Ho cercato di essere umano fra quelli che chiamiamo umani
trattandoli come si deve,
con la fiducia che ci fosse carne
sangue uguale sotto l’ombra gigantesca che li avvolgeva.
Ho sperato di essere io a sbagliare,
sapevo di essere pazza comunque, nonostante loro,
sapevo che anche la mia follia sarebbe cresciuta con me.
Feci di tutto per non vedere
bloccando gli schemi della memoria
credendo in un dio di uguaglianza
pensando alla natura da cui l’uomo parte
e si riflette in sfaccettature.
Ho pensato che si poteva aver pietà,
e che granelli della mia luce e del mio orrore
urlassero in pianto sull’infinito per cadere su qualcuno,
in qualche modo sotterraneo
potessero infine modificare.
Ho chiuso le mie finestre sul mondo
quando ciò per più volte non accadde.
Da uomo non puoi modificare
da uomo non puoi sperare
da uomo, certi uomini, portano il peso della terra
nelle spalle, per indicare ancora una volta l’idea di infinito
a tutti gli altri.
Ho avuto vicino quelli che non si arrendono
e non si chiudono gli occhi
e non fanno questo esercizio di resistenza
e questi amici sono tutti morti.
Dire sono morti per noi per voi, come lo capirete?
Ho cercato di annullare quello che già conoscevo
perché non mi dà scampo, non mi dà scampo,
ed è sublime invece il soggiorno su questa terra,
avrei voluto.
Patrizia Vicinelli (Bologna, 1943 – 1991)