E’ interessante e forse anche utile raccogliere la provocazione di Nadia Urbinati sul nuovo lungomare di Rimini. Perché al di là delle opinioni in libertà sull’opera (sacrosante), il giudizio un po’ più attento obbliga chi vuol essere sensato a fare i conti con la difficoltà vera di intervenire sulla “strada lunga” che ha caratterizzato il fronte mare della città.
Non era facile metterci mano. Personalmente, quand’ero presidente della Provincia, non mi avevano convinto le tre proposte progettuali per la riqualificazione del lungomare a firma di Jean Nouvel, Norman Foster e Julien de Smedt che nel 2008 furono presentate a seguito del bando internazionale del comune.
Ero scettico non solo per i volumi immobiliari che comunque sottintendevano, ma soprattutto, nonostante la qualità architettonica, per la “dispersione” dell’impronta riminese che, in diverso modo, tutti e tre i progetti di fatto contenevano. S’interveniva da piazzale Kennedy al porto con proposte forti contenenti verde, pedonalizzazioni e nuovi attrattori, però spurie rispetto a quello che noi siamo e a quello che noi dobbiamo essere per non affogare in false innovazioni.
Tanto più che sul versante delle migliori soluzioni possibili la progettualità diventa ancora più difficile pensando a una Rimini che, al di là del grande impegno per una città dell’ospitalità aperta tutto l’anno, sconta un cambiamento di pelle, metamorfosi naturale, fra inverno e estate che a pensarci bene è la nostra fortuna.
Mi vengono in mente spesso i fotogrammi malinconici, persi nella nebbia, pieni di fascino fuori dal tempo, de “La prima notte di quiete” di Valerio Zurlini. Insomma non era facile trovare la giusta via per la nuova cartolina di Rimini.
Tuttavia penso che col progetto Parco del Mare si sia fatto un buon lavoro. Mi ha convinto l’impostazione di fondo che affronta il punto nodale della questione: cambiare pelle per rimanere Rimini. Si è tolta la barriera del traffico e dell’asfalto che separava la spiaggia dalla città.
Non si è rifatto un lungomare, si è operato per il Parco del Mare dove la spiaggia e il mare invadono la fascia turistica e abbracciano la città. Ne è testimonianza la funzione principale che la nuova opera contiene, quella di essere l’anteprima della sabbia, il foyer del grande teatro mare. Questo il tentativo ragionato, in gran parte, a me sembra, riuscito.
Poi si può discutere su alcuni dettagli come quello preso a spunto da Urbinati delle piccole palestre all’aperto. Ma sono aspetti marginali. A lavori conclusi, con i successivi lotti che seguiranno e con tutte le intersezioni che avranno ricucito percorsi, servizi, funzioni (a partire dal nuovo piazzale Kennedy) con la città riposizionandola pienamente sul mare, senza barriere, Barcellona e Santa Monica saranno lontane e Rimini continuerà ad essere Rimini.
Nando Fabbri