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Dalla Bibbia a oggi le epidemie distruggono i legami fra umani, sarà ancora la democrazia a salvarci?

A proposito di epidemie è utile ricordare che la comunità umana ha per secoli convissuto con questo problema che dissimulava, prendeva via via forme diverse. Ciò che colpisce è che le risposte date nelle varie epoche, alla fine, assomigliano tutte: scollegare i legami sociali fra i viventi umani. 

Cominciarono gli egiziani ai tempi di Mosè il quale, per liberare il popolo di Israele dalla schiavitù, invocò le famose dieci “piaghe d’Egitto”. La Bibbia è una fonte feconda. Ad esempio la Sesta Piaga (le pustole): Dio disse: “… prendete fuliggine di fornace, Mosè la getterà in aria sotto gli occhi del Faraone. Essa diventerà un pulviscolo…e produrrà sugli uomini e sulle bestie un’ulcera con pustole…”. Ancora, la Decima (morte dei primogeniti): “…A mezzanotte il Signore percosse ogni primogenito d’Egitto…non c’era casa dove non ci fosse un morto…”.

Come risposero gli Egiziani a queste epidemie? Consentendo agli Israeliani di lasciare l’Egitto verso la Terra Promessa, cioè con una rottura della catena sociale che legava due popoli. Rottura di cui ancora oggi non si sono ricomposti del tutto i lembi. 

Così sarà sempre nel corso dei secoli. Così è oggi come risposta al Covid19: limitare al massimo i contatti, non uscire di casa, chiudere ogni luogo di incontro. Nel nostro futuro prossimo dovremo vigilare sulle conseguenze politiche di questa dolorosa e necessaria decisione.

Nel 1348 la peste uccise forse la metà della popolazione europea. A Rimini scomparve la scuola di pittura nota come “Trecento riminese”, probabilmente falcidiata dall’epidemia.

Nella Prima Giornata del Decameron, Giovanni Boccaccio racconta:

…alquanti anni davanti nelle parti Orientali incominciata, quelle d’innumerevoli quantità de’ viventi avendo private, senza restare d’un luogo in un altro continuandosi, verso l’Occidente miserabilmente s’era ampliata”. Poi commenta: “…o che natura del malore nol patisse (permettesse) o che l’ignoranza de’ medicanti (di coloro che curano) de’ quali,… così di femine come d’uomini senza avere alcuna dottrina di medicina avuta giammai, era il numero divenuto grandissimo…. E fu questa pestilenza di maggior forza per ciò che essa dagli infermi, per lo comunicare insieme, s’avventava a’ sani…”.

C’è una quasi perfetta coincidenza con l’oggi: epidemia che nasce in Oriente e si diffonde in Occidente, produce fake news, si trasmette comunicando. Cosi i giovani fiorentini decidono di ritirarsi in campagna rompendo la catena sociale con la città di Firenze (dove moriranno, pare, 80mila persone) e, per passare il tempo, si dedicano al racconto delle cento novelle che compongono il Decameron.

La peste a Firenze nel 1348, narrata da Boccaccio

Interessante il fatto che, a proposito di fake news, alcuni secoli dopo, il Manzoni della “Storia della colonna infame” (1840), scrivendo della peste di metà ’600 e del processo ad un povero barbiere accusato di essere l’untore, riprenda quasi alla lettera il Boccaccio:

In quel tempo di peste e d’ignoranza, di terrore e di credulità, oltre una grande quantità di preservativi cabalistici e superstiziosi, erano in voga ricette e segreti infiniti: tutti gli specifici  proposti e spacciati in diverse epoche di eguale sciagura, venivano scavati e riproposti dai medici, dagli eruditi, dalle donnicciuole: se ne inventavano di nuovi alla giornata; e gli speziali, i barbieri,…lavoravano a comporre lattovari, unguenti, pillole, decorazioni”.

L’800 e in parte il ’900 saranno i secoli del colera (Vibrio Cholerae). Particolarmente colpita la città di Napoli nel 1885 che risponderà con interventi che cambieranno la città: abbattimento dei rioni fatiscenti, requisizione di alloggi sfitti, costruzione del nuovo rione del Vomero, realizzazione della rete fognaria e di acquedotti.

La peste a Milano nel 1630 raccontata nei “Promessi sposi” di Manzoni

In pratica l’uomo ha sempre convissuto con le epidemie e, nonostante questa esperienza secolare, esse diffondono paura e sconforto, o, nelle menti meno responsabili, indifferenza o senso di sfida. Ciò che colpisce è il fatto che a fronte dei progressi della comunità umana, la pandemia resta in agguato a ricordarci, anche in chiave ecologica, il limite della nostra civiltà. Quel limite che Giacomo Leopardi magnificamente definì ne’ “La Ginestra o il fiore del deserto”: “…A queste piagge/ venga colui che d’esaltar con lode/ il nostro stato ha in uso, e vegga quanto/ il gener nostro è in cura/ all’amante natura…”. In questo straordinario canto, nato alle falde del Vesuvio nel 1836, Leopardi vede poi la luce:

Quando…quell’orror che primo/ contra l’empia natura/strinse i mortali in social catena,/fia ricondotto in parte (in giusta misura)/da verace saper, L’onesto e il retto/conversar cittadino,/…,altra radice/avranno allor che non superbe fole,/…”. 

Cosa sono “l’onesto e il retto conversar cittadino” se non quella che chiamiamo “democrazia”? Sarà ancora la democrazia ad aiutarci nel difficile passaggio del dopo-virus ?

Giuseppe Chicchi

 

 

 

 

 

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