Da quanto si apprende dalle agenzie di stampa sembrerebbe che il ministro Dario Franceschini << abbia proposto di inserire nel “decreto aprile” una norma per fugare ogni dubbio applicativo sulla proroga delle concessioni balneari, già disposta fino al 2033. Negli scorsi mesi, infatti, alcune amministrazioni hanno disapplicato la norma introdotta con la Legge di Bilancio del 2018: per fugare l’incertezza il Mibact “sembrerebbe proporre” (il condizionale è d’obbligo) “la sospensione di ogni procedimento di riassegnazione o riacquisizione eventualmente avviato”. Da quanto si apprende, il ministro Franceschini ha proposto di inserire nel “decreto aprile” una norma, nell’ambito della proroga delle concessioni balneari già disposta dalla legge n. 145 del 2018 fino al 2033, che fuga ogni dubbio applicativo di tale misura da parte degli enti locali >>.
Le premesse non sono certamente le migliori né dal punto di vista politico né da quello giuridico. Fugare i dubbi di una norma già considerata inapplicabile per contrasto con i principi eurounitari dal Consiglio di Stato e dai giudici di primo grado della giustizia amministrativa con una norma posteriore interpretativa e /o applicativa, prima di essere una illusione politica è un obbrobrio giuridico. Non si può dare applicazione ad una norma illegittima: “errare umanum est, perseverare autem diabolicum”. Franceschini poi, ricordiamolo, è lo stesso che nel 2013 riteneva “pura fantasia” l’applicazione dell’ IMU agli “stabilimenti balneari”. Abbiamo visto come è andata a finire. Per il Governo il precedente è tutt’altro che incoraggiante.
Saremmo di fronte all’ ennesima ed inconsistente “boutade” della politica che non solo vuole evitare di risolvere il problema, ma si permette di intervenire, paradossalmente, proprio su quelle situazioni che invece si sono inserite nel solco della legalità e hanno predisposto le pubbliche evidenze in conformità dei principi eurounitari e costituzionali.
Il Covid 19 non c’entra nulla, lo sappiamo bene, come non c’entrano nulla né il “piano spiaggia né il lungomare di Rimini“ (argomento totalmente avulsi dalla questione proroghe) come sostiene il Sindaco Gnassi, pronto come sempre a cogliere al balzo ogni sussulto del politico con una delle sue famose giravolte anticipata dalla onnipresente “l’ avevamo già detto prima a Rimini, poi nell’ANCI”. Della serie voi arrivate dopo è Rimini che fa tendenza e poi l’ ANCI accoglie quello che noi diciamo; è chiaro Rimini caput mundi, ci mancherebbe.. Ricordate le parole del Sindaco: “Sappiamo che c’è l’ufficio timbri ma c’è anche l’ufficio pacchi e quindi non concediamo la proroga al 2033” per poi smentirsi pochi mesi dopo in campagna elettorale per le regionali in presenza del presidente Bonaccini nel “siamo pronti ad concedere le proroghe al 2033”. Normale amministrazione conosciamo il metodo ed in ogni caso egli è l’ultimo che in argomento possa avere la patente della credibilità ma in questa occasione gli concedo l’attenuante di essere in buona compagnia.
Passiamo alle questioni più serie.
Riprendo il passaggio della sentenza del Consiglio di Stato pubblicata il 18/11/2019 (N. 07874/2019), cioè il punto fondamentale della decisione che prende in esame la proroga di 15 anni disposta dalla legge Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e sancisce che << anche la più recente proroga legislativa automatica delle concessioni demaniali in essere fino al 2033, provocata dall’ art. unico comma 683, legge 30 dicembre 2018 n. 145 che così testualmente recita…omissis…… è coinvolta, con le conseguenze del caso, nel ragionamento giuridico sopra esposto e ciò, non solo perché detta disposizione rievoca norme nazionali già dichiarate in contrasto con l’ordinamento eurounitario dalla corte di giustizia nel 2016 (determinando una giuridicamente improbabile reviviscenza delle stesse) ma, a maggior ragione, dopo il recente intervento della Corte di giustizia UE che, nella sentenza 30 gennaio 2018, causa C-360/15 Visser, ha esteso addirittura la platea dei soggetti coinvolti dalla opportunità di pretendere l’assegnazione della concessione demaniale solo all’esito dello svolgimento di una procedura selettiva. Bocciatura totale, senza se e senza ma alla proroga di 15 anni.
