boschi di Carrega). Produrre alberi ed essenze autoctoni, adatti al territorio e resilienti al cambiamento climatico è fondamentale per ricostruire il paesaggio perduto;
va istituita una cabina di regia dedicata alla realizzazione e al monitoraggio del progetto che dovrà rapportarsi agli enti locali, alle associazioni e ai cittadini;
la Regione deve promuovere nei centri urbanizzati l’attuazione della Strategia Nazionale del Verde Urbano (Legge 10/2013), il cui recepimento sconta un forte ritardo tecnico, culturale e scientifico, destinando ai comuni risorse perché realizzino e gestiscano il verde urbano in modo appropriato: i previsti censimenti del verde, approvazione di un regolamento del verde, bilancio arboreo e piano comunale del verde richiedono l’emanazione di linee-guida a livello regionale e la formazione di strutture tecniche;
obiettivo del progetto non sono i singoli alberi, bensì lo sviluppo di ecosistemi del verde che esprimano e promuovano la plurifunzionalità dei servizi naturali offerti. Occorre collegare, all’interno di un consapevole progetto di continuità, i grandi sistemi dei Parchi Naturali e Aree protette con aree forestate ed aree agricole semi-naturali e con spazi aperti e verde urbano e periurbano;
va utilizzato il nuovo Piano di Sviluppo Rurale quale strumento strategico anche per reperire risorse finanziarie comunitarie;
occorre realizzare fasce boscate attorno alle infrastrutture viarie extraurbane, agli inceneritori, agli allevamenti.

“Nel frattempo sottoscriviamo la richiesta dei nostri esperti che si fermino gli abbattimenti previsti dal DL 3 aprile 2018 n. 34 che permette il taglio indiscriminato dei boschi senza distinguere tra boschi di produzione e boschi di conservazione al fine di recuperare biomasse” – aggiungono Zamboni e Galletti. “Abbattere boschi maturi per ripiantare alberelli che impiegheranno decine di anni a crescere determina un evidente scompenso nel bilancio della CO2”.

La realizzazione di un programma di queste dimensioni rende indispensabile il reperimento di adeguate risorse finanziarie in aggiunta a quelle nella disponibilità del bilancio regionale. “Confidiamo quindi che la Regione si batta affinché questo genere di programma trovi spazi di finanziabilità nei fondi messi a disposizione dell’Italia dal “Next Generation EU” (conosciuto come “Recovery fund”), considerato che le indicazioni della UE, recepite dalle Linee guida del Governo, sono di concentrare gli investimenti coperti da tale fondo per la transizione verde e la lotta ai cambiamenti climatici” – concludono Zamboni e Galletti.

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