Quindi, qualsiasi norma che possa “rievocare o legittimare la proroga automatica della concessioni” verrà disapplicata in qualsiasi contenzioso e porrà gli stessi attuali problemi ai funzionari comunali che la dovrebbero attuare nell’ esercizio delle loro mansioni con i conseguenti rischi di danno erariale e non solo, con buona pace di Gnassi, Franceschini, “il lungomare e il piano spiaggia”. Ricordate il “Decreto Salva Spiagge” dell’Agosto 2016 che avrebbe dovuto confermare la validità delle concessioni in essere per evitare le conseguenze della sentenza della Corte di Giustizia pubblicata 20 giorni prima? Disapplicato per “illegittimità” immediatamente dopo essere stato bollato per ridicolaggine.
I dubbi che si propone, falsamente, di fugare il “decreto di aprile” saranno né più né meno gli stessi che ci sono adesso e che ci saranno fino a che non si metta mano al riordino dei ridicoli canoni demaniali e alla regolamentazione delle procedure selettive di assegnazione delle concessioni con tempi certi per l’assegnatario e in linea con il diritto eurounitario.
E’ bene ricordare per un attimo la tabella dei canoni degli stabilimenti balneari e dei chioschi-bar, così per ricondurre a serietà il dibattito e allontanarci dalla farsa, dal teatrino al quale in questi giorni stiamo assistendo sulla loro riduzione. Lo stato dovrebbe forse ridurre i 350 Euro di canone annuale che paga un chioschista? Da una parte si chiede (e si vuole concedere) di pagare la tassa di registro fino al 2033 e dall’ altra di diminuire i canoni perché insostenibili. Posso pagare la tassa ma non i canoni…Mah… Che qualcosa non quadri lo capisce anche un non addetto ai lavori. È necessario segnalare a Franceschini che sarebbe forse più utile intervenire per un totale riequilibrio di tutti i canoni rapportandoli ai profitti e agli investimenti e per eliminare l’ingiustizia che stanno subendo i cosiddetti “pertinenziali” per non parlare di quanti beni immobili si potrebbero incamerare a favore dello Stato.
Qualsiasi intervento di riqualificazione delle strutture balneari deve in primis poter dare la possibilità a tutti gli imprenditori turistici di accedere ad una “zona di demanio” e non solo a chi le sta detenendo di fatto, anzi, a maggior ragione in questo momento di difficoltà. Tutti devono poter avere le stesse opportunità. Non possono esserci figli e figliastri, differenze tra chi continua a godere di rendite di posizione e chi viene escluso dalla possibilità di esercitare un’attività d’impresa sopra un bene pubblico, di tutti.
Ma avete idea dei contenziosi che verranno aperti da coloro che si vedranno, da una norma illegittima, sospendere e/o interrompere le attuali procedure di pubblica evidenza con inevitabile esposizione dei Comuni concedenti e dei singoli funzionari a richieste di risarcimento danni se non adempiono l’obbligo di disapplicare l’ennesima norma illegittima, obbligo che come sappiamo incombe anche alla Pubblica Amministrazione e non solo all’utorità giudiziaria, con buona pace di Franceschini & C. ?
Attenzioni poi agli eventuali abusi edilizi e al deturpamento dell’ambiente marittimo costiero che si celano subdoli in questo clima di “tana libera a tutti” in nome di un’emergenza che, al contrario, dovrebbe dare un segnale di razionalizzare ed innovazione con pari opportunità e non creare affidamenti ulteriori sui quali specularci sopra in futuro.
Attendiamo, quindi, il testo della norma ed evitiamo, se possibile, gli slogan.
Roberto Biagini